Lampedusa si è riempita anche quest’anno di studenti e studentesse provenienti da diverse regioni d’Italia, per ricordare il naufragio del 2013 in cui morirono 368 persone.
Il programma messo in campo dall’associazione Comitato 3 ottobre è stato particolarmente ricco, con diversi incontri, concerti, un commovente spettacolo teatrale con Yong Di Wang, attore di origine cinese non vedente e Amadou Diouf un giovane senegalese sordo arrivato solo un anno prima a Lampedusa (a cura di Raizes teatro di Alessandro Ienzi) e un musical realizzato dagli studenti del Liceo coreutico-musicale di Pesaro, ispirato al libro di Enaiatollah Akbari e Fabio Geda, “Nel mare ci sono i coccodrilli”, che narra il drammatico percorso migratorio di un bambino afghano fuggito al regime dei Talebani.
Gli spettacoli e gli incontri si sono tenuti nella centrale via Roma, accanto al museo archeologico, e sono stati sempre molto partecipati.
Quest’anno è stato organizzato dall’amministrazione comunale anche un cartellone parallelo che ha voluto colmare una certa frattura tra le celebrazioni ufficiali, che coinvolgono soprattutto personalità politiche e del mondo associativo nazionale e internazionale, e la cittadinanza di Lampedusa, che le percepisce a volte come un “festival arrivato dall’esterno”. Il 2 ottobre le realtà culturali e sociali dell’Isola coinvolte hanno aperto le loro porte in piccole iniziative di dialogo e racconto, e il 3 si è proseguito con alcuni momenti molto intensi. Innanzitutto, la veglia silenziosa con i sopravvissuti e i parenti alle 3:20 del mattino, ora in cui la grande barca colma di 500 persone si ribaltò 11 anni fa.
Questo commovente incontro si svolge dal 2019 ogni anno attorno al memoriale con i nomi delle persone morte realizzato da Vito Fiorino, il “pescatore” che con 7 amici e amiche dette l’allarme e quella notte salvò sulla sua piccola barca 47 persone. Alle 18 si è svolta una cerimonia interreligiosa in chiesa e alle 19 l’inaugurazione del Giardino dei Giusti, realizzato dall’amministrazione grazie a un progetto FAMI, e patrocinato da Fondazione Gariwo.
I primi Giusti di Lampedusa riconosciuti dai grandi ulivi, piantati in un’area riqualificata accanto al Museo Archeologico delle Pelagie affacciata sul Porto Nuovo, sono I pescatori di Lampedusa, rappresentanti di una comunità che nel corso degli anni ha salvato centinaia di vite in mare, e Alexander Langer, politico e attivista che ha dedicato la sua vita alla pace e al dialogo tra culture. “Questi pescatori, soccorrendo delle persone in mare, non hanno solo salvato delle vite umane, hanno scosso le coscienze dell’Europa. E questo Giardino dei Giusti a loro dedicato vuole insegnare che tutti siamo chiamati a prenderci delle responsabilità”, ha detto Gabriele Nissim, presidente della Fondazione Gariwo. Oltre a Vito Fiorino sono intervenuti i pescatori Pietro Riso (“È un istinto naturale che mettiamo in campo, perché, noi diciamo che in mare non ci sono taverne, bisogna far salire chiunque sia in difficoltà. Ma questo è un fenomeno che perdura dagli anni 90.”) ed Enzo Partinico (“un giorno del del 2021, erano le 5 di mattina e si è avvicinata una barchetta. In quel momento, la prima cosa a cui si pensa è solo di salvarle, e come fare a mettere queste persone sulla barca, ma è difficilissimo… li guardavo negli occhi e pensavo al loro padre e alla loro madre… c’era uno che contava le persone: erano 24”) e Alexander, un giovane eritreo salvato la notte del 2013 che ora vive in Olanda.
