È disponibile il numero 97 di Africa e Mediterraneo, che ha aperto a ricercatrici e ricercatori dei temi legati all’Africa e alla migrazione uno spazio per descrivere i percorsi di approfondimento che le/li stanno appassionando senza limitazioni tematiche, affinché fosse “il campo” a parlare. In un momento di forti cambiamenti sia sul continente che nel suo rapporto con il mondo e i paesi del Mediterraneo in particolare, ne è nata una mappatura (pur parziale e in fieri) con tre assi principali: il passato coloniale italiano e la storia presente del Corno d’Africa, le frontiere della migrazione, e quello che si può chiamare “laboratorio Africa” che raccoglie argomenti di grande attualità come il Covid-19 e i rapporti con la Cina.
I rapporti tra Etiopia ed Eritrea e la prospettiva di una pace duratura dopo il conflitto che si è concluso di recente sono l’argomento dei contributi di Tekeste Negash e Andebrhan Welde Giorgis. Negash aggiorna le riflessioni apparse nel dossier 92-93 di Africa e Mediterraneo con un accurato resoconto dei principali avvenimenti relativi alle relazioni tra Etiopia, Eritrea e Fronte Popolare per la Liberazione del Tigrai. Le popolazioni dell’area hanno recentemente vissuto una guerra che ha causato enormi sofferenze alla popolazione e perdita di vite, ma questo non sembra aver compromesso la ricerca di una soluzione di pace. Welde Giorgis propone una panoramica approfondita della storia del legame tra Eritrea ed Etiopia a partire dall’annosa questione del confine, che per decenni ha inasprito la conflittualità e alimentato l’antagonismo del Fronte Popolare per la Liberazione del Tigray, facendo così perdere i vantaggi di un dialogo reciproco. Il riconoscimento da entrambe le parti dei confini stabiliti nel 2001 dalla Eritrea-Ethiopia Boundary Commission porterebbe stabilità nel rispetto delle identità dei due stati.Di Etiopia scrive anche Vincenzo Straface, che ripercorre la storia architettonica di Addis Ababa, capitale dell’Africa Orientale Italiana e bacino di sperimentazione dei principi dell’urbanistica segregazionista. Nei progetti degli architetti coloniali, la nuova città, mai completata, sarebbe stata a uso e consumo della minoranza italiana, uno specchio del mito della superiorità razziale. Segue l’approfondimento di Federica Colomo sul ruolo delle donne nel colonialismo italiano in Africa, un tema ancora poco approfondito dalla storiografia italiana. Colomo descrive il peculiare “fardello” della donna italiana nelle colonie, un fardello che la rende al tempo stesso dominatrice e dominata, in quanto partecipe di una cultura patriarcale che la colloca in una gerarchia di genere che non le concede altra libertà se non quella di esercitare potere sul colonizzato.
Le rotte della migrazione nel Mediterraneo, e le esperienze di chi nasce all’interno di famiglie migranti, sono al centro di tre articoli. Il primo, di Alberto Catania, riguarda i territori spagnoli in Nordafrica, in particolare le exclavi di Ceuta e Melilla, che demarcano l’estrema frontiera meridionale dell’Europa. Questi luoghi sono tristemente noti per aver fatto da sfondo, negli ultimi anni, a violenti episodi di repressione e confinamento di persone che tentavano di raggiunge- re l’Europa dalla rotta marocchina. Fabiana D’Ascenzo scrive invece di Lampedusa e Lesbo, anch’esse luoghi di approdo e transito di flussi di migranti, in cui ha svolto periodi di ricerca sul campo. L’autrice esamina i cambiamenti che stanno interessando queste isole nel quadro di una più ampia trasformazione della percezione e del pensiero del Mediterraneo, oggi inteso sempre più come una “barriera” a difesa della quale un’Europa respingente dispiega flotte, mezzi e risorse.
C’è poi l’esperienza della migrazione interiorizzata e reinterpretata dalle seconde generazioni, di cui scrive Sabrina Alessandrini nella sua ricerca etnografica con un gruppo di adolescenti italiani di origine africana. Qui il tema dell’approdo e il concetto di destinazione, molto presenti nei contributi precedenti, acquisiscono un significato diverso nelle testimonianze di chi è cresciuto con la consapevolezza di vivere a cavallo di due mondi.
