di Francesca Romana Paci
L’evoluzione di un percorso
Nato a Galkayo in Somalia nel 1936 e morto a Torino il primo di ottobre del 2010, Mohamed Aden Sheikh è una figura emblematica di un periodo storico che può sembrare relativamente distante, ma che è invece molto più vicino di quanto spesso ci si preoccupi di riconoscere – un periodo tuttora molto, molto difficile nel Corno d’Africa, una temperie notevolmente avanzata dal fatidico 1960, ma certamente non trascorsa.
Nei suoi anni definitivamente italiani Mohamed Aden, ex ministro (tre differenti ministeri), ex prigioniero politico, medico chirurgo e politico militante, coadiuvato dal giornalista e ricercatore Pietro Petrucci, è autore di un libro storico/autobiografico, intitolato Arrivederci a Mogadiscio: Dall’Amministrazione fiduciaria italiana alla fuga di Siad Barre. Il libro esce nel 1991, presso le Edizioni Associate, a Roma, e ottiene un notevole successo nel suo ambito. Tanto che nel 1994 se ne ha una seconda edizione, moderatamente ma significativamente ampliata in dati e dettagli, con il titolo Arrivederci a Mogadiscio. Somalia: l’indipendenza smarrita – il sottotitolo, come si legge, è cambiato. I due testi hanno la struttura di una articolata intervista: la prima e la seconda edizione, infatti, sono entrambe lunghe sequenze di domande e risposte. Il giornalista Pietro Petrucci formula le domande, Mohamed Aden risponde.
Più di quindici anni dopo la prima edizione e undici dalla seconda, Petrucci nel 2005 spinge Aden a riprendere il filo dei due Arrivederci a Mogadiscio per aggiungere ai due scritti esistenti testimonianza degli anni intercorsi. Ha inizio a questo punto un lavoro intenso e intermittente di colloqui, registrazioni, raccolta documenti, assemblaggio, che portano alla pubblicazione di La Somalia non è un’isola dei Caraibi presso le Edizioni Diabasis di Reggio Emilia nel 2010, pochi mesi prima della morte di Aden. Il libro esce con la Prefazione del sindacalista e Senatore della Repubblica Pietro Mercenaro e una Nota del curatore, che ovviamente è Petrucci. Il libro è dedicato alla seconda moglie di Aden, l’italiana Felicita Torrielli, il cui nome però nella dedica non è menzionato. Torrielli, tuttora sulla breccia, ha dedicato gran parte della sua vita alla Somalia operando fattivamente nell’area della maternità e dell’infanzia.
Il passaggio dalle due prime edizioni di Arrivederci a Mogadiscio a La Somalia non è un’isola dei Caraibi, oltre all’esteso ampliamento, è una trasformazione radicale della forma. Il testo non è più in forma di dialogo: non è più un’intervista ma una narrazione. Sono state quindi necessarie trasformazioni della vera e propria scrittura per inserire le domande di Petrucci in un discorso indiretto. Ci sono anche alcune circostanziate aggiunte e un montaggio in parte differente degli argomenti dei libri precedenti, ma il primo aspetto cospicuo è quello formale. Lo scopo, comunque, come sopra accennato, era aggiungere ai contenuti iniziali una seconda parte, che non solo raccontasse la nuova vita italiana di Aden, ma raccogliesse anche e soprattutto sue riflessioni culturali, religiose, opinioni storico-politiche e prese di posizione sulla situazione somala di quei decenni. La spiegazione del titolo, La Somalia non è un’isola dei Caraibi, si legge nel secondo capitolo: « […] la gente continuava a chiedermi dove diavolo fosse questa Somalia […]. E se rispondevo, come cominciai a fare per provocazione, che la Somalia era un’isola dei Caraibi, nessuno batteva ciglio. Rarissimi erano gli italiani che avessero una conoscenza […] dell’Africa e della sua storia.» (Diabasis: 45).
Sostanziale ampliamento a parte, se da un lato la forma narrativa e argomentativa conferisce alla Somalia non è un’isola dei Caraibi una qualità di maggiore peso e permanenza, il dialogo dei libri precedenti possiede una immediatezza e vivacità emozionale che è difficile non rimpiangere. Come vedremo più avanti, Petrucci nella sua Editor’s Note alla edizione inglese dei testi italiani di Aden, intitolata Back to Mogadishu, racconta che Aden non gradisce molto il passaggio da intervista a narrazione. Così scriverà: «Mohamed hid his disappointment behind irony: “So I have to play the part of Emperor Hadrian and you Marguerite Yourcenar. Are we presumptuous enough for that?”» (Printed on demand by Amazon Italia, 2021: 15). Comunque, La Somalia non è un’isola dei Caraibi esce, nella sua nuova forma di autobiografia narrata, in tempo perché Aden, ormai malato terminale, possa presentarlo al Lingotto a Torino, alla Biblioteca del Senato a Roma e, pochi giorni prima di morire, a Helsinki.
Il libro ha un buon succès d’estime, ma circola quasi solo in Italia. La figlia maggiore di Aden, Kaha Mohamed Aden, scrittrice italofona e studiosa ben nota nel campo, in un suo articolo/racconto pubblicato su Africa e Mediterraneo (N. 92-93, 2020), intitolato Un felice goffo volo dallo Yaya Centre, narra delle circostanze – un incontro culturale allo Yaya Centre a Nairobi in Kenya – in cui decide, sollecitata da un giovane interlocutore, che il libro di suo padre per circolare deve essere tradotto in inglese. Pensa inizialmente di tradurlo personalmente, ma le vicende della vita rendono il progetto difficile. Entra così ancora in azione Petrucci, che non si ferma e pensa a come realizzare una traduzione inglese di La Somalia non è un’isola dei Caraibi, che riunisca anche paratesti importanti per capire Aden, la situazione somala e quella italiana del periodo. Procede attraverso un crowdfunding sostenuto da studiosi e personaggi di rilievo e infine ottiene quello che vuole. In realtà quella inglese non è solo una traduzione quanto una nuova edizione, con ulteriori ampliamenti e complementi. Nella già citata Editor’s note di Petrucci, posta in apertura del volume, si legge: «This new book Back to Mogadishu includes Mohamed Aden’s entire ethical and political testament. It comprises the autobiographic narrative of both his Somali and Italian lives, and is based on two ‘conversations’ we recorded in 1993 and 2009, and three texts all written in 1993: Mohamed Aden’s Note on the Somali civil war (The Disrupted Memory); Basil Davidson’s comment on our ‘first conversation’; and a repertory of modern Somalia’s leading players and political organisations» (Back to Mogadishu, On demand: 16).