La serata è proseguita con il musical “Sotto lo stesso cielo”, interpretato da studentesse e studenti della Compagnia del Kintsugi del Liceo di Pesaro, ispirato alla vicenda del naufragio come raccontata dai superstiti e dal gruppo di 8 persone che dettero l’allarme e quella notte salvarono sulla loro piccola barca 47 persone. Al termine si è svolta la proiezione del documentario “A Nord di Lampedusa”, diretto da Davide Demichelis e Alessandro Rocca, che sono andati a vedere come vivono alcune persone sopravvissute al naufragio del 3 ottobre nelle loro vite attuali in Olanda, Svezia e Norvegia, e come non si è mai interrotto il rapporto con i pescatori che li hanno salvati, tra questi Vito Fiorino.
Queste iniziative hanno forse riallacciato un legame e coinvolto le persone che nell’isola vivono, e che hanno vissuto in ottobre 2013 un trauma terribile che non è ancora passato, e dato spazio alla voce di questo piccolo territorio che all’estremo sud dell’Italia continua a essere il luogo di approdo di centinaia di persone. In questi giorni, tra l’altro, non sono mancati approdi e salvataggi di barche di migranti, e il 3 ottobre nell’hotspot di contrada Imbriacola, nonostante i continui trasferimenti, erano accolte 732 persone.
Parole chiave : 3 ottobre, accoglienza, Comune di Lampedusa e Linosa, Lampedusa, Memoriale 3 ottobre, naufragio 2013, pescatori
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Le celebrazioni del 3 ottobre, Giornata della memoria dei morti dell’immigrazione, quest’anno a Lampedusa sono state particolarmente ricche e partecipate, essendo il decennale del terribile naufragio in cui morirono 368 persone.
Erano presenti associazioni, istituzioni internazionali, scolaresche, singole persone, tanti superstiti e famigliari delle vittime, davvero numerosi quest’anno, invitati dal Comitato Tre Ottobre.
Si è cominciato alle 3,15 del mattino con la commemorazione al memoriale “Nuova Speranza” che riporta i nomi delle vittime, arricchito da un nuovo murales dell’artista Neve: erano presenti moltissime persone, un momento di forte commozione.
Dalle 9, una grande folla si è radunata in Via Roma e si è incamminata verso la Porta d’Europa, dove, dopo i discorsi istituzionali, le vittime sono state ricordate con preghiere di diverse religioni, canti, e la lettura dell’elenco dei nomi. Elenco ricostruito dai superstiti su stimolo di Vito Fiorino, che quella mattina si trovava in mare a pescare con alcuni amici e diede l’allarme, salvando sulla propria barca 47 persone.
Ma queste giornate sono state animate da altri incontri, reading, spettacoli teatrali, facendo dell’isola delle Pelagie un crocevia di iniziative ed energie attive per nuove narrazioni e per chiedere l’apertura di percorsi legali, unica via per fermare la migrazione irregolare e pericolosa.
Il 2 ottobre, un convegno ha riunito i membri del BTIN, Border Towns and Islands Network, una rete di luoghi di confine attivata qualche anno fa per iniziativa del Comune di Lampedusa, che fa dialogare autorità locali e ONG coinvolte nell’accoglienza.
“Il dialogo fra noi può aiutarci a far capire alle istituzioni europee”, ha affermato il sindaco Mannino aprendo il convegno, “che c’è un problema non più rimandabile, che la politica internazionale fa finta di non vedere. Ma poi la storia ci presenta il conto, perché qualche giorno fa qui sono arrivate in poche ore più di 10.000 persone e celebreremo tra poco il 10° anniversario del naufragio del 3 ottobre.”
Il professor Michele Bruni, economista membro del Centro di analisi delle politiche pubbliche presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, ha proposto di vedere la migrazione secondo una teoria non emergenziale, osservando il fenomeno attraverso dati economici e demografici. Questi ci dicono che dal 2020 al 2050 ci sarà un calo di 12.468.000 persone nella “working age” in Italia, mentre in Europa27 il calo sarà di 64.484.000 individui. Per contro, In Africa la popolazione in età da lavoro crescerà di 806.574.000, ma i posti di lavoro che saranno creati saranno solo 524.273.000. Quindi le persone si sposteranno nel corso degli anni dove ci saranno i posti e mancheranno i lavoratori.
