La didattica a distanza (DAD) ha fatto emergere le differenze, più che costruire inclusione. A sottolinearlo è il Sottosegretario dell’Istruzione Giuseppe De Cristofaro nel recente documento E’ la lingua che ci fa uguali. Note per ripartire senza dimenticare gli alunni stranieri, diffuso dall’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e l’intercultura. Il 33,8% delle famiglie in Italia non è in possesso di un tablet o un pc (Istat 2019). Inoltre il 57% dei minori deve condividere gli strumenti informatici con i familiari, e il 41,9% vivono in condizioni di sovraffollamento abitativo. L’emergenza Covid-19 ha reso sempre più evidenti le diseguaglianze nell’ambito dell’istruzione: molti alunni stranieri nati in Italia, che costituiscono il 10% della popolazione scolastica complessiva secondo il comunicato stampa del Centro Studi e Ricerche IDOS, sono stati penalizzati dal lockdown e dalla chiusura delle scuole.
Alla povertà economica delle famiglie di origine immigrata si accompagna una povertà educativa per mancanza di dispositivi digitali e di una connessione internet adeguata, inoltre le basse competenze linguistiche dei genitori non agevolano il supporto didattico dei figli. Gli alunni stranieri devono affrontare anche il problema della lingua italiana: la scuola è il luogo privilegiato in cui l’esposizione alla seconda lingua è intensa, continuativa e quotidiana, ma se questo percorso è interrotto, si bloccano anche le possibilità di apprendimento, rischiando di regredire in un tempo “senza lingua”, come esplicita Giuseppe De Cristofaro. Per questo motivo, a fronte anche di una riapertura delle scuole a settembre, occorre intervenire con misure compensative a partire dai mesi estivi, promuovendo progetti, laboratori e attività extrascolastiche per agevolare gli alunni stranieri nell’apprendimento linguistico, scolastico e digitale.
La pandemia ha messo in evidenza le debolezze di un sistema scolastico ancora sprovvisto di tutte le risorse organizzative e professionali necessarie. Luca Di Sciullo, presidente del Centro Studi e Ricerche IDOS, attribuisce la responsabilità alla lentezza politica e istituzionale italiana, che ostacola l’integrazione e l’inclusione sociale e culturale.
Occorre, dunque, superare l’illusione di una strategia didattica standardizzata, e quindi l’idea di una “normalità” basata sull’omogeneità di chi apprende, e privilegiare invece una visione di didattica come realtà caratterizzata da un’ampia pluralità di bisogni e necessità individuali. La didattica inclusiva dovrebbe essere intesa come una trasformazione dell’ambiente educativo, che coinvolge e favorisce l’intera comunità scolastica, valorizzando le diversità culturali.
Parole chiave : Centro Studi Idos, COVID-19, Didattica a distanza, didattica inclusiva, Educazione, Lingua italiana, scuola
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Mentre si sta ancora cercando un accordo sulla regolarizzazione ed emersione dei cittadini stranieri lavoratori in Italia, insieme ad altre organizzazioni e professionisti del settore immigrazione e asilo abbiamo sottoscritto un documento congiunto con una presa di posizione sul tema.
250 persone, rappresentanti della diaspora migrante, ricercatrici/ori dell’immigrazione, giornaliste/i, imprenditrici/ori, esperte/i del diritto del lavoro e dell’immigrazione, membri del sindacato, dell’Università, del mondo cooperativo si sono riunite nel Gruppo di Riflessione su Regolarizzazione e Inclusione (GREI-2.5.0). Siamo di fronte a un’emergenza dalla triplice dimensione: sanitaria, sociale ed economica. Ad esempio, numerosi medici dell’Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi) e italiani confermano di ricevere giornalmente domande di aiuto da parte di cittadini irregolari che hanno timore a recarsi in ospedale, a meno che non siano costretti a rivolgersi al pronto soccorso.
La regolarizzazione non è un’opzione, ma una necessità – si afferma nel Position Paper del GREI-2.5.0 – e non può essere limitata alle categorie dell’agricoltura e del lavoro domestico, ma anche ad altri settori come l’artigianato e la logistica, che è irragionevole escludere dal processo di emersione. La regolarizzazione non può essere effettuata sulla base di un permesso di pochi mesi, mentre è necessario che anche gli stranieri lavoratori in possesso di un titolo di soggiorno regolare (ad es. per richiesta d’asilo o ricorso) possano ottenere un permesso di soggiorno per lavoro, accedendo al provvedimento di regolarizzazione.
Il documento propone i termini giuridici che dovrebbero essere applicati, aderendo sostanzialmente alla proposta dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI).
