di Francesca Romana Paci
L’evoluzione di un percorso
Nato a Galkayo in Somalia nel 1936 e morto a Torino il primo di ottobre del 2010, Mohamed Aden Sheikh è una figura emblematica di un periodo storico che può sembrare relativamente distante, ma che è invece molto più vicino di quanto spesso ci si preoccupi di riconoscere – un periodo tuttora molto, molto difficile nel Corno d’Africa, una temperie notevolmente avanzata dal fatidico 1960, ma certamente non trascorsa.
Nei suoi anni definitivamente italiani Mohamed Aden, ex ministro (tre differenti ministeri), ex prigioniero politico, medico chirurgo e politico militante, coadiuvato dal giornalista e ricercatore Pietro Petrucci, è autore di un libro storico/autobiografico, intitolato Arrivederci a Mogadiscio: Dall’Amministrazione fiduciaria italiana alla fuga di Siad Barre. Il libro esce nel 1991, presso le Edizioni Associate, a Roma, e ottiene un notevole successo nel suo ambito. Tanto che nel 1994 se ne ha una seconda edizione, moderatamente ma significativamente ampliata in dati e dettagli, con il titolo Arrivederci a Mogadiscio. Somalia: l’indipendenza smarrita – il sottotitolo, come si legge, è cambiato. I due testi hanno la struttura di una articolata intervista: la prima e la seconda edizione, infatti, sono entrambe lunghe sequenze di domande e risposte. Il giornalista Pietro Petrucci formula le domande, Mohamed Aden risponde.
Più di quindici anni dopo la prima edizione e undici dalla seconda, Petrucci nel 2005 spinge Aden a riprendere il filo dei due Arrivederci a Mogadiscio per aggiungere ai due scritti esistenti testimonianza degli anni intercorsi. Ha inizio a questo punto un lavoro intenso e intermittente di colloqui, registrazioni, raccolta documenti, assemblaggio, che portano alla pubblicazione di La Somalia non è un’isola dei Caraibi presso le Edizioni Diabasis di Reggio Emilia nel 2010, pochi mesi prima della morte di Aden. Il libro esce con la Prefazione del sindacalista e Senatore della Repubblica Pietro Mercenaro e una Nota del curatore, che ovviamente è Petrucci. Il libro è dedicato alla seconda moglie di Aden, l’italiana Felicita Torrielli, il cui nome però nella dedica non è menzionato. Torrielli, tuttora sulla breccia, ha dedicato gran parte della sua vita alla Somalia operando fattivamente nell’area della maternità e dell’infanzia.
Il passaggio dalle due prime edizioni di Arrivederci a Mogadiscio a La Somalia non è un’isola dei Caraibi, oltre all’esteso ampliamento, è una trasformazione radicale della forma. Il testo non è più in forma di dialogo: non è più un’intervista ma una narrazione. Sono state quindi necessarie trasformazioni della vera e propria scrittura per inserire le domande di Petrucci in un discorso indiretto. Ci sono anche alcune circostanziate aggiunte e un montaggio in parte differente degli argomenti dei libri precedenti, ma il primo aspetto cospicuo è quello formale. Lo scopo, comunque, come sopra accennato, era aggiungere ai contenuti iniziali una seconda parte, che non solo raccontasse la nuova vita italiana di Aden, ma raccogliesse anche e soprattutto sue riflessioni culturali, religiose, opinioni storico-politiche e prese di posizione sulla situazione somala di quei decenni. La spiegazione del titolo, La Somalia non è un’isola dei Caraibi, si legge nel secondo capitolo: « […] la gente continuava a chiedermi dove diavolo fosse questa Somalia […]. E se rispondevo, come cominciai a fare per provocazione, che la Somalia era un’isola dei Caraibi, nessuno batteva ciglio. Rarissimi erano gli italiani che avessero una conoscenza […] dell’Africa e della sua storia.» (Diabasis: 45).