I restanti contributi riguardano alcuni importanti argomenti di attualità da cui emerge con forza il tema della agency africana, inteso come un voler fare e agire per sé, secondo principi radicati nelle culture autoctone. Barbara De Poli presenta un caso studio sulla controversa gestione della pandemia del defunto presidente tanzaniano P. J. Magufuli, che ha affrontato il virus con un atteggiamento antiscientifico, affidandosi a rimedi naturali e alla preghiera, lasciando la popolazione tanzaniana priva di protezione sanitaria. Sulla base dei dati economici e sanitari disponibili per il periodo 2020-2022 le sue scelte possono essere valutate come una misura che limitatamente ai primi mesi si è paradossalmente rivelata salvifica avendo permesso di scongiurare il collasso sociale e finanziario del paese. Il Covid appare anche nel contributo di Giulia Allegra Liti come una delle contingenze in cui l’artista queer ghanese crazinisT artisT ha inscenato le sue performance. Questa personalità artistica non-binary pratica forme creative di resistenza e auto-affermazione radicale, denunciando la discriminazione subita dalle persone LGBTQI+ nel suo paese. Di resistenza attraverso l’arte scrive anche Priscilla Manfren, soffermandosi sulla produzione di quattro artisti africani che citano e si riappropriano delle modalità espressive dell’arte europea, suscitando riflessioni sull’eredità del colonialismo e su altri temi come le questioni di genere e la globalizzazione.
Partendo dal recente progetto della rivista libanese WatWat, l’articolo di Enrica Battista e Maria Laura Romani si propone di esplorare lo stato del fumetto “per giovani adulti” in Algeria, Egitto, Marocco e Tunisia, dove alcuni fumettisti hanno cercato di colmare questo “vuoto editoriale”, trovando nei fumetti per adolescenti un campo di sperimentazione continua, come appunto WatWat che, diffuso online e sui social network e basato su una produzione inclusiva fatta anche dai ragazzi stessi, ha conquistato molti lettori. All’inclusività, ricercata nella disciplina dell’architettura, guarda l’articolo di Maria Argenti, Anna Bruna Menghini e Francesca Sarno, trovando una risposta nel Sud del mondo e, oggi più che mai, in Africa, dove numerose esperienze qui passate in rassegna mostrano una mediazione tra natura, sostenibilità ed esigenze degli abitanti. Antonella Ceccagno e Mariasole Pepa analizzano il dibattito accademico recente e le opinioni sulla presenza cinese in Africa, evidenziando la polarizzazione dei pareri e l’importanza di concentrare l’attenzione sulla risposta dei diversi paesi del continente alla visione di sviluppo avanzata dal gigante asiatico, quindi sul ruolo dell’agency africana nella ridefinizione del modello di crescita.
Il volume è acquistabile in formato sia digitale che cartaceo qui: https://www.laimomo.it/prodotto/laboratorio-africa-rivista-97/
Infine, questo numero di Africa e Mediterraneo segna il passaggio del timone a Enrica Picarelli come direttrice editoriale, a fianco di Sandra Federici che resta nel ruolo direttrice responsabile.
Parole chiave : dossier 97, Laboratorio Africa, Rivista Africa e Mediterraneo
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L’impatto dei processi di digitalizzazione propone uno scenario fertile per poter superare molti dei problemi strutturali che hanno penalizzato l’Africa durante le fasi dell’industrializzazione e della globalizzazione, come ad esempio quelli logistici e doganali. Sebbene in Africa siano presenti forme di divario digitale, molte di queste sono secondarie rispetto alle opportunità di crescita prospettate da realtà estesa, e-commerce, cripto e NFT.
Africa e Mediterraneo, con il dossier 99 del 2023, curato da Piergiorgio Degli Esposti, sociologo dell’Università di Bologna, vuole esplorare come la digitalizzazione, nel contesto africano, impatti in primo luogo sulla percezione della realtà, analizzando, secondo la chiave di lettura della realtà estesa, le varie forme in cui il reale si può arricchire dalle opportunità offerte dal digitale nelle sue varie forme, come realtà aumentata, mondi virtuali e metaverso, e come gli stessi offrano opportunità di innovazione in particolare per artisti, creatori di contenuti e mondo della moda. Queste infatti al momento rappresentano le principali aree in cui l’Africa può proporre eccellenze.
I sistemi di pagamento digitali, le criptovalute e gli NFT presentano possibilità di implementazione per infrastrutture leggere, liquide e distribuite che possono innescare logiche di valorizzazione dei contesti locali, ma anche la diffusione dell’e-commerce nel continente africano presenta direzioni interessanti da esplorare.
Pubblichiamo qui la call for papers, in scadenza il 30 giugno per l’invio delle proposte.
Parole chiave : digitale, dossier 99, Rivista Africa e Mediterraneo
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Il progetto studentesco LEDS for Africa dell’Università degli Studi di Padova si appresta alla prima missione per l’installazione di impianti fotovoltaici nel villaggio rurale di Ponta Cabral, in Guinea Bissau.