Nell’arco di poche ore, il testo ha raccolto moltissime adesioni di una parte sostanziale della società civile impegnata sul fronte dell’immigrazione.
Leggi il Position Paper completo con firma degli aderenti qui
Leggi il Comunicato Stampa completo qui
Parole chiave : ASGI, GREI-2.5.0, Lavoro
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30 marzo 2020
Diaspora, affetti, fake news e Coronavirus
un articolo di
Nelly Diop per Africa e Mediterraneo
Già in tempi normali, se mi avessero chiesto di immaginare la mia vita senza i mezzi di comunicazione come Skype, Messenger e Whatsapp, non sarei stata capace di farlo.
Proviamo ad immaginarci adesso il lockdown per il coronavirus senza i social! Quando l’epidemia è iniziata in Italia, la diaspora africana ha ricevuto messaggi e telefonate di persone che non si facevano vive da secoli (africane e non), preoccupate per noi. Ogni mattina e ogni sera arrivano messaggi che chiedono come è andata la giornata, danno consigli su quali cibi è meglio comperare per le scorte e raccomandano di rimanere chiusi in casa. L’immediatezza, l’accessibilità e la rapidità delle comunicazioni sono rese possibili dai social. Sono arrivati sia consigli generici su come lavarsi le mani, con che cosa e quante volte, e sull’uso dei dispositivi individuali di sicurezza.
Ma anche ricette fai da te per evitare la malattia, come bere infusi come zenzero e limone, il tè, inalazioni di acqua calda con foglie dell’albero di nime… e preghiere da fare in comune o individualmente, come mi è successo qualche giorno fa.
Io vivo in Italia, ho una sorella in Germania e il resto della famiglia in Senegal. Ci siamo messi d’accordo su giorno e ora, e abbiamo scelto un rosario per pregare per noi stessi e tutta l’umanità, ci siamo dati il via su Whatsapp e abbiamo iniziato a pregare. A fine rosario, ci siamo dati un segnale, sempre su Whatsapp, e poi abbiamo detto i gnane, le preghiere dirette a Dio.
La velocità di trasmissione delle notizie è sempre sorprendente. Venerdì sera mia sorella mi ha mandato un messaggio Whatsapp chiedendomi “Siete a mille?????”, con l’apposito emoticon inorridito. Ho risposto “Non lo so ancora”. Ed era vero, perché solo allora ho acceso la televisione per assicurarmene. C’era il Papa a pregare in piazza San Pietro, vuota e sotto la pioggia: ho dovuto leggere i sottopancia che scorrevano per poter dare una conferma sui morti delle ultime 24 ore. Mi si è stretto il cuore quando mi ha passato mia nipote di sette anni, che mi ha detto: “Lave toi les mains et ne sors pas, parce que le co-ro-na-vi-rus (pronunciato lentamente ma bene) n’est pas bon.”
Da qualche settimana, con il virus Covid-19 che sta facendo il giro del mondo, il moto dell’onda di inquietudine tra Europa e Africa capovolge continuamente la sua direzione. Le famiglie in Africa sono preoccupate e subito, ecco, che sono le diaspore che, a loro volta, sono attaccate ai loro telefonini, angosciati per i loro famigliari in Africa. Una nevrosi di scambi di messaggi, che evidenziano il livello di reciproca ansia e apprensione.
Purtroppo in rete girano anche tante fake news, che, a loro volta sono smentite da altre news o contro-news. C’è n’è una che gira molto in tutti i Paesi africani in francese, inglese o nelle lingue locali, che mette in guardia gli Africani dall’accettare qualunque tipo di vaccino dall’Occidente.
L’angoscia della nostra impotenza, rivelataci da questo virus, spinge qualcuno a far circolare in rete dei proverbi, nell’intento di far riflettere, come, per esempio: “La morte è un abito che ogni essere umano porterà”. A questo signore mi sono sentita di rispondere con un altro proverbio: “Qualunque sia la durata della notte, il giorno arriva sempre.”
Meno male che l’essere umano è a volte resiliente e anche un po’ incosciente. Quell’incoscienza che porta un granello di leggerezza: circolano video (non solo in Africa) che ringraziano il “confinement”, la quarantena, perché i mariti ritornano a casa in un orario decente e giocano con i figli.
Altri video fanno capire quanto mantenere la distanza di sicurezza sia difficile in un continente dove si vive in molti in case piccole, dove si mangia tutti intorno allo stesso piatto; un video mostra persone che, con cucchiai lunghissimi, si servono da un piatto messo al centro della stanza; un altro video chiede a alcuni genitori, che evidentemente amano inventare nomi originali, di non chiamare le figlie nate quest’anno Coronatou…
Ogni sorriso che ci strappano nasconde in realtà tutta la paura che proviamo in questo momento di totale vulnerabilità.
