06 aprile 2023

Migrazione: l’incontro delle isole e città di confine a Malta

Msida_municipality

Notre cher Président ha avuto due giorni fa la bella idea di sciogliere tutte le amministrazioni comunali, per cui non vi posso più parlare come Vicesindaco di Sfax”. Con un ironico riferimento alla complicata attualità tunisina ha iniziato il suo discorso l’avvocato Mohamed Wajdi Aydi all’incontro “Walls and Doors in Europe: Migration Policies and European Citizenship from the Border Town and Island Perspective” del 27 marzo scorso alla Valletta. Organizzato dall’associazione Kopin, ha riunito numerose amministrazioni locali del Border Towns and Islands Network (BTIN), creato 4 anni fa sotto la guida di Lampedusa.

L’incontro è stato introdotto da Margaret Baldacchino Cefai, Sindaca di Msida, cittadina confinante con la Valletta ad alta densità di migranti non solo lavoratori ma anche studenti (vi ha sede l’Università di Malta), raccontando le iniziative messe in campo sul dialogo interreligioso.

Sono poi seguiti i due interventi molto legati all’attualità dei rappresentanti di Lampedusa e Sfax. Aldo Di Piazza, Assessore alla Sanità e al Welfare dell’isola all’estremo sud dell’Italia, ha subito sottolineato la situazione di grave emergenza in corso: “Abbiamo 3000 persone nel centro di accoglienza, con 6000 abitanti: come se a Malta, che ha 500.000 abitanti, ne arrivassero 250.000. Immaginate le questioni pratiche da risolvere in termini di approvvigionamento idrico, gestione dei rifiuti, sanità. Lampedusa ha un presidio di primo soccorso bene organizzato per la cittadinanza, ma con tante persone in più è ovvio che si sovraccarica.” La sua denuncia è proseguita in maniera molto chiara: “In questa zona di mare siamo gli unici a cercare di tenere fuori dall’acqua la gente. Io credo che una delle funzioni di questa associazione di piccole città e isole frontaliere [BTIN] debba essere quella di far presente alle ‘stanze silenziose’ di Bruxelles, che non ascoltano le grida della gente che sta affogando nel canale di Sicilia, che devono porre attenzione a questa situazione. Bisogna riformare il Regolamento di Dublino, piaccia o non piaccia. Noi continueremo a salvare come abbiamo sempre fatto, ma non so cosa potrebbe succedere a livello di opinione pubblica locale se la prossima stagione turistica andasse male.”

L’intervento di Wajdi Aydi, ex vicesindaco di Sfax, ha suscitato molte domande, vista l’attuale drammatica situazione in Tunisia e i conseguenti arrivi a Lampedusa. “Le amministrazioni locali sono il primo presidio della migrazione e il Presidente Sayed purtroppo le ha sciolte. Io come vicesindaco ero incaricato della cooperazione decentrata e della migrazione. Comunque, fino ai nostri giorni non c’è mai stata una politica ufficiale nazionale sulla migrazione, non c’è visione, strategia, mentre già a partire dall’ondata arrivata dalla Libia nel 2011 si è visto che gli arrivi in massa di migranti dall’Africa Subsahariana sono un tema strutturale da gestire. Sfax è la seconda città della Tunisia, polo industriale e universitario a Sud-Est della Tunisia, ed è la prima destinazione di giovani e uomini subsahariani per molte ragioni. Il governatorato di Sfax ha più di 800.000 abitanti e contiamo 126.000 tunisini di altre regioni e circa 16.000 cittadini stranieri (2%). Ma non abbiamo cifre esatte officiali sui migranti stranieri: sono presenti siriani, sudanesi, somali, tra 15-20.000, come ho detto se non c’è strategia non si monitorano nemmeno le presenze.

