Africa e Mediterraneo n. 91 (2/19)
Resilienza è diventata, negli ultimi anni, una parola particolarmente fortunata, che, grazie alla sua forza evocativa e metaforica, risuona negli ambiti più diversi (psicologia, sociologia, urbanistica, mondo della comunicazione di massa…). Questa molteplicità di usi (e abusi) ha sollevato anche molti dubbi sulla sua reale capacità esplicativa: si tratta di un’utile parola-chiave, di uno strumento analitico per meglio comprendere la contemporaneità, o di una semplice moda? Resilienza, insomma, è un termine che rischia di logorarsi, di perdere significato – o anche, in un riflesso uguale e contrario, di diluirsi e allargarsi, fino a significare troppo.
Nella consapevolezza di questa possibile dispersione semantica, e cercando di valorizzare il concetto di resilienza in termini di ricaduta socio-culturale reale, il dossier n. 91 di Africa e Mediterraneo affronta questo tema da un punto di vista molto specifico: la stretta connessione tra la costruzione di comunità e territori resilienti e l’inclusione dei cittadini che possono essere più vulnerabili, in particolare le persone di origine straniera.
Gli articoli del dossier intessono una riflessione su diverse dimensioni: da un lato si ragiona sulla resilienza come competenza della comunità, per costruire le condizioni per affrontare l’emergenza senza escludere nessuno; d’altro lato ci si concentra sulla resilienza come competenza dell’individuo, approccio fondamentale per favorire processi di empowerment, in cui i singoli possano sviluppare una propria linea di azione e reazione rispetto alla catastrofe e alla difficoltà improvvisa.
Il dossier prende le mosse dal progetto europeo AMARE-EU (finanziato dalla DG ECHO) che, ponendo al centro dell’attenzione la necessità di preparare una reazione positiva all’emergenza delle comunità multiculturali, ha elaborato e testato strumenti per la prevenzione e gestione del “rischio catastrofe” che siano capaci di sensibilizzare e coinvolgere tutta la comunità.
SOMMARIO