Parole chiave : Coronavirus, COVID-19, Diaspora africana
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Il 25 abbiamo presentato nella sede della Città metropolitana di Bologna il Dossier statistico immigrazione IDOS/Confronti, il rapporto socio-statistico che ogni anno presenta e analizza il panorama migratorio europeo, italiano e regionale. Da anni Africa e Mediterraneo è focal point regionale del Dossier, che in contemporanea è stato presentato a Roma e in tutte le regioni e provincie autonome, contribuiamo alla sua diffusione, e anche alla redazione del capitolo regionale.
Dopo i saluti di Mariaraffaella Ferri, Consigliera delegata allo Sviluppo sociale della Città metropolitana di Bologna; Marco Lombardo, Assessore Lavoro, Relazioni europee e internazionali del Comune di Bologna, e Guido Armellini, della Chiesa metodista di Bologna e Modena, sono stati esposti i dati sulla migrazione in Emilia Romagna e a Bologna.
Valerio Vanelli dell’Osservatorio regionale sul fenomeno migratorio ha presentato un resoconto sulle dinamiche demografiche in Emilia Romagna, dove i residenti stranieri al 31 dicembre 2018 erano 551.222, pari al 12,3% della popolazione complessiva con un incremento di 11.563 unità (+2,2%) rispetto al 2017. Le province con maggiore presenza percentuale di stranieri sono: Piacenza (14,7%), Parma (14,2%), Modena (13,2%) e Reggio Emilia (12,3%). Le nazionalità più rappresentate sono: Romania (17,2%), Marocco (11,2%), Albania (10,6%), Ucraina (6,0%), Cina (5,5%), Moldova (5,1%) e Pakistan (4,1%). I bambini nati da almeno un genitore straniero sono il 24,3% del totale, segno di una presenza stabile e strutturale, come i permessi di soggiorno di lungo periodo (oltre 5 anni di residenza) che sono il 66,7% del totale.
Andrea Stuppini, membro della redazione del Dossier, ha fatto il punto sul tema “immigrati e mercato del lavoro in Emilia Romagna”. Nella nostra regione gli occupati stranieri sono 251.462, pari al 12,5% del totale. In calo di 4.500 unità rispetto al 2017. Il 5,3% è occupato nell’agricoltura, il 32,4% nell’industria e il 62,4% nel terziario. Le retribuzioni rilevate dall’ISTAT in Emilia-Romagna corrispondono a 1.441 euro netti mensili per gli italiani e 1.097 euro per gli stranieri. Lo scarto del 23,9% dipende dalle diverse mansioni svolte e dalla minore anzianità. Le imprese con titolare straniero sono 53.046 pari all’11,7% del totale (+2,8%) rispetto al 2017. Le rimesse degli immigrati in Emilia-Romagna sono pari a 572 milioni di euro. Importanti anche le ricadute fiscali: il gettito dei duecentocinquantamila lavoratori stranieri ammonta a 1,3 miliardi di euro. I contributi previdenziali versati a 1,4 miliardi di euro.
Infine, un focus sul territorio metropolitano di Bologna è stato offerto da Angelo Stanghellini, direttore di ASP Città di Bologna. Nel territorio al 30/06/2019 i beneficiari del progetto SPRAR/Siproimi sono 1179 di cui 37 donne singole 586 uomini singoli, 3 transgender, 63 nuclei monoparentali, 245 nuclei familiari, 51 vulnerabili, 194 MSNA. Nell’area della Città Metropolitana di Bologna sono attualmente disponibili un totale di 2.090 posti suddivisi nei diversi distretti: 919 posti nel distretto Bologna città, 340 nel distretto Pianura Est, 172 nel distretto Reno – Lavino – Samoggia, 119 nel distretto Pianura Ovest, 166 nel distretto San Lazzato di Savena, 183 nel distretto Appennino Bolognese, 191 nel distretto Imola.
Nel volume presentato, si possono trovare tanti preziosi dati nazionali e regionali, nonché approfondite analisi tematiche.