L’iniziativa nasce nel 2018 dalla sinergia tra l’associazione LEDS, fondata da studenti di Ingegneria dell’Energia, e il missionario Padre Michael, direttore della missione francescana di Quinhamel.
Dopo quattro anni di lavoro, dedicati alle progettazioni e a un sopralluogo, è in partenza a gennaio 2023 la prima spedizione, con lo scopo di installare i primi impianti fotovoltaici, grazie ai quali si doteranno di illuminazione ed energia più di 30 famiglie.
Nel complesso il progetto aspira a conseguire l’installazione di 100 impianti fotovoltaici domestici autonomi, un sistema di pompaggio solare e un impianto in corrente alternata che andranno ad apportare significativi miglioramenti alla vita di circa 100 famiglie.
L’energia elettrica è un servizio essenziale per gli abitanti del villaggio, con immediati benefici dal punto di vista sanitario e di accesso all’istruzione.
Il progetto, conformato ai criteri ispiratori della sostenibilità ambientale e sociale, va nella direzione di molti degli obiettivi globali delineati nell’Agenda ONU 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, a partire dal SDG7, atto a garantire l’accesso a un’energia economica, affidabile, sostenibile e moderna per tutti.
I privati possono sostenere l’iniziativa partecipando a una campagna di crowdfunding inaugurata sul portale Eppela e vengono coinvolti sotto forma di aggiornamenti sull’avanzamento dei lavori e di reward pensati quali ringraziamenti ad hoc per il supporto ricevuto.
Affiancano LEDS for Africa nel proprio operato importanti realtà accademiche quali il Centro Studi Levi Cases, il Dipartimento di Ingegneria Industriale UNIPD e l’IEEE – Institute of Electrical and Electronics Engineers.
CONTATTI
Studenti referenti:
Lara Gloder, lara.gloder@studenti.unipd.it 3404597643
Amedeo Ceccato, amedeo.ceccato@studenti.unipd.it 3466771378
Facebook e Instagram:
@leds4africa
Linkedin:
leds-4-africa
Email: leds.forafrica@gmail.com e leds4africa@ledspadova.eu
Siti web:
https://www.leds4africa.ledspadova.eu/
https://www.dii.unipd.it/didattica/ progetti/leds-africa
Pagina campagna crowdfunding:
https://www.eppela.com/projects/9066
Parole chiave : energia elettrica, fotovoltaici, Guinea Bissau, LEDS for Africa, ONU
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29 novembre 2022
Etiopia: il Tigray dimenticato. Mostra fotografica di Coralie Maneri
A Firenze dal 7 al 13 dicembre si terrà la mostra fotografica dal titolo Etiopia: il Tigray dimenticato di Coralie Maneri con scatti sul tema dell’approvvigionamento idrico delle popolazioni nella regione del Tigray. Le immagini in mostra, antecedenti alla guerra civile iniziata nel novembre 2020, sono la testimonianza vissuta sul campo della quotidianità di un popolo che vive con grande fierezza ed umiltà in un territorio estremamente aspro e difficile.
L’inaugurazione della mostra si terrà presso la Fondazione Robert F. Kennedy Human Rights Italia, via Ghibellina 12, Firenze, il giorno mercoledì 7 dicembre dalle ore 18 alle 20.30.
Orari mostra:
Giovedì 8, venerdì 9, sabato 10, domenica 11 dicembre: 11.00 – 20.30
Lunedì 12, martedì 13 dicembre: 16.00 – 20.30
PATROCINI E SPONSOR
Con il patrocinio di: Regione Toscana, Comune di Firenze, IAH-BGID, IAH-SHG, ECHN-Italy, Società Geologica Italiana, Consiglio Nazionale dei Geologi, Università di Firenze e Museke Onlus.
Con il contributo di: Acquifera APS e IAH-Italy.
Coralie Maneri, fotografa autodidatta italo-svizzera, si dedica ad oggi soprattutto a progetti sociali nei paesi in via di sviluppo come fotografa freelance. In Etiopia documenta da più di 10 anni la realizzazione di pozzi d’acqua, scuole rurali ed health post, in particolar modo nel territorio del Tigray tramite la Fondazione Butterfly onlus.
Queste immagini sono la testimonianza vissuta sul campo della quotidianità di un popolo che vive con grande fierezza ed umiltà in un territorio estremamente aspro e difficile. Gli scatti si fermano a novembre 2020, momento nel quale, ong, giornalisti e fotografi sono stati interdetti dalla zona di guerra che dura da più 2 anni.