Luca Di Sciullo, presidente di IDOS (Dossier Statistico Immigrazione), ha spiegato negli ultimi 25 anni la narrazione sulla migrazione in Italia è stata basata sulla paura, con la quale alcuni partiti hanno costruito i loro successi elettorali. Una visione che ha intossicato le coscienze attraverso la propaganda, riducendo la capacità di solidarizzare, e facendo provare paura, sospetto, inimicizia, repulsione, anche odio. “Se nel 1989”, ha affermato Di Sciullo, “l’omicidio del sudafricano Jerry Masslo che lavorava vicino a Caserta causò le più grandi manifestazioni antirazziste in Italia e la promulgazione della legge che regolava un vuoto normativo, oggi quante migliaia di Jerry Masslo muoiono in Italia, nel mare, suicidi nelle carceri, nei campi? E qual è il sentimento? Non ci importa, sentiamo come un senso di noia, assuefazione, fastidio. Quasi tutte le leggi sulla migrazione sono state fatte da partiti xenofobi al governo, e anche quando governava l’altra parte, che dovrebbe avere più rispetto per i diritti delle persone migranti, per la paura di diventare impopolare ha evitato di cambiare le leggi, o ha perseguito politiche identiche a quelle della destra. Possiamo dire che l’approccio alla migrazione è il vero pensiero bipartisan in Italia.”
Fatima Fernandez, dell’UCLG (United Cities and Local Governements), ha ripercorso il cammino di Lampedusa in questa unione di città e il suo ruolo nel promuovere la migrazione come tema principale in agenda, a partire dalla prima partecipazione dell’allora sindaco Martello al Mayor Migration Council a Marrakech nel 2018 fino alla Carta di Lampedusa, approvata nell’ultimo congresso mondiale. Esso è un documento politico ma anche un piano di lavoro e contiene diversi principi con azioni collegate: il primo principio è la dignità, con l’assistenza umanitaria e la protezione dei diritti umani; il secondo l’equità, con l’uguale trattamento dei lavoratori; il terzo il riconoscimento: della cittadinanza, di percorsi regolari (sempre più le città prendono iniziative di regolarizzazioni a livello “locale”, perché sono loro che affrontano i problemi concreti dando servizi per il lavoro, la sanità, l’istruzione… ). Il quarto principio è la partecipazione, il quinto la solidarietà, il sesto la comunità, con la memoria collettiva sulla mobilità umana, il settimo infine la resilienza: la migrazione ha un potere trasformativo per le persone che migrano, per i territori da cui partono, per i territori dove arrivano.
Gli incontri di quest’anno del BTIN, coordinato dal segretario Carlo De Marco, sono stati speciali per la presenza di una delegazione della Barka Mutual Help Foundation, che in Polonia e altri paesi europei si occupa del recupero sociale e inserimento in comunità residenziali di persone di nazionalità polacca con dipendenze e senza dimora, spesso in conseguenza a rientri da percorsi migratori falliti.
16 persone che ora sono operatori o community leader, ma hanno lottato duramente e non devono mai abbassare la guardia nei confronti dei fantasmi del passato, hanno avuto l’occasione di una field visit a Lampedusa, con momenti formativi sul tema della migrazione, visite ai luoghi significativi (Cimitero, Porta d’Europa, Memoriale…) e ovviamente partecipazione alle cerimonie con i famigliari e i sopravvissuti. Molti di loro alla fine hanno raccontato di avere vissuto con questi incontri un cambio totale di prospettiva rispetto all’idea della migrazione diffusa in Polonia, dove è molto forte la propaganda anti migranti, con fake news vere e proprie confezionate e diffuse anche da media ufficiali. Molti di loro si sono impegnati ad agire attivamente per contrastare le false notizie e diffondere una visione corretta del fenomeno migratorio.