Per info: https://www.dossierimmigrazione.it/
Parole chiave : Centro Studi Idos, Dossier statistico immigrazione
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14 ottobre 2019
#iosonopescatore, a Lampedusa la legge dell’umanità
Era la notte del 3 ottobre di sei anni fa, di giovedì, quando 368 persone per lo più eritree e somale morirono a mezzo miglio dalle coste di Lampedusa. Una tragedia divampata nel giro di pochi secondi che ha costretto il mondo a prendere coscienza della drammaticità di un fenomeno migratorio che le sponde dell’isola conoscevano già da anni. Il barcone ospitava oltre 500 persone: 155 di queste furono salvate, ma almeno 368 morirono tra le fiamme propagate da una coperta incendiata per segnalare la propria posizione o annegate in mezzo al Mediterraneo, di fronte al porto di Lampedusa.
I primi a intervenire sul posto furono degli isolani, tra cui Vito Fiorino, Domenico Colapinto e Costantino Baratta, allertati dal vuciare dei gabbiani. «Non c’era tempo da perdere, mentre i miei amici chiamavano la Guardia Costiera, io lanciavo salvagenti, un altro si è tuffato, le mani e le braccia intrise di nafta che cercavano di aggrapparsi alle nostre», racconta Vito. «Ragazzi che urlavano, braccia alzate, volti che supplicavano aiuto, chi si aggrappava a una bottiglia o a qualsiasi pezzo di legno galleggiante. Li ho presi dalla cintura come se fossero sacchi di patate. Erano sconvolti e alcuni si vergognavano perché erano nudi. Domenico Colapinto e i suoi fratelli continuavano senza sosta a tirar su i corpi», aggiunge Costantino che con Vito non si era mai incrociato prima di allora.
A distanza di sei anni, grazie alla perseveranza di Vito e alla collaborazione del Comune di Lampedusa e Linosa – capofila del progetto Snapshots from the Borders –, finalmente i nomi di quelle persone sono stati impressi su una scultura posta in una piazza di Lampedusa. Alle 3:30 del 3 ottobre di quest’anno, per restituire la dignità della memoria a chi non è sopravvissuto, è stato inaugurato il memoriale, assieme al murales dipinto da Neve con la riproduzione della corona lanciata in mare da papa Francesco nel 2013 a ricordo dei morti nelle traversate. Al suo fianco, commossi, alcuni dei sopravvissuti che ogni anno dopo quella terribile notte tornano a Lampedusa da Vito, Costantino e Domenico per riabbracciarsi e ricordare i loro fratelli morti in modo così tragico. Una cerimonia semplice, essenziale nel buio della notte: qualche minuto dopo l’inizio, il silenzio è stato interrotto dal frusciare dell’alta palma della piazza, scossa da un forte vento improvvisamente arrivato dal mare.
Alle otto del mattino si sono dati appuntamento sulla piazza di Lampedusa, che è la finestra d’Europa – come ha sostenuto il sindaco Martello –, centinaia di studenti di tutta Italia ed Europa coinvolti dal Comitato 3 ottobre e dal Comune di Lampedusa e Linosa in collaborazione con il MIUR in un percorso di sensibilizzazione sui temi dell’integrazione e dell’accoglienza. La marcia verso la Porta d’Europa, sotto lo slogan “Siamo sulla stessa barca”, ha visto protagonisti gli studenti, i sopravvissuti, i testimoni della strage, gli isolani e le associazioni coinvolte nei percorsi di accoglienza e integrazione.
Nello stesso giorno, nelle capitali dei 28 Paesi d’Europa i partner di Snapshots from the Borders realizzavano eventi dedicati alla migrazione, tra cui l’inaugurazione di una riproduzione della Porta d’Europa simbolo di Lampedusa sotto la porta di Brandeburgo a Berlino.
Africa e Mediterraneo, al fianco del Comune di Lampedusa e Linosa, ha sfilato con la maglia simbolo di questo 3 ottobre: #Iosonopescatore. Uno slogan lanciato dal sindaco Martello e diffuso dal progetto per rivendicare la legge del mare, che è poi la legge dell’umanità, contro qualsiasi forma di disumanità e contro chi vorrebbe impedire i soccorsi in mare. Perché la vita è una priorità e perché i pescatori salvano vite, la politica arriva dopo.
Parole chiave : #iosonopescatore, 3 ottobre, Costantino Baratta, Domenico Colapinto, Lampedusa, Snapshots from the Borders, Vito Fiorino
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Si chiama Tracce Migranti. Nuovi paesaggi umani il libro collettivo curato da Maurizio Masotti, che raccoglie testi e fotografie sui movimenti migratori a partire dal 1998 nella provincia di Ravenna, ma anche sui passaggi di migliaia di persone attorno a Ventimiglia verso la Francia, e gli accampamenti dei lavoratori stranieri in Calabria. I testi sono di Carla Babini, Francesco Bernabini, Marina Mannucci, Maurizio Masotti e Paolo Montanari, mentre le fotografie sono del fotografo ravennate Luca Gambi e del reporter Luciano Nadalini, fotografo della cronaca bolognese e di complesse situazioni sociali in Palestina, nei Balcani, nei Paesi Baschi (Spagna), in Medio Oriente, in Africa, in Centro America.