Per riassumere: l’edizione inglese dell’opera di Mohamed Aden, intitolata Back to Mogadishu, e sottotitolata Memoirs of a Somali Herder mette insieme il testo, tradotto, di La Somalia non è un’isola dei Caraibi con scritti e documenti collegati alla sua pubblicazione italiana, e aggiunge anche intratesto, dove opportuno, altri riferimenti di rilevante interesse socio-politico. Subito dopo la Editor’s Note Petrucci pone The Disrupted Memory, un lungo scritto dello stesso Aden, datato Turin, March, 1994, nel quale la situazione della Somalia dal 1991 al 1994 è vivisezionata con estrema veemenza – basti per ora una sola frase: «The civil war that Said Barre’s dictatorship plunged the Somali nation into is entirely without any sense» (Back to Mogadishu, On demand: 17).
Segue, con un passo indietro temporale, l’inserimento del «commento» dello studioso Basil Davidson intitolato Somalia a Paradigm of African Continent, con il sottotitolo esplicativo Preface to the first edition of “Arrivederci a Mogadiscio, datato London, 1991. L’edizione inglese è arricchita, inoltre, di una Appendix di tre elementi: 15 Somali Factions Recognized Factions by the UN, Signatories to the “Addis Abeba Peace Agreement” of 1993; All Somalia’s Men Main Political Actors up to 1994; e Chronology Main Events 1936-2009. Non c’è, purtroppo, un indice analitico – non c’era nemmeno nella edizione italiana. La traduzione, che è sostanzialmente la traduzione di La Somalia non è un’isola dei Caraibi, è di Simon Marsh, scrittore in proprio e traduttore di numerose opere di autori italiani. La vera e propria auto-biografia di Mohamed Aden Sheikh, divisa in diciannove capitoli, che traducono fedelmente i titoli italiani, comincia alla quarantanovesima pagina – l’intero volume conta trecento ottantotto pagine.
Volontà di completezza
Quando Pietro Petrucci scrive la sua Editor’s Note, datata 2019, Mohamed Aden Sheikh è ormai morto da nove anni. La prima pagina della nota sintetizza i punti chiave della vita di Aden, il che, di fatto, è una guida articolata alla lettura di quello che segue, una mini-biografia che precede una auto-biografia.
Petrucci inizia presentando Aden, con il quale dichiara di aver vissuto quarant’anni di amicizia: «[…] we gradually reconstructed the steps of his remarkable life. First we did this orally, and then at a certain point we decided to write this long autobiographical story down […]» (Back to Mogadishu, 7). Non specifica, come invece fa nella Nota del curatore in La Somalia non è un’isola dei Caraibi (Diabasis:13) di aver conosciuto Aden a Mogadiscio nel 1970, mentre preparava un reportage per il quotidiano Paese Sera (ora non più pubblicato). In quel periodo Siad Barre era da non molto al potere, e Aden era Ministro della Sanità.
Segue nella Editor’s Note – che ovviamente appare solo nella edizione inglese – una lista dei dati biografici di Aden, dove si enfatizza per prima cosa il fatto che sia venuto in Italia giovanissimo e si sia laureato in medicina prima della Indipendenza della Somalia dall’Inghilterra e dall’Italia, datate rispettivamente 26 giugno e 1 luglio 1960.
Ritornato in Somalia dopo la Laurea e la Specializzazione in Medicina e Chirurgia, Aden diventa parte di un gruppo in qualche modo simpatizzante del Marxismo di allora e legato a Siad Barre – un gruppo che aspira a una modernizzazione del paese in parte epigona dei percorsi intrapresi molti decenni prima da Kemal Ataturk (1881-1938) in Turchia e, in seguito, da Gamal Abdel Nasser (1918-1970) in Egitto.
Petrucci sottolinea come una prima vittoria del nuovo corso sia stata il superamento di una epidemia di colera. Subito dopo ricorda che: «there was the decision to give the Somali language a written form in 1972» (Back to Mogadishu: 8). La questione della lingua somala si rivelerà più complessa del previsto, ma il 1972 è comunque un crinale fondamentale, tra l’altro perché si decide di usare per la scrittura l’alfabeto latino, opportunamente aumentato da digrammi necessari a rappresentare tutti i suoni somali. La terza vittoria è la fondazione nel 1973 di un Politecnico per la formazione di: «doctors, vets, engineers, agronomists, biologists and mathematicians» (Back to Mogadishu: 9).
Petrucci ricorda poi il fervore di modernizzazione sociale del 1974, interrotto dell’arrivo di una siccità violenta e di una conseguente carestia, disastrose per le aspirazioni del paese. Impossibile percorrere qui le vicende degli anni seguenti, ci si limita a ricordare la pesante questione Ogaden e la gestione di Said Barre dei rapporti con l’Etiopia. Il governo di Said Barre si trasforma in regime; Aden subisce sei anni di prigione dal 1983 al 1989, anno in cui «an official ‘ad hoc’ invitation from the government in Rome» (Back to Mogadishu: 11) gli consente di arrivare in Italia, dove poi rimarrà per tutta la sua vita, vivendo e lavorando soprattutto a Torino.