Parole chiave : Immigrazione, Lampedusa, Memoriale 3 ottobre, Tre ottobre
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“Notre cher Président ha avuto due giorni fa la bella idea di sciogliere tutte le amministrazioni comunali, per cui non vi posso più parlare come Vicesindaco di Sfax”. Con un ironico riferimento alla complicata attualità tunisina ha iniziato il suo discorso l’avvocato Mohamed Wajdi Aydi all’incontro “Walls and Doors in Europe: Migration Policies and European Citizenship from the Border Town and Island Perspective” del 27 marzo scorso alla Valletta. Organizzato dall’associazione Kopin, ha riunito numerose amministrazioni locali del Border Towns and Islands Network (BTIN), creato 4 anni fa sotto la guida di Lampedusa.
L’incontro è stato introdotto da Margaret Baldacchino Cefai, Sindaca di Msida, cittadina confinante con la Valletta ad alta densità di migranti non solo lavoratori ma anche studenti (vi ha sede l’Università di Malta), raccontando le iniziative messe in campo sul dialogo interreligioso.
Sono poi seguiti i due interventi molto legati all’attualità dei rappresentanti di Lampedusa e Sfax. Aldo Di Piazza, Assessore alla Sanità e al Welfare dell’isola all’estremo sud dell’Italia, ha subito sottolineato la situazione di grave emergenza in corso: “Abbiamo 3000 persone nel centro di accoglienza, con 6000 abitanti: come se a Malta, che ha 500.000 abitanti, ne arrivassero 250.000. Immaginate le questioni pratiche da risolvere in termini di approvvigionamento idrico, gestione dei rifiuti, sanità. Lampedusa ha un presidio di primo soccorso bene organizzato per la cittadinanza, ma con tante persone in più è ovvio che si sovraccarica.” La sua denuncia è proseguita in maniera molto chiara: “In questa zona di mare siamo gli unici a cercare di tenere fuori dall’acqua la gente. Io credo che una delle funzioni di questa associazione di piccole città e isole frontaliere [BTIN] debba essere quella di far presente alle ‘stanze silenziose’ di Bruxelles, che non ascoltano le grida della gente che sta affogando nel canale di Sicilia, che devono porre attenzione a questa situazione. Bisogna riformare il Regolamento di Dublino, piaccia o non piaccia. Noi continueremo a salvare come abbiamo sempre fatto, ma non so cosa potrebbe succedere a livello di opinione pubblica locale se la prossima stagione turistica andasse male.”
L’intervento di Wajdi Aydi, ex vicesindaco di Sfax, ha suscitato molte domande, vista l’attuale drammatica situazione in Tunisia e i conseguenti arrivi a Lampedusa. “Le amministrazioni locali sono il primo presidio della migrazione e il Presidente Sayed purtroppo le ha sciolte. Io come vicesindaco ero incaricato della cooperazione decentrata e della migrazione. Comunque, fino ai nostri giorni non c’è mai stata una politica ufficiale nazionale sulla migrazione, non c’è visione, strategia, mentre già a partire dall’ondata arrivata dalla Libia nel 2011 si è visto che gli arrivi in massa di migranti dall’Africa Subsahariana sono un tema strutturale da gestire. Sfax è la seconda città della Tunisia, polo industriale e universitario a Sud-Est della Tunisia, ed è la prima destinazione di giovani e uomini subsahariani per molte ragioni. Il governatorato di Sfax ha più di 800.000 abitanti e contiamo 126.000 tunisini di altre regioni e circa 16.000 cittadini stranieri (2%). Ma non abbiamo cifre esatte officiali sui migranti stranieri: sono presenti siriani, sudanesi, somali, tra 15-20.000, come ho detto se non c’è strategia non si monitorano nemmeno le presenze.