Sostanziale ampliamento a parte, se da un lato la forma narrativa e argomentativa conferisce alla Somalia non è un’isola dei Caraibi una qualità di maggiore peso e permanenza, il dialogo dei libri precedenti possiede una immediatezza e vivacità emozionale che è difficile non rimpiangere. Come vedremo più avanti, Petrucci nella sua Editor’s Note alla edizione inglese dei testi italiani di Aden, intitolata Back to Mogadishu, racconta che Aden non gradisce molto il passaggio da intervista a narrazione. Così scriverà: «Mohamed hid his disappointment behind irony: “So I have to play the part of Emperor Hadrian and you Marguerite Yourcenar. Are we presumptuous enough for that?”» (Printed on demand by Amazon Italia, 2021: 15). Comunque, La Somalia non è un’isola dei Caraibi esce, nella sua nuova forma di autobiografia narrata, in tempo perché Aden, ormai malato terminale, possa presentarlo al Lingotto a Torino, alla Biblioteca del Senato a Roma e, pochi giorni prima di morire, a Helsinki.
Il libro ha un buon succès d’estime, ma circola quasi solo in Italia. La figlia maggiore di Aden, Kaha Mohamed Aden, scrittrice italofona e studiosa ben nota nel campo, in un suo articolo/racconto pubblicato su Africa e Mediterraneo (N. 92-93, 2020), intitolato Un felice goffo volo dallo Yaya Centre, narra delle circostanze – un incontro culturale allo Yaya Centre a Nairobi in Kenya – in cui decide, sollecitata da un giovane interlocutore, che il libro di suo padre per circolare deve essere tradotto in inglese. Pensa inizialmente di tradurlo personalmente, ma le vicende della vita rendono il progetto difficile. Entra così ancora in azione Petrucci, che non si ferma e pensa a come realizzare una traduzione inglese di La Somalia non è un’isola dei Caraibi, che riunisca anche paratesti importanti per capire Aden, la situazione somala e quella italiana del periodo. Procede attraverso un crowdfunding sostenuto da studiosi e personaggi di rilievo e infine ottiene quello che vuole. In realtà quella inglese non è solo una traduzione quanto una nuova edizione, con ulteriori ampliamenti e complementi. Nella già citata Editor’s note di Petrucci, posta in apertura del volume, si legge: «This new book Back to Mogadishu includes Mohamed Aden’s entire ethical and political testament. It comprises the autobiographic narrative of both his Somali and Italian lives, and is based on two ‘conversations’ we recorded in 1993 and 2009, and three texts all written in 1993: Mohamed Aden’s Note on the Somali civil war (The Disrupted Memory); Basil Davidson’s comment on our ‘first conversation’; and a repertory of modern Somalia’s leading players and political organisations» (Back to Mogadishu, On demand: 16).
Per riassumere: l’edizione inglese dell’opera di Mohamed Aden, intitolata Back to Mogadishu, e sottotitolata Memoirs of a Somali Herder mette insieme il testo, tradotto, di La Somalia non è un’isola dei Caraibi con scritti e documenti collegati alla sua pubblicazione italiana, e aggiunge anche intratesto, dove opportuno, altri riferimenti di rilevante interesse socio-politico. Subito dopo la Editor’s Note Petrucci pone The Disrupted Memory, un lungo scritto dello stesso Aden, datato Turin, March, 1994, nel quale la situazione della Somalia dal 1991 al 1994 è vivisezionata con estrema veemenza – basti per ora una sola frase: «The civil war that Said Barre’s dictatorship plunged the Somali nation into is entirely without any sense» (Back to Mogadishu, On demand: 17).
Segue, con un passo indietro temporale, l’inserimento del «commento» dello studioso Basil Davidson intitolato Somalia a Paradigm of African Continent, con il sottotitolo esplicativo Preface to the first edition of “Arrivederci a Mogadiscio, datato London, 1991. L’edizione inglese è arricchita, inoltre, di una Appendix di tre elementi: 15 Somali Factions Recognized Factions by the UN, Signatories to the “Addis Abeba Peace Agreement” of 1993; All Somalia’s Men Main Political Actors up to 1994; e Chronology Main Events 1936-2009. Non c’è, purtroppo, un indice analitico – non c’era nemmeno nella edizione italiana. La traduzione, che è sostanzialmente la traduzione di La Somalia non è un’isola dei Caraibi, è di Simon Marsh, scrittore in proprio e traduttore di numerose opere di autori italiani. La vera e propria auto-biografia di Mohamed Aden Sheikh, divisa in diciannove capitoli, che traducono fedelmente i titoli italiani, comincia alla quarantanovesima pagina – l’intero volume conta trecento ottantotto pagine.