Tra racconto e denuncia: una tormentata auto-biografia
Nel suo primo libro italiano (1991 e 1994) Mohamed Aden inizia il suo racconto con emozione: «Come quasi tutti i dirigenti somali di oggi sono nato in boscaglia» […]. Sono nato vicino a Galcaio nel Mudugh» […]. A quell’epoca […] il nostro villaggio itinerante gravitava intorno a Galladi, cioè oltre l’attuale confine con l’Etiopia» (Arrivederci a Mogadiscio, Edizioni Associate,1991: 15). In La Somalia non è un’isola dei Caraibi si trova in aggiunta l’indicazione specifica del confine con l’Etiopia: proprio la regione dell’Ogaden.
L’edizione inglese, essendo la traduzione di La Somalia non è un’isola dei Caraibi, già in queste prime pagine, pur fornendo le stesse informazioni, si discosta per diversi dettagli dai primi libri – ogni dettaglio è interessante, ma una collazione sarebbe lunghissima, e non modificherebbe la sostanza dei testi.
Oltre tutto, implicherebbe anche qualche aspetto traduttivo. Petrucci si dimostra un curatore molto attento, che segue la traduzione passo per passo, perché in Back to Mogadishu sono corretti anche alcuni refusi di nomi, di persone e luoghi che erano sfuggiti nell’originale italiano.
Ma le avventure delle pubblicazioni e delle traduzioni dell’opera di Mohamed Aden Sheikh non si è fermata. La figlia maggiore di Aden, Kaha Mohamed Aden, desiderosa di far conoscere gli scritti del padre anche in Somalia, si adopera per far tradurre in somalo la traduzione inglese di La Somalia non è un’isola dei Caraibi – non quindi di far tradurre in somalo l’originale italiano, ma di far tradurre in somalo la traduzione inglese dell’originale italiano. Lo studioso somalo Cabdicasiis Guudcadde, costantemente accompagnato dall’attenzione e dalla collaborazione di Kaha, intraprende la traduzione in somalo di Back to Mogadishu, che in somalo suona Waa Inoo Muqdisho, e ha come sottotitolo Xasuusqorka Geeljire Soomaaliyeed – traduce dunque letteralmente il sottotitolo italiano e quello inglese.
Waa Inoo Muqdisho è stato pubblicato nel novembre del 2023, poco prima che Kaha Mohamed Aden morisse, il 12 dicembre dello stesso anno. Ora si trova in Amazon in brossura (momentaneamente non disponibile) e in kindle (disponibile).
La Somalia non è un’isola dei Caraibi e la sua traduzione inglese Back to Mogadishu devono essere letti con attenzione, con apertura mentale e con almeno una conoscenza di base della storia somala. Si capisce perché Petrucci ha voluto chiamare il libro una “autobiografia”, motivando in questo modo un insieme di temi, argomenti, eventi e pensiero; un insieme che prima di tutto si muove in sequenze intermittenti tra Somalia e Italia, e inoltre passa dalla vita quotidiana personale e privata alla storia, dalla politica alla religione, dai sentimenti alla ragione. Aden è colto e intelligente, e rispetto all’Italia, guarda dall’esterno, il che è un elemento per noi di particolare interesse.
Si rivolge all’Italia (e anche a più di qualche somalo) quando parla della Somalia, e alla Somalia e all’Italia insieme quando parla dell’Italia – ma si deve però dire che oggi l’età del lettore, italiano o somalo o variamente anglofono che sia, è una variabile che inevitabilmente influenza la lettura. Ovviamente anche la scolarità del lettore è determinante, anche se è lecito presupporre che chi legga un libro come La Somalia non è un’isola dei Caraibi o Back to Mogadishu possieda una buona scolarità, oltre a un interesse pertinente. Si ricorda ancora una volta che il testo italiano e quello inglese presentano un certo numero di dettagli differenti, sia piccole aggiunte sia piccole soppressioni. Una lettura critica approfondita sarebbe comunque proficua, pensando a come Aden tratta argomenti come Marx, il Comunismo italiano, Présence Africaine, l’università italiana, istruzione e scuola, le prime elezioni somale, il tessuto clanico somalo, la guerra civile; e inoltre: religione, stato, laicità, e, con una certa ampiezza, Islam, tempo e storia.
Parole chiave : Kaha Mohamed Aden, Letteratura africana, Mohamed Aden Sheikh, Pietro Petrucci, Somalia
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Tra due giorni inizia a Zanzibar l’importante festival musicale Sauti za Busara, che in swahili significa “Suoni di saggezza”. In agosto 2024 abbiamo incontrato a Zanzibar Yusuf Mahmoud, dj, fondatore e direttore del Festival dal 2003 fino a due anni fa.
S.F.: Come è nato il festival Sauti za Busara?
Y.M.: Sono venuto a Zanzibar dal Regno Unito nel 1998 per un contratto dello Zanzibar International Film Festival (ZIFF), perché avevo esperienza come organizzatore di festival. Mi chiesero di organizzare un programma musicale all’interno del festival cinematografico. Sin dal primo anno fu un grande successo, e per 5 anni ho organizzato la parte musicale dello ZIFF. Ero già un conoscitore e promotore della World Music, ma questa esperienza mi ha permesso di scoprire l’enorme ricchezza della musica swahili. Così, a un certo punto ho avuto l’idea di fondare un festival ad hoc, creando l’ONG Busara Promotions.
S.F. Come avete fatto a farlo diventare un riferimento per le industrie creative della regione e per la promozione di Zanzibar come destinazione leader per il turismo culturale?
Y.M.: La nostra intenzione con la prima edizione, in febbraio 2004, era promuovere la musica swahili di Tanzania, Kenya e Mozambico. Già allora era evidente la differenza con musica tradizionale e moderna.