Si inaugurerà una mostra fotografica di questo progetto mercoledì 15 maggio 2019 alle 18.30 al Palazzo Rasponi (via D’Azeglio 2) a Ravenna all’interno del Festival delle Culture, e sarà possibile visitarla fino al 26 maggio. Un appuntamento di confronto sul tema dell’immigrazione, attraverso una selezione delle immagini che si trovano nel volume, e che raccontano modelli di integrazione e inclusione sociale sulla base di esperienze e testimonianze.
Ad esempio, Marina Mannucci testimonia un’interessante esperienza didattica che ha coinvolto un gruppo di bambine e bambini rom al Centro Quake di Ravenna, e che l’ha portata a una riflessione sul ruolo della scuola nell’integrazione delle famiglie immigrate e sulla necessità di ripensare la pratica didattica in nome del pluralismo interculturale. Luca Gambi, invece, riporta alcune fotografie scattate tra giugno e luglio 2018 in un luogo emblematico come la baraccopoli di San Ferdinando (Calabria), dove viveva Soumaila Sacko, il giovane sindacalista del Mali ucciso il 2 giugno. Una sezione iniziale del libro presenta invece le foto di alcuni bambini scattate da Luciano Nadalini alla scuola elementare Iqbal Masih a Lido Adriano. Queste foto fanno parte di un suo progetto del 2000 intitolato Ravenna – immigrazione: un mondo a parte?, che esplora i luoghi di vita, di studio, di lavoro e cultura delle varie comunità immigrate nella provincia romagnola.
Tracce migranti è, quindi, un tentativo di analizzare i profondi mutamenti avvenuti negli anni nella società, con particolare riferimento alla scuola e al mondo del lavoro, e con uno sguardo alle nuove generazioni che aspettano di essere inserite pienamente nel tessuto sociale del nostro Paese, in un contesto politico spesso ostile.
Libro e fotografie saranno protagonisti dello spazio espositivo Pr2 al Palazzo Rasponi, e i proventi della vendita del libro andranno a sostenere sia UNHCR sia l’Onlus ravennate che opera in Senegal Amici di Lourène.
Parole chiave : Festival delle Culture, fotografia, Immigrazione, Luca Gambi, Luciano Nadalini, Paesaggi umani, Ravenna
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«Signori, membri e responsabili dell’Europa, è alla vostra solidarietà e gentilezza che noi gridiamo aiuto in Africa. […] A livello dei problemi abbiamo: la guerra, la malattia, il cibo etc.; quanto ai diritti dei bambini in Africa, e soprattutto in Guinea, abbiamo molte scuole con una grande mancanza di istruzione […]».
Alla fine del luglio del 1999 due adolescenti africani della Guinea, partirono alla volta di Bruxelles, imbarcandosi clandestinamente nel vano carrello di un aereo per raggiungere l’Europa. Volevano chiedere ai «Signori d’Europa» una scuola e la possibilità di «lottare contro la povertà e mettere fine alla guerra in Africa». Sono stati ritrovati morti assiderati all’aeroporto di Bruxelles. Prima di partire avevano scritto una lettera a nome di tutti i bambini del Sud del mondo, che si vedono negati i diritti fondamentali. Questa lettera, e la tragica vicenda dei due ragazzi che la scrissero, colpì moltissimo l’opinione pubblica, sia come grave atto di accusa per il Nord del mondo, ma anche come simbolo delle iniziative e speranze dei giovani del Sud bloccati dalle disuguaglianze. La loro storia, ad esempio, ha ispirato il fumetto L’Ile aux oiseaux del disegnatore congolese Hissa Nsoli e dello sceneggiatore Patrick De Meersman, edito da Lai-momo/Africa e Mediterraneo nel 2005.
Migliaia di ragazze e ragazzi si sono riconosciuti nel movimento Fatti sentire, nato dal film Il sole dentro (2012) e promosso dall’Alveare Cinema, la casa di produzione cinematografica che ha riportato alla luce la storia di Yaguine e Fodè.