I flussi sono stati molto forti fino al Covid a Sfax, che è città di emigrazione, immigrazione e transito. Il livello di vita è abbastanza alto per la Tunisia, le persone vengono per lavorare, per studiare, per curarsi, ma anche perché è vicina a Lampedusa. Sì, vengono per fare la traversata: siamo a 138 km da Lampedusa, si possono fare in 3 ore con una piccola barca. Arrivano dalla Libia, ma anche legalmente, “con l’aereo”, perché nel 2008-2009 abbiamo eliminato il visto per molti stati subsahariani. Non è facile lavorare sul tema della migrazione in questa situazione di grande instabilità politica e con un quadro legale obsoleto. Io ho partecipato a progetti internazionali per conoscere altre esperienze e gestire meglio il livello locale. Il ruolo dell’amministrazione, infatti, è attuare un coordinamento, facilitare e unire le forze degli altri attori. Abbiamo buone relazioni con l’OIM di Sfax e abbiamo potuto con loro dare un sostegno alla popolazione migrante, con l’aiuto di Médecins sans Frontières, Médécins du Monde, France Terre d’Asile, Tunisie terre d’asile, Caritas. Abbiamo cercato di agire per il meglio, ad esempio durante il Covid c’erano molti migranti che avevano perso il loro lavoro e hanno vissuto con i fondi raccolti da noi. Eravamo i soli a sostenerli in quel periodo. Siamo riusciti anche a ridurre le partenze illegali, perché ci sono anche migranti che vengono a Sfax per restare; abbiamo integrato tanti bambini non scolarizzati. La migrazione è un’opportunità per la città, ad esempio in agricoltura, per la nostra grande produzione di olive, se non ci fossero i migranti sarebbe un disastro. E così nei lavori pubblici, nelle costruzioni.
Purtroppo, la funzione dei comuni è anche seppellire i morti, a Lampedusa ci sono incidenti negli arrivi, a Sfax incidenti nelle partenze. Ma le città di frontiera possono fare molto. Ho lavorato sulla Carta di Lampedusa dell’UCLG, una visione umana e umanista della migrazione: cooperare insieme da Sud e da Nord, con un grande ruolo delle amministrazioni locali. La migrazione è un fenomeno umano: si può gestire e governare, ma bloccarla non è possibile.”
Pietro Pinto, responsabile del progetto Siren, ha affermato che “il senso di questo meeting è riunire i componenti del BTIN e decidere il proseguimento di questo network, che esiste da 4 anni e vuole continuare a far sentire la voce delle aree di confine”. Michelle Calleja Chehab dell’IOM Malta si è soffermata sul rapporto tra il Global Compact for Refugees and Migrants, firmato da 193 stati, e l’Agenda 2030, sottolineando che la migrazione riguarda tutti.
A questo interessante incontro hanno partecipato anche Camilla Murgia, Assessora alle Pari opportunità della Città di Pesaro, e rappresentanti delle amministrazioni di Grande-Synthe (Nord della Francia), Kisharsány (Ungheria) e Straß in Steiermark (Austria), dell’ONG austriaca Südwind, dell’associazione greca Eloris, delle ONG italiane Amref e Africa e Mediterraneo.
Parole chiave : Immigrazione, Integrazione, Lampedusa, Malta, Mediterraneo, richiedenti asilo, Rifugiati, Sfax, Tunisia
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14 ottobre 2019
#iosonopescatore, a Lampedusa la legge dell’umanità
Era la notte del 3 ottobre di sei anni fa, di giovedì, quando 368 persone per lo più eritree e somale morirono a mezzo miglio dalle coste di Lampedusa. Una tragedia divampata nel giro di pochi secondi che ha costretto il mondo a prendere coscienza della drammaticità di un fenomeno migratorio che le sponde dell’isola conoscevano già da anni. Il barcone ospitava oltre 500 persone: 155 di queste furono salvate, ma almeno 368 morirono tra le fiamme propagate da una coperta incendiata per segnalare la propria posizione o annegate in mezzo al Mediterraneo, di fronte al porto di Lampedusa.
I primi a intervenire sul posto furono degli isolani, tra cui Vito Fiorino, Domenico Colapinto e Costantino Baratta, allertati dal vuciare dei gabbiani. «Non c’era tempo da perdere, mentre i miei amici chiamavano la Guardia Costiera, io lanciavo salvagenti, un altro si è tuffato, le mani e le braccia intrise di nafta che cercavano di aggrapparsi alle nostre», racconta Vito. «Ragazzi che urlavano, braccia alzate, volti che supplicavano aiuto, chi si aggrappava a una bottiglia o a qualsiasi pezzo di legno galleggiante. Li ho presi dalla cintura come se fossero sacchi di patate. Erano sconvolti e alcuni si vergognavano perché erano nudi. Domenico Colapinto e i suoi fratelli continuavano senza sosta a tirar su i corpi», aggiunge Costantino che con Vito non si era mai incrociato prima di allora.