A quel tempo, lo staff era composto da me assieme a un assistente, e poi c’era un board nel quale era presente Emerson [Emerson Skeens, pioniere degli hotel boutique a Zanzibar, fondatore nel 2014 delle Emerson Foundation per la promozione culturale locale, n.d.r.]. Emerson spingeva molto la cultura dell’isola, credeva nella necessità di essere orgogliosi della ricchezza culturale locale invece che copiare l’ovest, la “Mainland” [parte continentale della Tanzania, n.d.r.]. Il finanziamento inizialmente venne dalla Ford Foundation, per tre anni.
Il festival all’inizio aveva un budget di 28.000 dollari, che poi è man mano aumentato, per arrivare a 4-500.000 dollari per anno. E da uno staff di due persone siamo aumentati a 6-7 persone.
S.F.: Quali sono stati gli sponsor principali?
Y.M.: Ci hanno sostenuti Africalia [ente belga federale per il sostegno della cultura in alcuni stati africani, n.d.r.], l’Unione Europea, ZanTel, l’ambasciata della Norvegia, mentre negli ultimi due anni il principale sponsor è stata un’azienda privata che investe in Fumba Town, un nuovo polo a sud di Stone Town. È molto importante che ci sia un supporto regolare per la nostra organizzazione, il fund raising impiega moltissimo del nostro tempo. Puntiamo molto anche sul networking internazionale, il collegamento tra festival per fare circolare gli artisti e le artiste, ad esempio il Sakifo Musik Festival, della Réunion, il MASA (Marché des Arts du Spectacle Africain) di Abidjan.
S.F.: Avete un finanziamento dal governo di Zanzibar?
Y.M.: In realtà non molto, anzi, le tasse aumentano… Comunque ci danno gli spazi, e ci hanno supportato con la security. Sono orgogliosi del loro festival, che attira tanta gente ogni anno. Tutti dicono che il festival è un successo, non tanto in termini finanziari, ma come impatto. Come spinta all’economia posso dire che porta almeno 10.000.000 dollari: ci sono stati studi economici che lo hanno verificato.
S.F.: Come avviene l’organizzazione e la selezione degli artisti?
Y.M.: È un festival panafricano, e gli artisti che si esibiscono sono abbastanza emergenti: preferiamo giovani, donne, che facciano musica con una identità culturale, con testi che contengano messaggi sociali. Spaziamo tra tanti generi: musica Taarab tradizionale, Jazz, Bongo Fleva, Kidumbaki, Afrobeats, Singeli, Urban Music, AfroFusion, Reggae, Hip-Hop, Elettronica.
Pubblichiamo una call, per quest’anno abbiamo ricevuto 400 applicazioni, e ora ci riuniamo per ascoltare gli audio, guardare i video con le performance, leggere le biografie. Così selezioniamo 25-30 artisti e gruppi che possono essere invitati.
S.F.: Dove si svolge il festival? L’ingresso è a pagamento?
Il principale palco è nel prato dell’Old Fort, il secondo l’Anfiteatro, poi ci sono altri spazi nella città. Per entrare si paga un biglietto che per tutti i tre giorni del festival costa 170 dollari per i turisti internazionali, 85 per i cittadini africani e i residenti in Africa dell’Est, 8 dollari per i tanzaniani. Per noi è molto importante avere pubblico tanzaniano, avere persone che esprimono diverse culture sul palco e anche tra il pubblico.
S.F.: Come mai hai lasciato la guida dell’organizzazione?
Y.M.: Non ho lasciato, sono membro del board! In questi anni ho avuto molto stress, che ha inciso sulla mia salute. Però adesso ci sono i giovani, che portano avanti benissimo l’organizzazione.
Abbiamo consolidato un sistema organizzativo per rendere il progetto sostenibile. Esiste un piano strategico di cinque anni che comprende la comunicazione e la gestione finanziaria. Il 95% dello staff sono impiegati tanzaniani, che diventano sempre più competenti. Quando ho lasciato, alla direzione c’erano, e ci sono tutt’ora, due persone, un tanzaniano che lavorava al festival dal 2009 e un tedesco incaricato del fund raising e della gestione della ONG. Per lui era il primo anno, ma aveva esperienza di altri progetti culturali a Zanzibar. Sono molto in linea con la nostra attenzione alla cura della qualità.
Ora sono felice e in salute, e sono molto positivo per il futuro. So che ci saranno problemi tutti gli anni, è normale, ma ho fiducia nel fatto che Busara Promotions ha una reputazione, e questo è un grande valore.
S.F.: Il festival ha avuto anche una funzione di monitoraggio dello sviluppo musicale della regione.
Y.M.: Sì, è una lunga storia, e abbiamo un grande archivio di foto, video, le biografie e i dossier di tutti i gruppi e artisti/e che hanno partecipato: un importante archivio storico.
Sauti za Busara
La selezione dei/lle partecipanti all’edizione 2025 è sul sito del festival.
Nella pagina “artists” c’è un utile database delle partecipazioni a tutte le edizioni del festival, con le schede di singoli/e artisti/e e gruppi e possibilità di ricerca per nome, paese, genere musicale.
Sito: https://busaramusic.org/
Instagram: https://www.instagram.com/sautizabusara/
Facebook: https://www.facebook.com/sautizabusara/?locale=da_DK
Parole chiave : Arte, festival panafricano, musica, Sauti Za Busara, Yusuf Mahmoud, Zanzibar
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La dispensa IO CAPITANO contiene gli interventi dell’assemblea seguito alla proiezione del film “Io Capitano” di Marco Garrone, organizzata dal Liceo Scientifico “E. Fermi” di Bologna il 15 novembre 2023 presso il Cinema Medica Palace.