Volontà di completezza
Quando Pietro Petrucci scrive la sua Editor’s Note, datata 2019, Mohamed Aden Sheikh è ormai morto da nove anni. La prima pagina della nota sintetizza i punti chiave della vita di Aden, il che, di fatto, è una guida articolata alla lettura di quello che segue, una mini-biografia che precede una auto-biografia.
Petrucci inizia presentando Aden, con il quale dichiara di aver vissuto quarant’anni di amicizia: «[…] we gradually reconstructed the steps of his remarkable life. First we did this orally, and then at a certain point we decided to write this long autobiographical story down […]» (Back to Mogadishu, 7). Non specifica, come invece fa nella Nota del curatore in La Somalia non è un’isola dei Caraibi (Diabasis:13) di aver conosciuto Aden a Mogadiscio nel 1970, mentre preparava un reportage per il quotidiano Paese Sera (ora non più pubblicato). In quel periodo Siad Barre era da non molto al potere, e Aden era Ministro della Sanità.
Segue nella Editor’s Note – che ovviamente appare solo nella edizione inglese – una lista dei dati biografici di Aden, dove si enfatizza per prima cosa il fatto che sia venuto in Italia giovanissimo e si sia laureato in medicina prima della Indipendenza della Somalia dall’Inghilterra e dall’Italia, datate rispettivamente 26 giugno e 1 luglio 1960.
Ritornato in Somalia dopo la Laurea e la Specializzazione in Medicina e Chirurgia, Aden diventa parte di un gruppo in qualche modo simpatizzante del Marxismo di allora e legato a Siad Barre – un gruppo che aspira a una modernizzazione del paese in parte epigona dei percorsi intrapresi molti decenni prima da Kemal Ataturk (1881-1938) in Turchia e, in seguito, da Gamal Abdel Nasser (1918-1970) in Egitto.
Petrucci sottolinea come una prima vittoria del nuovo corso sia stata il superamento di una epidemia di colera. Subito dopo ricorda che: «there was the decision to give the Somali language a written form in 1972» (Back to Mogadishu: 8). La questione della lingua somala si rivelerà più complessa del previsto, ma il 1972 è comunque un crinale fondamentale, tra l’altro perché si decide di usare per la scrittura l’alfabeto latino, opportunamente aumentato da digrammi necessari a rappresentare tutti i suoni somali. La terza vittoria è la fondazione nel 1973 di un Politecnico per la formazione di: «doctors, vets, engineers, agronomists, biologists and mathematicians» (Back to Mogadishu: 9).
Petrucci ricorda poi il fervore di modernizzazione sociale del 1974, interrotto dell’arrivo di una siccità violenta e di una conseguente carestia, disastrose per le aspirazioni del paese. Impossibile percorrere qui le vicende degli anni seguenti, ci si limita a ricordare la pesante questione Ogaden e la gestione di Said Barre dei rapporti con l’Etiopia. Il governo di Said Barre si trasforma in regime; Aden subisce sei anni di prigione dal 1983 al 1989, anno in cui «an official ‘ad hoc’ invitation from the government in Rome» (Back to Mogadishu: 11) gli consente di arrivare in Italia, dove poi rimarrà per tutta la sua vita, vivendo e lavorando soprattutto a Torino.