A distanza di vent’anni, lo scrittore Marco Sonseri e l’illustratore Rosario Riginella pubblicano il libro Yaguine e Fodè, Storia di una speranza (Buk Buk Editore, 2018) con una prefazione di Alex Zanotelli, il quale scrive che oggi si è arrivati al trionfo della «globalizzazione dell’indifferenza». Per reagire a questa indifferenza è necessario, quindi, riportare alla memoria storie realmente accadute, come quella di Yaguine e Fodè. Dentro il racconto dei due ragazzi c’è anche la forza di non arrendersi a un presente difficile e la fiducia piena nelle persone, nei genitori, nella maestra, nei libri, nelle istituzioni: c’è speranza e c’è spazio per il sogno. Come il sogno di Yaguine, nel libro di Sonseri e Riginella, che una notte sentì la madre Africa dire:
«Ricordati che la Terra è dei sognatori, Yaguine. Nei loro occhi non c’è il superfluo. Vedono le cose per ciò che dovrebbero essere. Senti i tamburi, sentili bene. È il cuore del mondo che batte».
È una storia potente, dove parole poetiche e colori caldi si mescolano per offrire una visione positiva dell’Africa, che non dimentica i drammi umani e pensa alle possibilità di un mondo migliore. Lo sguardo puro e autentico di Yaguine e Fodè, uniti da una profonda amicizia, è scevro da ogni ideologia politica, e vuole soltanto trovare gli strumenti utili per cambiare la realtà. È un libro che a tratti ricorda il capolavoro de Il piccolo principe dello scrittore francese Antoine de Saint-Exupéry perché affronta gli stessi temi come il senso della vita, dell’amore e dell’amicizia dal punto di vista di un bambino, che è uno sguardo, appunto, semplice e disarmante, eppure in grado di interrogarsi su valori essenziali eppure «invisibili agli occhi».
Parole chiave : Alex Zanotelli, Guinea, Hissa Nsoli, Il piccolo principe, Marco Sonseri, Patrick De Meersman, Rosario Riginella
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Ancora terre straniere
forse ci accoglieranno; smarriremo
la memoria del sole […]
(Eugenio Montale, da Mediterraneo, 1924)
I minori stranieri non accompagnati (MSNA) costituiscono una parte sempre più importante dei movimenti migratori, e la loro presenza sul nostro territorio nazionale ha preso consistenza a partire dagli anni Novanta. Tale fenomeno non è nuovo, ma sta assumendo dimensioni e caratteristiche rilevanti: si tratta di bambini e adolescenti che, nel tentativo di ricongiungersi ai propri famigliari o conoscenti in altri Paesi europei, privati della possibilità di percorrere vie sicure e legali, sono fortemente esposti a gravissimi rischi di abusi e sfruttamento a fini sessuali e lavorativi.
Per questo motivo, al Parlamento Europeo di Bruxelles è stata ospitata dal 25 febbraio al 1 marzo 2019 la mostra Fra gli ultimi del mondo, dove sono stati esposti otto racconti grafici su questo tema. Le opere sono state realizzate da giovani artisti con meno di 25 anni, e sono le finaliste del concorso letterario Fra gli ultimi del mondo 2018, spin-off della Sezione Mediterraneo del Premio Montale Fuori di Casa; le otto tavole sono state raccolte in un graphic novel pubblicato dalla casa editrice Töpffer.
L’europarlamentare ligure Brando Benifei ha dichiarato di aver voluto «con forza che queste opere fossero esposte all’Europarlamento per accendere una luce su un dramma su cui è fondamentale agire a livello europeo (…) Parliamo di bambine e bambini esposti al reclutamento della criminalità e oggetti di traffici di ogni genere. Mantenere vive l’attenzione e la pressione sul problema, anche con iniziative di carattere artistico come questa, è assolutamente necessario». Nell’ambito di questa iniziativa, martedì 26 febbraio, si è tenuta, nella sede della mostra a Bruxelles, una conferenza sulle politiche europee che affrontano queste tematiche, alla quale hanno partecipato le eurodeputate Silvia Costa e Caterina Chinnici, Francesca Lazzaroni dell’UNICEF, l’artista ideatore e curatore della mostra Beppe Mecconi, e infine il presidente della giuria del concorso Paolo Stefanini.
L’arte, nelle sue forme differenti e plurali, ha un ruolo significativo dal punto di vista sociale e culturale, e diventa un mezzo per raccontare eventi storici fondamentali come le migrazioni. L’intento della mostra Fra gli ultimi del mondo è, infatti, quello di accompagnare lo spettatore a conoscere e a riflettere su problematiche attuali, come, appunto, la situazione dei minori stranieri non accompagnati facilmente esposti a traumi e violenze.