800 studenti e studentesse hanno potuto ascoltare dalla viva voce di due protagonisti, Mohamed Sacko (Kapi) e Mamadou Bah, il racconto delle vicende che li hanno portati a lasciare la Guinea Conakry, per scappare da una realtà dittatoriale che perseguita chiunque sia impegnato nell’opposizione politica e, soprattutto, di come, una volta arrivati in Italia e a Bologna, la loro vita sia potuta ripartire e oggi sia una vita nuova. Due storie di successo, grazie ad incontri con persone, opportunità offerte e tanta intraprendenza da parte loro.
Sono due i messaggi importanti che hanno lasciato alle classi con il racconto della loro vita: un invito ad informarsi su quello che succede nei paesi coinvolti nei processi migratori e un appello a ciascuno/a dei/lle presenti a non essere indifferenti, perché a volte basta un piccolo gesto di umanità per salvare letteralmente la vita di una persona che si trova in un paese straniero, dove non ha nessun riferimento linguistico e culturale e nessun legame.
La dispensa contiene anche alcuni dei prodotti multimediali di comunicazione realizzati dagli studenti della classe 3L per il progetto “Migrazioni”.
Scarica subito qui:
Dispensa IO CAPITANO-compresso
Parole chiave : Bologna, Cinema, cinema africano, Guinea, Io capitano, Liceo Fermi, Marco Garrone, migrazione
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03 ottobre 2024
La migrazione forzata da un film a un fumetto
Il 3 ottobre si celebra l’anniversario del naufragio di Lampedusa del 2013, in cui persero la vita 368 persone, ma sono tante le persone che perdono la vita nelle rotte migratorie irregolari, mentre altre si salvano dopo viaggi rischiosissimi. Come quello raccontato nel film “Io Capitano”, di Matteo Garrone.
Le scene cruciali del film sono state rappresentate uno studente e una studentessa del Liceo Fermi di Bologna in un fumetto. Davide Colombo e Sara Sondo hanno realizzato la storia nell’ambito del progetto “Migrazioni”, curato dalla professoressa Barbara Conserva per la classe 3L del Liceo Scientifico “E. Fermi” di Bologna nell’AS 2023/2024.
La classe ha assistito alla proiezione del film “Io capitano” e incontrato alcuni testimoni: Mohamed Sacko, operatore sociale, e Thierno Mamadou Bah, operatore socio sanitario, entrambi originari della Guinea Conakry, con la moderazione di Daro Sacko, componente del Diversity Team e del Progetto SPAD del Comune di Bologna.
La classe ha poi partecipato a un laboratorio sulle migrazioni “Niente da dichiarare. Geografia e storia di migrazioni”, coordinato dall’Istituto storico Parri Bologna Metropolitana, durante il quale ha realizzato alcuni prodotti multimediali di comunicazione, tra cui un video.
Parole chiave : Bologna, film, Fumetto, Io capitano, Liceo Fermi, Matteo Garrone, scuola
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03 maggio 2024
Sostieni la rivista Africa e Mediterraneo con il tuo 5×1000!
Dal 1992, con Africa e Mediterraneo diamo spazio alla conoscenza della cultura dei paesi africani, alla creatività del continente in ambito artistico, letterario, teatrale, della moda, e non solo…
In questo periodo di crisi globale e transizione, teniamo aperto questo canale di dialogo con ricercatori e ricercatrici internazionali per approfondire temi fondamentali come lo sviluppo sostenibile, l’incontro tra culture, l’esclusione sociale, il razzismo.
Le opere di artisti e artiste del continente o afrodiscendenti, che la rivista studia e valorizza da 30 anni, sono per noi uno strumento fondamentale per capire la complessità di un presente che ha radici nel colonialismo. Per sostenere la libertà e la democrazia oggi tanto in crisi, è fondamentale diffondere ricerche serie e controllate da revisione anonima su temi a cui purtroppo si dà pochissimo spazio.
È per questo che la cooperativa Lai-momo nel 1995 ha scelto coraggiosamente di portare avanti la rivista Africa e Mediterraneo e quest’anno arriva al grande traguardo del numero 100.
Chiediamo a tutti e tutte di dare un sostegno a questo impegno di approfondimento e resistenza culturale donando il 5×1000 alla cooperativa sociale Lai-momo.
Come destinare il tuo 5×1000 a Coop. Lai-momo:
Nel tuo modello per la dichiarazione dei redditi (CU, 730 o UNICO) scrivi il codice fiscale 04253920377
Parole chiave : 5x1000, Africa e Mediterraneo, afrodiscendenti, Cooperativa Lai-momo, Rivista Africa e Mediterraneo
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Le cooperative sociali Lai-momo, Abantu e l’associazione Africa e Mediterraneo hanno attuato una ristrutturazione del loro spazio di lavoro di Via Boldrini 14G a Bologna, con l’intento di aprirlo anche ad un utilizzo per eventi culturali e formativi indirizzati al pubblico.
Assieme alle lavoratrici e lavoratori, è stato scelto per questo spazio il nome di Stazione Boldrini.
Questa definizione, da un lato, valorizza l’abitudine consolidata – di chi vi lavora e di chi vi arriva – ad utilizzare il riferimento al nome della via, dall’altro lato, suggerisce la vicinanza alla Stazione Centrale.
Inoltre, questo nome evoca i concetti del viaggio, della migrazione, dell’arrivo a una meta, delle fermate (della vita), del ritorno, degli incontri: idee che definiscono l’impegno sociale che da 30 anni il nostro gruppo di lavoro sta portando avanti.
Martedì 26 marzo alle 18.30 Stazione Boldrini verrà inaugurata insieme con i partner istituzionali, del Terzo Settore e delle aziende con cui Lai-momo, Abantu e l’associazione Africa e Mediterraneo collaborano da lungo tempo.