Viene da chiedersi il perché alcune notizie di guerra e di crimini contro l’umanità siano più degne di attenzione rispetto ad altre. Giornalisticamente sembrerebbe essere importante il concetto di “morto chilometrico” in quanto i media sembrano attribuire importanza alle vittime di una tragedia in base alla distanza che le separa dallo spettatore, dall’ascoltatore o dal lettore.
Il dizionario definisce la parola Umanità come “l’insieme di uomini” in quanto sottoposti alle limitazioni della natura umana; oppure ancora “l’intero genere umano” senza fare alcuna allusione al colore della pelle.
È necessario che l’intera società occidentale non cada nel tranello dei media e dei poteri forti che, per ovvi interessi economici, distolgono l’attenzione da guerre lontane dai nostri occhi (59 guerre in corso sul pianeta nel 2022), e inizi ad occuparsi realmente di “crimini contro l’umanità” al di fuori delle barriere che ci vogliono separare dalla realtà che ci definisce tutti, indistintamente “esseri umani”.
Parole chiave : Acqua, Coralie Maneri, Etiopia, fotografia, Tigray
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Ecco alcuni dati emersi durante la presentazione regionale del Dossier Statistico Immigrazione IDOS/Confronti organizzata in Salaborsa a Bologna dall’associazione Africa e Mediterraneo, cooperativa Lai-momo e Abantu in contemporanea con regioni e provincie autonome di tutta Italia.
I dati regionali sono stati presentati da Valerio Vanelli: Al 1° gennaio 2022 le persone con cittadinanza straniera residenti in Emilia-Romagna sono 566.687 (12,8% della popolazione complessiva), in leggero incremento rispetto alla stessa data dell’anno precedente (+4.400; +0,8%). In Italia sono quasi 5,2 milioni (8,8%). L’Emilia-Romagna è da diversi anni la regione italiana con la più alta incidenza, seguita dalla Lombardia.
Se si considerano i soli cittadini di paesi non Ue, l’incidenza sul totale della popolazione residente in Emilia-Romagna risulta pari al 10,0% (in Italia 6,4%).
Si conferma prevalenza di donne, che in Emilia-Romagna sono la maggioranza dal 2009 (in Italia dal 2008). Al 1° gennaio 2022 sono il 52,2% del totale dei residenti stranieri in regione (in Italia 51,3%).
L’età media delle persone con cittadinanza straniera nella nostra regione è 35,7 anni mentre per gli italiani è 47,8 anni. Anche per la popolazione straniera, però, aumenta soprattutto la popolazione adulta e anziana: fra gli stranieri residenti, quelli di almeno 50 anni nel 2008 erano il 10,0%, oggi sono il 23,1%; quelli di meno di 30 anni erano il 45,5%, oggi sono il 36,3%.
I minori stranieri residenti in Emilia-Romagna sono oltre 120mila, oltre un quinto (20,8%) del totale degli stranieri, così come in Italia (20,3%).
Anche nell’area metropolitana di Bologna i minori sono oltre un quinto del totale dei cittadini stranieri residenti (20,1%), mentre nel comune capoluogo sono il 18,8%.
I minori stranieri costituiscono il 17,4% del totale dei minori residenti in Emilia-Romagna.
I bambini stranieri nati nel 2020 (ultimo dato disponibile Istat) in Emilia-Romagna sono stati 7.312, quasi un quarto (24,5%) del totale dei nati nell’anno (in Italia 14,8%, nell’area metropolitana di Bologna 22,4%, nel comune capoluogo 23,9%). In realtà, anche le nascite di bambini stranieri in Emilia-Romagna sono in flessione da oltre un decennio.
Fra i cittadini stranieri residenti in Emilia-Romagna il 17% circa è nato in Italia. Se si considerano i soli minorenni, circa tre quarti sono nati in Italia, e in particolare lo è la quasi totalità dei residenti con meno di 6 anni. Infatti, nell’a.s. 2020/21 il 68,8% degli alunni stranieri è nato in Italia.
Ecco i primi quattro Paesi di cittadinanza dei residenti stranieri in Emilia-Romagna: Romania (17,5%), Marocco (10,9%), Albania (10,3%), Ucraina (5,9%).
In Italia i paesi sono: Romania (20,8%), Albania (8,4%), Marocco (8,3%), Cina (6,4%).
Alcuni dati per l’area metropolitana di Bologna, presentati da Maria Adele Mimmi capo area welfare del comune di Bologna.
Nell’area metropolitana di Bologna le prime nazionalità sono: Romania (22,5%), Marocco (9,9%), Pakistan (6,8%), Albania (6,4%).
Nel comune di Bologna sono: Romania, Bangladesh, Filippine, Pakistan.