Parole chiave : Brando Benifei, Bruxelles, Fra gli ultimi del mondo, Mostra, MSNA, Premio Montale Fuori di Casa
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25 gennaio 2019
Emilia Romagna. Imprese e imprenditori migranti
Cresce il numero di imprenditori immigrati in Italia: a rivelarlo è il quinto Rapporto Immigrazione e Imprenditoria curato dal Centro Studi IDOS, che ha analizzato l’andamento in tutto il Paese. Sono state inoltre realizzate delle schede per osservare le caratteristiche che il fenomeno assume in ciascuna Regione e Provincia Autonoma. La redazione di queste schede rientra nella campagna di informazione promossa nell’ambito di “Voci di confine”, progetto cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la cooperazione allo sviluppo, con capofila Amref e con il Centro Studi e Ricerche IDOS partner insieme a una rete di ulteriori enti e associazioni, tra le quali Africa e Mediterraneo.
I dati presentati nella scheda informativa relativa all’Emilia Romagna rivelano un tessuto economico in continua espansione: è una delle regioni con la più alta presenza di imprese con titolari di origine straniera (8,8% del totale). I dati osservano la prevalenza di imprenditori originari della Cina (12,0%), del Marocco (12,0%) e dell’Albania (11,5%). I principali poli di concentrazione sono le Province di Bologna (20,4%), Reggio Emilia (16,6%) e Modena (15,5%). I settori principali del lavoro imprenditoriale sono l’edilizia, il commercio e la manifattura.
Riportiamo qui di seguito tutti i dati dell’Emilia Romagna:
Sono quasi 52mila le attività di stampo imprenditoriale gestite da lavoratori di origine immigrata in Emilia Romagna, un numero in continuo aumento, pari a 1/9 di tutte le imprese registrate all’inizio del 2018 nelle Camere di Commercio locali (11,3%), una delle incidenze più elevate tra le Regioni italiane. Lo stesso valore si attesta infatti al 9,6% a livello nazionale e al 10,3% nell’intero Nord Est, dove nell’insieme operano quasi 120mila imprese condotte da immigrati, un quinto (20,4%) di tutte quelle conteggiate nel Paese (587mila).
In tutto il Nord Est, l’Emilia Romagna ne raccoglie la quota più elevata (quasi i due quinti 43,1%), distinguendosi anche sul piano nazionale come una delle regioni con la più alta presenza di imprese e imprenditori di origine straniera (8,8% del totale), preceduta solo da Lombardia, Lazio e Toscana.
Come a dire che la tradizionale diffusione nel contesto economico-produttivo locale dell’auto-impiego e dell’auto-imprenditorialità ha funzionato (e continua a funzionare) come un fattore di stimolo anche per i percorsi di inserimento dei lavoratori immigrati, che – anche in tempi di crisi – guardano al lavoro autonomo come a una possibilità di riscatto, contribuendo così a bilanciare il problematico andamento generale. Nel corso degli ultimi cinque anni (2012-2017), le imprese emiliano-romagnole gestite da lavoratori nati all’estero sono aumentate di oltre un ottavo (+13,2%), e del 2,7% solo nell’ultimo anno, mentre tra le restanti aziende, condotte da lavoratori autoctoni, si è registrato un calo del 4,3%, e dell’1,1% nel 2017.
In circa 3 casi su 4 si tratta di imprese a carattere individuale. I dati di Infocamere attestano infatti la presenza di quasi 462mila immigrati titolari di ditte individuali in tutta la regione, donne per oltre un quinto (22,5%). Guardando al dettaglio dei Paesi di origine, i dati attestano la prevalenza di lavoratori originari dalla Cina (12,0%), dal Marocco (12,0%) e dall’Albania (11,5%), tre collettività che da sole raccolgono oltre un terzo di tutti i piccoli imprenditori registrati in Regione. Segue con una quota simile la Romania (10,3%) e, quindi, la Tunisia (6,9%) e il Pakistan (4,6%), considerando i quali si arriva a coprire quasi il 60% del totale.
La distribuzione sul territorio regionale evidenzia come principali poli di concentrazione le Province di Bologna (20,4%), Reggio Emilia (16,6%) e Modena (15,3%). A seguire Parma (9,9%) e Ravenna (9,3%), Rimini (8,4%) e Forlì-Cesena (7,4%), Piacenza (6,7%) e Ferrara (6,0%).