Al taglio del nastro saranno presenti:
Erika Capasso – Delegata alla Riforma dei Quartieri, Immaginazione civica, progetto Case di Quartiere, politiche per il terzo settore, bilancio partecipativo, inchiesta sociale, sussidiarietà circolare del Comune di Bologna
Luca Rizzo Nervo – Assessore al Welfare del Comune di Bologna
Stefano Brugnara – Amministratore unico di ASP Città di Bologna (TBC)
Andrea Marchesini Reggiani – Presidente Lai-momo cooperativa sociale
Parole chiave : accoglienza, Bologna, migrazione, Stazione Boldrini
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Il 21 marzo, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale, il Comune di Bologna, in collaborazione con le Associazioni della Rete SPAD, presenterà i risultati del secondo anno di lavoro dello Sportello Antidiscriminazioni pubblicati all’interno del Rapporto dell’Osservatorio 2023. L’evento si terrà a partire dalle ore 16:30 presso la Sala Polivalente della Casa di quartiere Katia Bertasi (via Fioravanti 18/3).
Si inizierà con un momento di approfondimento e dibattito, a partire dai dati e dai focus tematici contenuti nel Rapporto, a cui parteciperanno Emily Marion Clancy, Vicesindaca del Comune di Bologna con delega alle Pari opportunità e al contrasto alle discriminazioni, e Sara Accorsi, Consigliera delegata al Welfare metropolitano e lotta alla povertà, Politiche per la casa, Politiche per la pianura bolognese.
Gli interventi dei relatori e delle relatrici saranno moderati da Daro Sakho, Diversity Manager del Comune di Bologna, e rifletteranno sul contesto attuale, su quello che è stato fatto e sulle sfide future.
Nella seconda parte dell’evento, gli studenti e le studentesse di due scuole secondarie di primo grado della città, Farini e Gandino, presenteranno il lavoro realizzato nell’ambito del progetto “Le immagini dell’accoglienza” condotto dall’associazione Dry-Art in partenariato con le associazioni Sophia e Black History Month Bologna.
A seguire, si terrà un dialogo-incontro musicale con Amir Issaa, rapper e attivista da anni impegnato in progetti sociali e di sensibilizzazione contro il razzismo, testimonial UNAR e attualmente in Tour negli Stati Uniti in occasione del Black History Month 2024.
Saranno presenti interpreti LIS per tutta la durata dell’evento.
È gradita registrazione utilizzando il modulo al seguente link: https://forms.gle/ijVu6biKRFdRiZMu7
L’evento va ad arricchire il programma di iniziative realizzato dalla Città Metropolitana nell’ambito della XX edizione della Settimana di azione contro il razzismo promossa da UNAR – Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali.
Parole chiave : 21 marzo, antirazzismo, Comune di Bologna, Rapporto dell’Osservatorio 2023, Sportello Antidiscriminazioni
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Un sabato pomeriggio di immersione nelle ricchezze interculturali di Bologna dedicato a famiglie, giovani lavoratori e lavoratrici, bambini e bambine, con laboratori, dibattiti e proiezioni cinematografiche.
Invito aperto a tutti e tutte per Sabato 16 dicembre a partire dalle 15 al Centro Interculturale Zonarelli in Via Giovanni Antonio Sacco 14, all’evento che alcune organizzazioni che lavorano all’intercultura e all’inclusione hanno organizzato nell’ambito del progetto “Orizzonti Interculturali”, finanziato dal Settore Innovazione e semplificazione amministrativa e cura delle relazioni col cittadino del Comune di Bologna.
Una giornata in cui ogni associazione apporta un contributo particolare, tanto che il programma si sviluppa contemporaneamente in due sale, una dedicata al dibattito e all’approfondimento, l’altra dove si svolgeranno le attività artistiche e ludico-motorie.
Si comincia alle ore 15:00 nella sala Polivalente con la sfilata di costumi tradizionali delle etnie vietnamite a cura dell’associazione Associazione Italia-Vietnam Ponte tra Culture e si proseguirà con la proiezione del video realizzato dall’Associazione Dry Art che presenta tutte le associazioni che partecipano al progetto. A seguire in due parole si auto-presenteranno le associazioni e sarà approfondito lo Sportello Antidiscriminazioni SPAD a cura di Africa e Mediterraneo.
Alle ore 16:00 sarà il momento di “Nero Nomade Film Festival”: Cineforum itinerante a cura di BHMBO – con la proiezione di un cortometraggio e dibattito per affrontare la tematica del dialogo interculturale e interreligioso, attraverso il cinema d’autore realizzato da registi neri e afro-discendenti presenti in Italia e non conosciuti dai circuiti classici. Alle ore 17:30 sarà la volta del dibattito a cura di Geopolis dal titolo “Africa Instabile”. Qual è lo stato di salute del continente africano? Conflitti e colpi di stato hanno segnato l’anno che si avvia alla sua conclusione. In Africa è in atto un processo di de-occidentalizzazione, i paesi africani stanno cercando di rendersi più indipendenti o nuove dinamiche geopolitiche la stanno conducendo a nuovi corsi? Cosa ha determinato il considerevole aumento dei flussi migratori ai nostri confini, in particolare dalla Tunisia? Alcune potenze europee lasciano sempre più campo ad altri paesi come Cina, Russia e Turchia la gestione del continente, o quello a cui stiamo assistendo è una sconfitta della strategia occidentale, in particolare europea? La Francia si allontana sempre più dalle proprie colonie, il nostro paese che ruolo e quale tipo di influenza è ancora capace di esercitare? Il dibattito sarà condotto da Luciano Pollichieni, collaboratore di Limes e analista fondazione Med-Or ed Elia Morelli, Ricercatore di storia (UniPisa) e analista geopolitico (Domino), con la moderazione di Stefano Totaro (Geopolis). Interverrà per i saluti istituzionali Rita Monticelli, docente dell’Università di Bologna e consigliera comunale con delega per i diritti e il dialogo interreligioso.