I primi comuni dell’area metropolitana di Bologna per presenza straniera sono: Galliera 17,9 Crevalcore 15,9 Bologna 15,8 Vergato 15,4.
Ogni anno a Bologna arrivano 14.000 persone immigrate da fuori, di cui 10.000 dall’Italia e 4.000 dall’estero, ed è solo grazie a questo flusso migratorio la città mantiene la dinamicità demografica, perché i nati non sono sufficienti.
A Bologna i posti per l’accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo sono 3137. Nel progetto SAI dell’Area metropolitana di Bologna sono coinvolti 41 comuni, 13 enti del terzo settore come gestori, l’AUSL e ASP-Città di Bologna, per un totale di 2110 posti finanziati su 40.000 circa del SAI a livello italiano.
L’emergenza Ucraina ha portato 3916 richieste di protezione temporanea nell’area metropolitana di cui 1695 solo per la città di Bologna.
Andrea Facchini (Regione E-R) ha annunciato che la regione proprio ieri ha approvato in Assemblea Legislativa il nuovo Piano Triennale per l’Inclusione dei cittadini di origine straniera. Ha poi spiegato il progetto Common ground per l’attuazione di interventi rivolti all’integrazione sociale, sanitaria, abitativa e lavorativa di cittadini di paesi terzi vittime e potenziali vittime di sfruttamento lavorativo, in corso di realizzazione assieme alle Regioni Piemonte, Liguria, Veneto, Friuli Venezia Giulia.
L’incontro è stato aperto dall’assessore del Comune di Bologna Luca Rizzo Nervo “Voglio sottolineare l’adozione della direttiva 55 per le persone arrivate dall’Ucraina, che ha consentito la regolarizzazione in pochi mesi : essa è giusta ma per essere inclusiva fino in fondo dovrebbe essere applicata a tutti, altrimenti rischia di essere discriminatoria. La mia delega è alle “Nuove cittadinanze”, non all’“Immigrazione” ed è questa la nostra direzione, anche per questo abbiamo messo lo jus scholae nello statuto del Comune.
Vari interventi si sono succeduti, tra cui la spiegazione da parte di Marie Paul N’guessan, dell’associazione Universo dello SPAD – Sportello antidiscriminazione del Comune di Bologna, ora allargato con lo SPAD mobile per andare nei quartieri con 12 giornate informative.
Parole chiave : dossier 2022, Dossier statistico immigrazione, Regione Emilia-Romagna
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Africa e Mediterraneo anche quest’anno organizza la presentazione regionale per l’Emilia-Romagna dell’edizione 2022 del Dossier Statistico Immigrazione, che si terrà giovedì 27 ottobre 2022, h 11-13 presso la Sala Conferenze di Biblioteca Salaborsa, Piazza del Nettuno 3 a Bologna, in contemporanea con la presentazione nazionale di Roma e tutte le regioni e province autonome d’Italia.
Come ogni anno, l’ingresso è libero, fino a esaurimento posti, e a ciascun partecipante sarà distribuita una copia cartacea gratuita del Dossier Statistico Immigrazione 2022.
Dopo un saluto dell’assessore Luca Rizzo Nervo, la prima parte della presentazione sarà dedicata a un focus per la stampa con la presentazione dei dati regionali e cittadini a cura di Valerio Vanelli (Università di Bologna) e Maria Adele Mimmi (Capo Area Welfare del Comune di Bologna). Seguiranno gli approfondimenti da parte di Pietro Pinto, della Redazione del Dossier Statistico, Maurizio Braglia (Regione Emilia-Romagna, Settore Politiche Sociali d’Inclusione e Pari Opportunità) e Marie-Paule N’Guessan (Progetto SPAD del Comune di Bologna). Concluderanno l’incontro Daniele Massa (Diaconia Valdese), Alda Germani (CGIL E.-R.), Fatima Mochrik (CISL E.-R.) e Paula Benea (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni). Coordinerà i lavori Sandra Federici, direttrice di Africa e Mediterraneo.
Con il supporto di una ricca gamma di dati statistici aggiornati, che ogni anno IDOS raccoglie da una pluralità di fonti ufficiali ed elabora in maniera rigorosa e originale, il Dossier Statistico Immigrazione analizza ad ampio raggio tutte le dimensioni fondamentali dell’immigrazione in Italia.
Nell’edizione 2022, in particolare, vengono trasversalmente analizzati, con il contributo di vari esperti, gli effetti sociali, economici e occupazionali della crisi pandemica e della guerra in Ucraina sul quadro migratorio italiano e sulle condizioni di vita dei migranti che vivono nel Paese.