A livello regionale prevale, seppure di misura, l’inserimento nell’industria (49,2% vs il 32,8% calcolato a livello nazionale), mentre i servizi si attestano al 47,1% e l’agricoltura all’1,5%. Il dettaglio delle singole province e dei diversi comparti di attività rivela l’influenza dei tessuti economico-produttivi locali (anche) sull’imprenditorialità degli immigrati, attestando di riflesso anche la loro capacità di leggere ed adattarsi ai sistemi socio-economici di riferimento. Così l’industria arriva a raccogliere oltre i due terzi degli immigrati titolari di una ditta individuale a Reggio Emilia (68,1%) e oltre la metà a Piacenza (53,1%), Modena (51,4%) e Parma (50,5%); il terziario prevale a Bologna (57,0%), Ferrara (56,6%), Rimini (56,3%) e Ravenna (51,0%); l’agricoltura è relativamente più diffusa tra i piccoli imprenditori immigrati nel parmense (2,8% del totale).
In tutti i casi a trainare l’inserimento nel settore primario è l’edilizia (39,1% sul piano regionale e 53,1% a Reggio Emilia), seguita dalla manifattura (10,1% in Emilia Romagna e 17,5% a Modena), mentre nei servizi si evidenzia il protagonismo del commercio (25,5% a livello regionale e 36,1% a Rimini), seguito dalle attività di alloggio e ristorazione (7,1% in regione e 10,1 a Ferrara).
Parole chiave : Centro di ricerca IDOS, emilia romagna, Imprenditoria, Rapporto Immigrazione e Imprenditoria, Voci di confine
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11 dicembre 2018
Migranti. Africa e Mediterraneo con Lampedusa al Forum di Marrakech
“I territori di frontiera hanno esigenze particolari rispetto agli altri, vivono una condizione di continua emergenza anche quando i riflettori dei mass media sono spenti. Servono misure rivolte a chi ‘sbarca’, ma anche a chi ‘accoglie’.”
Il punto di vista dei territori di confine è stato portato da Totò Martello, Sindaco di Lampedusa e Linosa, alla Migration Week su migrazione e sviluppo, che si è conclusa ieri a Marrakech con la firma del “Global Compact for a Safe, Orderly and Regular Migration”.
Sandra Federici, direttrice di Africa e Mediterraneo, era presente nella delegazione del Comune di Lampedusa, portando alla Migration Week l’iniziativa “Voci di Confine”, realizzata insieme ad Amref-Italia (che ha contributo attivamente all’organizzazione della missione), Lampedusa e a tante altre organizzazioni italiane, nonché il progetto europeo “Snapshots from the Borders”, che vede proprio il Comune di Lampedusa come capofila di più di 30 partner di 14 paesi impegnati sul fronte della migrazione.
Invitato a partecipare ai lavori del 5° Forum dei Sindaci sulla Migrazione, Martello è stato l’unico sindaco italiano a intervenire, assieme a rappresentanti di città come Kampala, Montreal, Marrakech, Chicago, Freetown, Bristol. Si è discusso della necessità per i decisori locali di avere a disposizione dati, risorse specifiche e formazione, per proseguire nella lotta contro la paura e la xenofobia, la mancata integrazione lavorativa dei migranti, l’esclusione dei rifugiati che, è stato notato, a livello globale vivono per i 2/3 in zone urbane.
Grande l’emozione suscitata dal discorso del Sindaco Martello, cominciato con il ricordo del naufragio del 3 ottobre 2013, a sottolineare l’importanza della memoria per guardare al futuro, e conclusosi con una richiesta di sostegno alla battaglia di Lampedusa e del Comitato 3 ottobre a far sì che questo giorno diventi “Giornata Europea della Memoria e dell’Accoglienza”. Martello ha espresso anche la preoccupazione per la compressione dello SPRAR e il mancato riconoscimento da parte del governo degli esempi virtuosi di accoglienza offerti da tanti comuni “in prima linea”.
Nella sessione di chiusura, molti relatori hanno sottolineato il valore simbolico e concreto dell’esperienza di Lampedusa, come Jean Pierre Elong Mbassi, Segretario generale dell’UCLG, United Cities and Local Governments of Africa, che ha sottolineato con emozione che i Lampedusani si sono occupati del riconoscimento dei cadaveri per permettere l’invio di notizie ai famigliari rimasti nei villaggi e nelle città di origine, preservando così nel modo più alto i doveri di solidarietà e rispetto della dignità umana.
“È stata un’occasione preziosa per scambiarsi idee e buone pratiche – ha affermato Sandra Federici – non soltanto tra organizzazioni del Nord, ma soprattutto con le città del Sud, in particolare africane, nelle quali l’accoglienza e l’integrazione dei migranti, in un mondo in costante movimento, sono da tempo attività cruciali della gestione politica e amministrativa.”