A distanza di sei anni, grazie alla perseveranza di Vito e alla collaborazione del Comune di Lampedusa e Linosa – capofila del progetto Snapshots from the Borders –, finalmente i nomi di quelle persone sono stati impressi su una scultura posta in una piazza di Lampedusa. Alle 3:30 del 3 ottobre di quest’anno, per restituire la dignità della memoria a chi non è sopravvissuto, è stato inaugurato il memoriale, assieme al murales dipinto da Neve con la riproduzione della corona lanciata in mare da papa Francesco nel 2013 a ricordo dei morti nelle traversate. Al suo fianco, commossi, alcuni dei sopravvissuti che ogni anno dopo quella terribile notte tornano a Lampedusa da Vito, Costantino e Domenico per riabbracciarsi e ricordare i loro fratelli morti in modo così tragico. Una cerimonia semplice, essenziale nel buio della notte: qualche minuto dopo l’inizio, il silenzio è stato interrotto dal frusciare dell’alta palma della piazza, scossa da un forte vento improvvisamente arrivato dal mare.
Alle otto del mattino si sono dati appuntamento sulla piazza di Lampedusa, che è la finestra d’Europa – come ha sostenuto il sindaco Martello –, centinaia di studenti di tutta Italia ed Europa coinvolti dal Comitato 3 ottobre e dal Comune di Lampedusa e Linosa in collaborazione con il MIUR in un percorso di sensibilizzazione sui temi dell’integrazione e dell’accoglienza. La marcia verso la Porta d’Europa, sotto lo slogan “Siamo sulla stessa barca”, ha visto protagonisti gli studenti, i sopravvissuti, i testimoni della strage, gli isolani e le associazioni coinvolte nei percorsi di accoglienza e integrazione.
Nello stesso giorno, nelle capitali dei 28 Paesi d’Europa i partner di Snapshots from the Borders realizzavano eventi dedicati alla migrazione, tra cui l’inaugurazione di una riproduzione della Porta d’Europa simbolo di Lampedusa sotto la porta di Brandeburgo a Berlino.
Africa e Mediterraneo, al fianco del Comune di Lampedusa e Linosa, ha sfilato con la maglia simbolo di questo 3 ottobre: #Iosonopescatore. Uno slogan lanciato dal sindaco Martello e diffuso dal progetto per rivendicare la legge del mare, che è poi la legge dell’umanità, contro qualsiasi forma di disumanità e contro chi vorrebbe impedire i soccorsi in mare. Perché la vita è una priorità e perché i pescatori salvano vite, la politica arriva dopo.
Parole chiave : #iosonopescatore, 3 ottobre, Costantino Baratta, Domenico Colapinto, Lampedusa, Snapshots from the Borders, Vito Fiorino
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03 ottobre 2013
Il cimitero Mediterraneo
La tragedia che si è consumata questa notte a Lampedusa ha proporzioni numeriche così grandi che la politica e i media non hanno potuto ignorarla. Le immagini e le interviste radiofoniche delle soccorritrici in lacrime ci trasmettono l’enormità del dolore e della disperazione che hanno visto in quel tratto di mare.
Ma questa è solo una delle infinite storie del Mediterraneo di questi anni: annegamenti, rovesciamenti di barche, violenze degli scafisti, famigliari che si perdono per sempre, bambini che muoiono soli nel loro terrore… Jose’ Angelo Oropeza, Direttore del Coordinamento Mediterraneo OIM, ha recentemente fatto il numero di 25.000 morti negli ultimi 20 anni.
Pubblichiamo qui il documento diffuso oggi dall’Associazione studi giuridici sull’immigrazione, che condividiamo.