Parole chiave : 2022, Dossier statistico immigrazione, Idos, Immigrazione, pandemia, Ucraina
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È uscito il dossier 96 di Africa e Mediterraneo intitolato Il grado zero del razzismo. Nell’introduzione i curatori Vincenzo Fano e Matteo Bedetti osservano che la propensione a suddividere la popolazione umana in razze a cui sono attribuite caratteristiche omogenee ed essenziali è tutt’oggi diffusa e supportata non solo da comportamenti sociali e attitudini culturali, ma anche da una pericolosa pseudoscienza che trova spazio e anzi alimenta il dibattito su questo tema.
Partendo dal lavoro del genetista Richard Lewontin, che ha dimostrato come la variazione genetica tra “razze” sia minima in confronto a quella all’interno delle popolazioni, il dossier offre alcune chiavi di lettura del pensiero razzista, raccogliendo contributi che spaziano dalla disamina antropologica, al pensiero filosofico, ai più recenti studi di genetica. Presenta infatti articoli di Guido Barbujani, genetista da sempre interessato alla storia delle popolazioni umane, dei filosofi della scienza Giovanni Boniolo, Federico Boem, Ivan Colagè e Stefano Oliva e della psicologa Valeria Vaccari, che si concentra sulla psicologia del pensiero razzista. Alla luce del momento storico che sta attraversando il nostro paese va evidenziato il contributo di Erika Grasso e Gianluigi Mangiapane sulla strumentalizzazione dell’archeologia durante il fascismo e sugli usi politici delle istituzioni museali – in particolare il Museo di Antropologia ed Etnografia nell’Università di Torino che ebbe un ruolo molto importante nella diffusione della propaganda razzista di regime. A chiudere la sezione di articoli scientifici c’è il ricordo, firmato da Bogumil Jewsiewicki, del professor Carlo Carbone, insigne studioso dell’Africa dei Grandi Laghi e membro del comitato scientifico di Africa e Mediterraneo, scomparso di recente.
Il dossier è corredato da una selezione di scatti che riproducono alcune opere esposte ai padiglioni africani della Biennale di Venezia 2022 di cui Mary Angela Schroth ha scritto una recensione. Della stessa autrice c’è anche un articolo sul progetto “SEDIMENTS. After Memory” promossa da Roma Culture e Azienda Speciale Palaexpo e co-prodotta e organizzata da SPAZIO GRIOT in collaborazione con Azienda Speciale Palaexpo, un’iniziativa ambiziosa e la prima nel suo genere in Italia a proporre una riflessione ampia e complessa sulle criticità del presente lasciando la parola ad artist* e performer afrodiscendenti e africani.
La rivista è acquistabile sul sito https://www.laimomo.it/editoria/
Parole chiave : afrodiscendenti, Biennale di Venezia, Mary Angela Schroth, Razzismo genetico, Rivista Africa e Mediterraneo
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31 agosto 2022
I profughi e noi. Un’esperienza di accoglienza familiare
Abbiamo ricevuto questa testimonianza in cui si parla di un’esperienza di accoglienza in famiglia, e abbiamo deciso di pubblicarla per condividere un messaggio positivo. Buona lettura!
Una testimonianza di Antonia e Gianfranco
Quando noi abbiamo conosciuto Kapi e Mamadou non c’era in Italia attorno a loro e a tutti quelli come loro quel moto universale di solidarietà che si è espresso nei confronti dei profughi di guerra ucraini. C’era un clima fortemente polarizzato, condizionato ideologicamente.
Eppure le guerre africane o quelle medio orientali non sono state (e non sono) meno terribili del conflitto in atto in Ucraina. I milioni di profughi di queste guerre si sono riversati nei paesi limitrofi, come sta accadendo ora in Europa con gli sfollati ucraini. E di fronte a queste tragedie non è scattato un moto di solidarietà collettiva, ma solo paura e recriminazione per l’arrivo di quei pochi in Europa.
Lo stesso slancio umanitario verso il popolo afgano dopo l’evacuazione dell’esercito americano si era già del tutto spento quando le truppe russe hanno iniziato ad invadere l’Ucraina e gli stessi afgani avevano già da tempo iniziato a percorrere la rotta balcanica.
Queste considerazioni ci hanno aiutato a capire che ha senso e può essere utile raccontare oggi la nostra storia di accoglienza, e quindi di aiuto e di accompagnamento. Anche se particolare e diversa da quelle che prenderanno forma con donne e i bambini ucraini, in essa è documentato come nella nostra vita personale e famigliare si sia introdotto un cambiamento, inaspettato, ma sostanziale e durevole, che ci ha aperto nuove prospettive.