Tra racconto e denuncia: una tormentata auto-biografia
Nel suo primo libro italiano (1991 e 1994) Mohamed Aden inizia il suo racconto con emozione: «Come quasi tutti i dirigenti somali di oggi sono nato in boscaglia» […]. Sono nato vicino a Galcaio nel Mudugh» […]. A quell’epoca […] il nostro villaggio itinerante gravitava intorno a Galladi, cioè oltre l’attuale confine con l’Etiopia» (Arrivederci a Mogadiscio, Edizioni Associate,1991: 15). In La Somalia non è un’isola dei Caraibi si trova in aggiunta l’indicazione specifica del confine con l’Etiopia: proprio la regione dell’Ogaden.
L’edizione inglese, essendo la traduzione di La Somalia non è un’isola dei Caraibi, già in queste prime pagine, pur fornendo le stesse informazioni, si discosta per diversi dettagli dai primi libri – ogni dettaglio è interessante, ma una collazione sarebbe lunghissima, e non modificherebbe la sostanza dei testi.
Oltre tutto, implicherebbe anche qualche aspetto traduttivo. Petrucci si dimostra un curatore molto attento, che segue la traduzione passo per passo, perché in Back to Mogadishu sono corretti anche alcuni refusi di nomi, di persone e luoghi che erano sfuggiti nell’originale italiano.
Ma le avventure delle pubblicazioni e delle traduzioni dell’opera di Mohamed Aden Sheikh non si è fermata. La figlia maggiore di Aden, Kaha Mohamed Aden, desiderosa di far conoscere gli scritti del padre anche in Somalia, si adopera per far tradurre in somalo la traduzione inglese di La Somalia non è un’isola dei Caraibi – non quindi di far tradurre in somalo l’originale italiano, ma di far tradurre in somalo la traduzione inglese dell’originale italiano. Lo studioso somalo Cabdicasiis Guudcadde, costantemente accompagnato dall’attenzione e dalla collaborazione di Kaha, intraprende la traduzione in somalo di Back to Mogadishu, che in somalo suona Waa Inoo Muqdisho, e ha come sottotitolo Xasuusqorka Geeljire Soomaaliyeed – traduce dunque letteralmente il sottotitolo italiano e quello inglese.
Waa Inoo Muqdisho è stato pubblicato nel novembre del 2023, poco prima che Kaha Mohamed Aden morisse, il 12 dicembre dello stesso anno. Ora si trova in Amazon in brossura (momentaneamente non disponibile) e in kindle (disponibile).
La Somalia non è un’isola dei Caraibi e la sua traduzione inglese Back to Mogadishu devono essere letti con attenzione, con apertura mentale e con almeno una conoscenza di base della storia somala. Si capisce perché Petrucci ha voluto chiamare il libro una “autobiografia”, motivando in questo modo un insieme di temi, argomenti, eventi e pensiero; un insieme che prima di tutto si muove in sequenze intermittenti tra Somalia e Italia, e inoltre passa dalla vita quotidiana personale e privata alla storia, dalla politica alla religione, dai sentimenti alla ragione. Aden è colto e intelligente, e rispetto all’Italia, guarda dall’esterno, il che è un elemento per noi di particolare interesse.
Si rivolge all’Italia (e anche a più di qualche somalo) quando parla della Somalia, e alla Somalia e all’Italia insieme quando parla dell’Italia – ma si deve però dire che oggi l’età del lettore, italiano o somalo o variamente anglofono che sia, è una variabile che inevitabilmente influenza la lettura. Ovviamente anche la scolarità del lettore è determinante, anche se è lecito presupporre che chi legga un libro come La Somalia non è un’isola dei Caraibi o Back to Mogadishu possieda una buona scolarità, oltre a un interesse pertinente. Si ricorda ancora una volta che il testo italiano e quello inglese presentano un certo numero di dettagli differenti, sia piccole aggiunte sia piccole soppressioni. Una lettura critica approfondita sarebbe comunque proficua, pensando a come Aden tratta argomenti come Marx, il Comunismo italiano, Présence Africaine, l’università italiana, istruzione e scuola, le prime elezioni somale, il tessuto clanico somalo, la guerra civile; e inoltre: religione, stato, laicità, e, con una certa ampiezza, Islam, tempo e storia.