Basta vittime innocenti nelle continue tragedie nel Mediterraneo
L’Unione europea riveda la sua politica sul monitoraggio delle frontiere esterne, sul soccorso in mare e sulla gestione delle emergenze umanitarie
L’ennesima tragedia accaduta oggi a Lampedusa, al pari delle altre che si ripetono continuamente nel Mediterraneo, non deve essere considerata una tragica fatalità .Essa chiama in causa le evidenti gravi responsabilità della politica dell’Unione Europea e dell’Italia sull’immigrazione e sull’asilo.
L’Europa da anni pone in atto politiche di contrasto del traffico dei migranti, impegnando massicce risorse economiche e l’utilizzo di forze di polizia mentre non vengono adottate adeguate misure per la realizzazione di un più efficace monitoraggio delle presenze delle imbarcazioni di migranti nel Mediterraneo e nel canale di Sicilia.
Vanno, percio’, riviste profondamente le politiche dell’Unione sulla gestione delle crisi umanitarie ai suoi confini e sulla gestione degli interventi di soccorso verso i migranti in mare o alle frontiere esterne terrestri.
L’ASGI chiede:
– un più efficace monitoraggio delle presenze delle imbarcazioni di migranti nel Mediterraneo e nel canale di Sicilia, in particolare al fine di realizzare misure di soccorso efficaci e coordinate a livello comunitario;
– programmi a livello europeo di aiuto umanitario nei confronti di migranti e profughi che si trovino nei paesi di transito, oltre che di piani d’azione di tutela dei diritti umani e di gestione delle politiche migratorie e dell’asilo in paesi terzi fortemente interessati dal transito di migranti verso l’Unione europea, piani di azione gia’ previsti dal Programma di Stoccolma;
– una nuova politica dell’Italia e dell’Unione europea nella realizzazione di canali umanitari e di adeguati programmi di reinsediamento di rifugiati che si trovano in condizioni di gravissimo pericolo nei paesi in transito, costretti a raggiungere l’Europa (dove spesso vivono famigliari e parenti) servendosi dell’unico canale realmente disponibile, ovvero le organizzazioni criminali internazionali che proliferano proprio sulle carenze delle politiche dell’Unione sulla materia.
L’ASGI esprime cordoglio per le vittime, ma anche sdegno per le dichiarazioni irresponsabili di taluni esponenti della Lega Nord che, a soccorsi ancora in corso, della sciagura avvenuta fanno mezzo di propaganda politica infamante e disonesta intellettualmente.
A.S.G.I. – Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione
Contatti 39.0432.507115 – 3470091756 – info@asgi.it, www.asgi.it, twitter @asgi_it
Parole chiave : ASGI, emergenza sbarchi, Immigrazione, Lampedusa, migrazione, Unione Europea
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Oggi finalmente il Presidente del Consiglio firmerà il decreto che consentirà il rilascio del permesso temporaneo a fini umanitari a tutti i tunisini già approdati in Italia. Riteniamo che questa soluzione consenta di fornire una risposta diretta, immediata e perfettamente adattabile alla problematica. Il permesso di soggiorno temporaneo è, infatti, uno strumento che il nostro ordinamento già prevedeva e pensato appunto per governare in modo razionale e rispettoso dei diritti fondamentali dell’uomo, gli esodi di rifugiati che fuggono da guerre e da altre forme di violenza generalizzata. Questo consentirebbe non solo di allentare la pressione che la Tunisia sta subendo in merito al controllo delle frontiere (non dimentichiamo che sta accogliendo almeno 100mila persone in fuga dalla Libia), ma permetterebbe anche di evitare la creazione di nuove “tendopoli” che, come abbiamo purtroppo visto in passato, sarebbero portatrici di sentimenti di insicurezza con conseguenti reazioni di intolleranza.
Qualche giorno fa l’Associazione Studi per gli Giuridici sull’Immigrazione, a cui la nostra cooperativa editrice Lai-momo aderisce, ha emesso un comunicato stampa dal titolo “Istituire la protezione temporanea è la sola via razionale per governare oggi l’esodo dalla Tunisia” che contiene anche interessanti precisazioni sugli aspetti giuridici nazionali e internazionali dell’attuale “emergenza sbarchi”.
Per il testo si veda anche il link http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=1536&l=it
(Marina Frabboni)