L’incontro con Kapi e Mamadou ha rappresentato per noi un nuovo inizio e quando qualcosa di nuovo accade c’è un prima e un dopo. A fronte di una accoglienza più o meno lunga, ma sempre temporanea, almeno nelle modalità iniziali in cui si manifesta, c’è un “per sempre”. Nulla si perde.
La storia personale di Kapi e Mamadou e le vicende che hanno contrassegnato tragicamente la loro migrazione sono simili a quelle di tanti altri, come le problematiche e le difficoltà che hanno incontrato in Italia. Ma Kapi e Mamadou non sono “migranti”. Sono Kapi e Mamadou: unici al mondo.
Il nostro impegno non è iniziato per una motivazione sociale o civile, anche se la nostra azione ha indubbiamente una ricaduta in questo senso. Noi abbiamo deciso di accompagnare due persone conosciute ad un certo punto del loro percorso, ascoltando e cercando di venire incontro alle loro necessità, anche particolari e concrete, grazie all’aiuto della rete delle nostre amicizie. Man mano che i problemi emergevano e si rivelava la complessità della loro situazione, è stato indispensabile prendere contatto con gli operatori e le strutture preposte all’accoglienza.
Né all’inizio né in seguito abbiamo agito solo seguendo un impulso emotivo, ma per un desiderio consapevole di condivisione della loro vita e per amore al loro “destino”. Abbiamo agito per un senso di responsabilità.
È scaturita così una storia che ha coinvolto tanti altri, che, grazie al nostro gesto di accoglienza, sono stati aiutati ad incontrare a loro volta, in modo diretto e personale, una realtà vista fino a quel momento da lontano e da cui forse anche si tenevano lontano.
Per chi desiderasse conoscere la nostra storia, è disponibile la dispensa “L’inaspettata convenienza della famiglia. L’esperienza di accoglienza familiare di Kapi e Mamadou” edita dalla Associazione Famiglie per l’Accoglienza sede regionale Emilia Romagna, che è scaricabile a questo link: https://www.famiglieperaccoglienza.it/wp-content/uploads/2022/03/Linaspettata-convenienza-della-famiglia.pdf
Parole chiave : Accoglienza famiglia, Famiglie, migrazione
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Il tema dell’acqua nelle storie e nelle culture africane attraversa numerose discipline ed è oggetto di studi vasti e articolati. Imperi e civiltà sono nati lungo le rive dei grandi fiumi africani e in prossimità delle coste e dei laghi. L’acqua, necessità imprescindibile per gli insediamenti e per la sopravvivenza, è sempre stata un fattore centrale della dialettica pastorizia nomade-sedentarietà nella regione sub-Sahariana, e nello stesso tempo fondamentale via per trasporti e commercio. La ricerca delle fonti dei grandi corsi d’acqua e le possibilità implicite della viabilità fluviale hanno accelerato e giustificato le missioni esplorative europee, ispirando una ricca e controversa letteratura occidentale da Erodoto a Conrad. Paradossalmente, la narrazione autoctona su questo tema potrebbe e dovrebbe essere molto ampliata. Eppure, l’acqua è simbolo di identità e identificazione, elemento ancestrale di spiritualità, di ispirazione artistica contemporanea e di antiche e nuove mitologie.
L’acqua, proprio in quanto necessaria alla sopravvivenza e alla sicurezza di centinaia di milioni di persone, è uno dei maggiori problemi africani. Oggi l’insicurezza idrica causata dall’impoverimento di innumerevoli fonti d’acqua dolce naturali – tra tutte il Lago Ciad – è tra le principali cause di conflitto e migrazione (sia interna sia internazionale) dal continente – un fenomeno destinato ad aumentare con il peggiorare dei cambiamenti climatici. Numerosi programmi di salvaguardia delle risorse idriche sono emersi negli ultimi anni, tra i quali uno dei primi è stato il Lago Nasser. Tali programmi – nazionali e interstatali, oltre che di cooperazione internazionale – prevedono anche investimenti nel management delle risorse idriche e nella creazione di nuove infrastrutture, che, garantendo accesso diffuso e capillare all’acqua e usi sostenibili, hanno una ricaduta positiva sugli habitat sociali e naturali che da esse dipendono, creando le condizioni per un miglioramento diffuso della qualità della vita delle comunità. Ciononostante, non sono mancate e non mancano difficoltà e tensioni, come sta accadendo oggi per il progetto di costruzione di nuove dighe nella regione etiope dell’alto Nilo.