Partirà alle 15:30 nell’altra sala “Arte in Gioco” – un mondo di colori per colorare il mondo: laboratorio di lettura con il Kamishibai della storia Stella di Fuad Aziz e rielaborazione grafico-pittorica. A cura di TotemLab APS e Associazione MondoDonna Onlus. Dopo un momento doverosamente dedicato alla merenda, alle ore 17:00 le ACLI Provinciali di Bologna proporranno “Dall’io all’altro, tra danze, culture e religioni”, laboratorio di Ludo-danza e meditazione che unisce i percorsi realizzati per gli studenti delle scuole secondarie di I grado di Bologna all’interno del progetto: metodologie e contenuti che testimoniano la ricchezza della diversità e l‘esser fratelli tutti.
Si termina insieme alle ore 18:00 con il cerchio interculturale e artistico di condivisione promosso da Arte Migrante, in cui adulti e bambini potranno proporre una performance di ballo, musica, canto, poesia e altro.
Gli enti che partecipano al progetto sono: Associazione interculturale per inserimento lavorativo di volontariato AIPILV, Associazione Universo Interculturale, Geopolis, Associazione Italia-Vietnam Ponte tra Culture, Africa e Mediterraneo, Arte Migrante, Dry-Art Ets, TotemLab APS, Black History Month Bologna – BHMBO, Acli Provinciali di Bologna, MondoDonna Onlus.
Per i dettagli sul programma:
Orizzonti Interculturali_Locandina_Programma
Parole chiave : Bologna, Centro Interculturale Zonarelli, inclusione, Integrazione, Orizzonti interculturali
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di Francesco Romana Paci
Giovedì 2 novembre 2023 ha avuto luogo a Milano al Teatro No’hma la serata conclusiva della XIV Edizione del Premio Internazionale “Il Teatro Nudo” di Teresa Pomodoro, del quale è Presidente Livia Pomodoro, sorella dell’attrice scomparsa e continuatrice della sua opera. Gli spettacoli in gara erano quattordici dei trentanove messi in scena dal Teatro No’hma durante la stagione 2022-2023. I premi sono assegnati separatamente dalla Giuria degli Spettatori e da una Giuria di Esperti. A ciascuno dei due principali premi si aggiungono poi di fatto quattro ulteriori premi, due Menzioni Speciali da parte degli Spettatori e due da parte degli Esperti.
Per il secondo anno, inoltre, è stato assegnato un settimo premio, il “Premio Speciale per la Conservazione del Patrimonio Culturale dell’Umanità”. Quest’anno il Premio Speciale è stato attribuito a Birdy, della Compagnia di Danza Contemporanea “Hung Dance” di Taipei, Taiwan.
Il Premio della Giuria degli Spettatori è andato allo spettacolo Dance Andalacia, del Manolo Carrasco Ensemble, Spagna. Le due Menzioni Speciali degli Spettatori sono andate allo spettacolo di danza Die Musen, Germania; e a From Malta with Love, della Moveo Dance Company di Malta.
Il Premio della Giuria di Esperti è stato assegnato al musical – canto, danza e recitazione – Mahalia, the Queen of Gospel Music, del Hattiloo Theatre di Memphis, Tennessee. Le due Menzioni Speciali sono state assegnate a Land of Poetry, pièce multidisciplinare creata dall’attore e scrittore Martin Chishimba e prodotta dal Twangale Cultural Centre della città di Ndola in Zambia – se ne è già scritto su questo blog il 3 luglio 2023; e a Los Pàjaros Negros, spettacolo di musica, canto, danza, arti visive e ricerca storica della compagnia multidisciplinare La Franja Teatral di Cuba.
Vale la pena ricordare che la Giuria degli Esperti, presieduta da Livia Pomodoro, è internazionale. È formata da personalità del teatro e della cultura – un catalogo lungo, ma interessante da considerare dettagliatamente: Lev Abramovič Dodin (Direttore Artistico del Malyj Dramatičeskij Teatr di San Pietroburgo); Fadhel Jaïbi (Direttore del Théâtre National Tunisien); Oskaras Koršunovas (Fondatore e Direttore Artistico dell’Oskaro Koršunovo Teatras di Vilnius – OKT); Stathis Livathinos (Regista Teatrale e Cinematografico greco); Muriel Mayette-Holtz (Direttrice del Théâtre National de Nice); Enzo Moscato (Fondatore e Direttore Artistico della Compagnia Teatrale Enzo Moscato); Lluis Pasqual (Regista teatrale spagnolo); Tadashi Suzuki (Fondatore e Direttore della Suzuki Company di Toga – SCOT); Gábor Tompa (Direttore del Hungarian Theatre of Cluj in Romania); Lim Soon Heng (Regista Teatrale malese).
La sala del Teatro No’hma traboccava di pubblico, in buona parte composto di gruppi esuberanti, che esprimevano con notevole sonorità le proprie preferenze e la propria attesa della proclamazione dei vincitori. La serata era organizzata come uno spettacolo in sé. In occasione della Premiazione Livia Pomodoro era sul palcoscenico, coadiuvata dall’attrice Simonetta Solder, per offrire elementi storici sulle compagnie e sul No’hma, e soprattutto per leggere le motivazioni delle Giurie. Alcune delle compagnie premiate erano presenti fisicamente e hanno potuto ringraziare personalmente e offrire dal vivo saggi della loro professionalità – tutte tre le compagnie premiate dalla Giuria degli Spettatori erano in teatro; particolarmente applauditi i danzatori di flamenco di Manolo Carrasco, che era di persona al pianoforte. Altre hanno partecipato attraverso registrazioni selezionate dai loro spettacoli e grazie alla rete hanno ringraziato comparendo e parlando da remoto – hanno partecipato da remoto la Hung Dance di Taiwan, lo Hattiloo Theatre di Memphis, La Franja Teatral di Cuba.