L’acqua si pone, dunque, al centro di questioni di governance e geopolitiche, come più volte evidenziato già molti anni or sono dallo storico burkinabè Joseph Ki-Zerbo – questioni che si intrecciano con il dibattito su sostenibilità, giustizia sociale, rapporti internazionali e, tuttora, decolonizzazione.
Questo numero di Africa e Mediterraneo intende raccogliere contributi sulle criticità associate alla tematica dell’acqua in Africa e per l’Africa.
Scadenza per l’invio
Le proposte dovranno pervenire entro il **31 gennaio 2023** all’indirizzo abstract@africaemediterraneo.it e saranno valutate dal/i curatore/i. In caso di esito positivo, il contributo – che può essere in italiano, inglese o francese – dovrà essere consegnato entro il **31 marzo 2023** insieme a cinque parole chiave in inglese, un abstract in inglese di non più di 100 parole e una nota biografica del/gli autore/i.
Africa e Mediterraneo si avvale di peer review anonima. Gli articoli e le proposte potranno essere inviati nelle seguenti lingue: italiano, inglese e francese.
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Water and Africa | Water in Africa
Africa e Mediterraneo n. 98/2023
The theme of water in African cultures and histories is the object of extended studies in multiple disciplinary areas. Empires and civilizations emerged along the rivers of the great African rivers and lakes and the continent’s coasts. Water, a primary necessity for settlement and existence, has always been at the heart of the pastoral-nomadic relationship in sub-Saharan Africa, and at the same time a fundamental pathway for transportation and trade. The explorations of the sources of rivers and the inherent possibilities of the waterways accelerated and justified the first exploratory missions by Europeans, inspiring a controversial literature ranging from Herodotus to Conrad. A self-controlled narrative on this issue could and should be greatly expanded. However, water is a symbol of identity and identification, an ancestral element of spirituality, of artistic inspiration of old and contemporary mythologies.
As the very source of survival and security for millions of people, water is one of Africa’s greatest concerns. Today, water insecurity triggered by the weathering of the sources of drinkable water – an example is Lake Chad – is among the main causes of conflict and (internal and international) displacement across the continent – a phenomenon that will grow as climate change worsens. Several water preservation projects have been implemented, including, several decades ago, Lake Nasser. These national and inter-state initiatives – along with the ones of international cooperation – foresee investments in water management and the creation of new infrastructures to guarantee widespread access to water, yielding a positive impact on the social and environmental communities that depend on them and setting the condition for a widespread improvement of the quality of life. However, the same projects are also cause of conflict, as in the case of the new dams to be built in the Ethiopian region of the Nile.
As often observed by the Burkinabé historian Joseph Ki-Zerbo, water is thus also at the forefront of geopolitics and governance as it informs contemporary debates on sustainability, social justice, international relations and, thus far, decolonization.
This thematic issue of Africa e Mediterraneo aims to include contributions on the real and imaginary forms of water in Africa and for Africa.
Deadlines
The deadline to submit an abstract of no more than 400 word is **31 January 2023**. The abstract must be sent to abstract@africaemediterraneo.it. It will be reviewed by the editors of the issue. The deadline for submitting the finished article, along with a 100-word abstract and short profile of the author, is **31 March 2023**.
Africa e Mediterraneo is a blind peer-reviewed journal that publishes articles in Italian, English, and French.
Parole chiave : Acqua, Africa, Ambiente, Call for papers, migrazione, Rivista Africa e Mediterraneo
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È aperto il call for paper del numero 97 di Africa e Mediterraneo in uscita alla fine di quest’anno. Per la prima volta da diverso tempo, la rivista accoglierà contributi liberi in forma di saggi, articoli brevi, interviste e recensioni che saranno raccolti in un dossier miscellaneo a cura delle direttrici.
Gli abstract potranno provenire dalle aree umanistiche disciplinari a cui Africa e Mediterraneo dà generalmente spazio, come la letteratura, le scienze sociali, l’antropologia, la storia, le arti e la geografia, ma la rivista vaglierà attentamente anche proposte diverse, privilegiando quelle con prospettiva transdisciplinare e originale.
L’obiettivo di questo numero è offrire una mappatura in divenire di alcuni degli argomenti di maggior interesse per gli studiosi di Africa ed Europa, seguendo il percorso della ricerca accademica e indipendente in un momento di grande tensione e trasformazione internazionale. La scadenza per l’invio delle proposte è il 31 luglio 2022.
Chi voglia consultare i sommari degli ultimi dossier monografici può farlo a questo link: http://www.africaemediterraneo.it/it/numeri/ dove sono disponibili a partire dal numero 82. Tra gli argomenti trattati più di recente ci sono la moda e le arti visive, l’economia circolare e la sostenibilità, il corno d’Africa e l’editoria.