Della Compagnia del Twangale Cultural Centre dello Zambia era presente in teatro Martin Chishimba, che ha letto, in inglese, un lungo brano dalla sua copia personale dei poemetti del poeta e studioso ugandese Okot p’Bitek, Song of Lawino e Song of Ocol, dai quali lui stesso ha tratto lo spettacolo Land of Poetry. Chishimba, che, per inciso, parla sia uno Standard English sia un ottimo italiano, ha modulato attorialmente l’inglese del testo su apposite sonorità che per brevità possiamo chiamare africane.
A margine, o in aggiunta, viene spontaneo notare che il Premio e le due Menzioni Speciali della Giuria degli Esperti internazionali sono tutti e tre spettacoli collegati in gradi e modi diversi con le diaspore africane e la loro storia secolare. Inoltre provengono tutti da luoghi materialmente collegati fin dall’inizio del colonialismo con la diaspore – imposte, involontarie, semivolontarie: basti pensare al commercio degli schiavi.
Mahalia, the Queen of Gospel Music del Hattiloo Theatre di Memphis contiene implicitamente il colossale elemento della tratta atlantica di schiavi africani; le vicende dello schiavismo in terra nordamericana; la tumultuosa liberazione degli schiavi; e da tutti quegli eventi il sorgere e l’affermarsi di una loro complessa cultura, che in relativamente pochi decenni diventa e agisce come cultura primaria, letteralmente ispirando e influenzando il mondo. Alla tratta atlantica si lega anche Los Pàjaros Negros, della compagnia La Franja Teatral di Cuba. Lo spettacolo è particolarmente ardito nella trattazione del tempo e della storia dei Neri nei paesi dove la tratta forzosamente li innesta. Le sottili e meno sottili contorsioni del razzismo che non vuole scomparire sono interpretate proprio collegando con il presente eventi e figure note e significative del passato – come, per esempio il tip-tap di Shirley Temple e Bill Robinson. Land of Poetry rappresenta una situazione successiva, quando nella seconda metà del secolo scorso le politiche coloniali europee includono accoglimento, studi universitari e possibili carriere per giovani e meno giovani intellettuali neri, sia africani sia diasporici – una situazione variabilissima in tempo e luogo e tuttora in notevole evoluzione. Come accennato, Land of Poetry deriva dai poemetti sopracitati di Okot p’Bitek, studente universitario in UK, poeta, accademico in Africa e in USA, studioso, e critico di alcuni atteggiamenti della ricerca antropologica europea nei confronti degli studi africani.
La nuova stagione e della XV Edizione del Premio Internazionale No’hma si è aperta il 23 novembre con la pièce Ensayo sobre el miedo – Distopia grottesca sulla fine del mondo, proveniente dall’Argentina, uno spettacolo che amplia la ricerca sulle linee del nuovo razzismo, della creazione del nemico, del premere ai confini da parte di una immigrazione vissuta come minacciosa, oscura e fatale.
N.B.: Dopo le prime, gli spettacoli del Teatro No’hma sono caricati integralmente in rete, facilmente reperibili con il loro titolo.
LISTA DEI PREMI:
PREMIO SPECIALE PER LA CONSERVAZIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE DELL’UMANITÀ
- Birdy di Hung Dance (Taiwan)
PREMIO GIURIA DEGLI ESPERTI
- Mahalia – The Queen of Gospel Music di Hattiloo Theatre (Tennessee)
- Land of poetry di Twangale Cultural Centre (Zambia)
- Los Pajaros Negros di La Franja Teatral (Cuba)
PREMIO GIURIA DEGLI SPETTATORI
- Dance Andalucia di Manolo Carrasco (Spagna)
- Die Musen di Lidia Buonfino (Germania)
- From Malta with love di Moveo Dance Company (Malta)
Parole chiave : teatro, Teatro No’hma, Teresa Pomodoro
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23 novembre 2023
Torneo di calcetto “Orizzonti interculturali”
Tre giorni da tre squadre ciascuno, poi i quarti di finale, le semifinali e la finale: questo il programma secondo il quale si affronteranno le squadre di giovani di origine migrante e non nel Torneo di Calcetto che si terrà SABATO 2 DICEMBRE presso il campetto adiacente al Centro Interculturale Zonarelli (via Sacco 14, Bologna). Gli arrivi e le registrazioni inizieranno alle h 9,45 mentre la premiazione della squadra vincitrice è prevista per le h 17,30.
Questo evento sportivo è organizzato da alcune organizzazioni che collaborano già in progetti che fanno riferimento al Centro Interculturale Zonarelli, in particolare allo Sportello Antidiscriminazione: Geopolis, AIPILV Associazione Interculturale Per L’inserimento Lavorativo e Di Volontariato, Dry-Art Ets, Associazione Interculturale Universo Aps, Totemlab Aps, Associazione Italia Vietnam Ponte Tra Culture, Black History Month Bologna – BHMBO, Acli Provinciali Bologna, Arte Migrante, Africa e Mediterraneo. Daranno il loro supporto alla giornata il Gruppo Scout Bologna 8 e l’Associazione SIDAPS.
Il torneo si inserisce nell’ambito del progetto “Orizzonti Interculturali”, finanziato dal Settore Innovazione e semplificazione amministrativa e cura delle relazioni col cittadino del Comune di Bologna, che comprende un Open Day al Centro Zonarelli sabato 16 dicembre nel pomeriggio con un ricco programma a cui sono invitati cittadine e cittadine di tutte le età.
Un insieme di eventi che comincia proprio con lo sport, un linguaggio universale che può abbattere le barriere e promuovere valori come la condivisione, il rispetto reciproco e l’inclusione. Con la realizzazione di un torneo di calcetto antirazzista e con la realizzazione di un Open Day, sabato 16 dicembre, racconteremo le diversità culturali che popolano la nostra città e creeremo un luogo di incontro aperto alla cittadinanza.
Vi aspettiamo numerosi!