IMG_5303

I flussi sono stati molto forti fino al Covid a Sfax, che è città di emigrazione, immigrazione e transito. Il livello di vita è abbastanza alto per la Tunisia, le persone vengono per lavorare, per studiare, per curarsi, ma anche perché è vicina a Lampedusa. Sì, vengono per fare la traversata: siamo a 138 km da Lampedusa, si possono fare in 3 ore con una piccola barca. Arrivano dalla Libia, ma anche legalmente, “con l’aereo”, perché nel 2008-2009 abbiamo eliminato il visto per molti stati subsahariani. Non è facile lavorare sul tema della migrazione in questa situazione di grande instabilità politica e con un quadro legale obsoleto. Io ho partecipato a progetti internazionali per conoscere altre esperienze e gestire meglio il livello locale. Il ruolo dell’amministrazione, infatti, è attuare un coordinamento, facilitare e unire le forze degli altri attori. Abbiamo buone relazioni con l’OIM di Sfax e abbiamo potuto con loro dare un sostegno alla popolazione migrante, con l’aiuto di Médecins sans Frontières, Médécins du Monde, France Terre d’Asile, Tunisie terre d’asile, Caritas. Abbiamo cercato di agire per il meglio, ad esempio durante il Covid c’erano molti migranti che avevano perso il loro lavoro e hanno vissuto con i fondi raccolti da noi. Eravamo i soli a sostenerli in quel periodo. Siamo riusciti anche a ridurre le partenze illegali, perché ci sono anche migranti che vengono a Sfax per restare; abbiamo integrato tanti bambini non scolarizzati. La migrazione è un’opportunità per la città, ad esempio in agricoltura, per la nostra grande produzione di olive, se non ci fossero i migranti sarebbe un disastro. E così nei lavori pubblici, nelle costruzioni.

Purtroppo, la funzione dei comuni è anche seppellire i morti, a Lampedusa ci sono incidenti negli arrivi, a Sfax incidenti nelle partenze. Ma le città di frontiera possono fare molto. Ho lavorato sulla Carta di Lampedusa dell’UCLG, una visione umana e umanista della migrazione: cooperare insieme da Sud e da Nord, con un grande ruolo delle amministrazioni locali. La migrazione è un fenomeno umano: si può gestire e governare, ma bloccarla non è possibile.”

Pietro Pinto, responsabile del progetto Siren, ha affermato che “il senso di questo meeting è riunire i componenti del BTIN e decidere il proseguimento di questo network, che esiste da 4 anni e vuole continuare a far sentire la voce delle aree di confine”. Michelle Calleja Chehab dell’IOM Malta si è soffermata sul rapporto tra il Global Compact for Refugees and Migrants, firmato da 193 stati, e l’Agenda 2030, sottolineando che la migrazione riguarda tutti.

A questo interessante incontro hanno partecipato anche Camilla Murgia, Assessora alle Pari opportunità della Città di Pesaro, e rappresentanti delle amministrazioni di Grande-Synthe (Nord della Francia), Kisharsány (Ungheria) e Straß in Steiermark (Austria), dell’ONG austriaca Südwind, dell’associazione greca Eloris, delle ONG italiane Amref e Africa e Mediterraneo.

IMG_5298

Trackback url: https://www.africaemediterraneo.it/blog/index.php/migrazione-lincontro-delle-isole-e-citta-di-confine-a-malta/trackback/

14 ottobre 2019

#iosonopescatore, a Lampedusa la legge dell’umanità

Era la notte del 3 ottobre di sei anni fa, di giovedì, quando 368 persone per lo più eritree e somale morirono a mezzo miglio dalle coste di Lampedusa. Una tragedia divampata nel giro di pochi secondi che ha costretto il mondo a prendere coscienza della drammaticità di un fenomeno migratorio che le sponde dell’isola conoscevano già da anni. Il barcone ospitava oltre 500 persone: 155 di queste furono salvate, ma almeno 368 morirono tra le fiamme propagate da una coperta incendiata per segnalare la propria posizione o annegate in mezzo al Mediterraneo, di fronte al porto di Lampedusa.

IMG_9444

I primi a intervenire sul posto furono degli isolani, tra cui Vito Fiorino, Domenico Colapinto e Costantino Baratta, allertati dal vuciare dei gabbiani. «Non c’era tempo da perdere, mentre i miei amici chiamavano la Guardia Costiera, io lanciavo salvagenti, un altro si è tuffato, le mani e le braccia intrise di nafta che cercavano di aggrapparsi alle nostre», racconta Vito. «Ragazzi che urlavano, braccia alzate, volti che supplicavano aiuto, chi si aggrappava a una bottiglia o a qualsiasi pezzo di legno galleggiante. Li ho presi dalla cintura come se fossero sacchi di patate. Erano sconvolti e alcuni si vergognavano perché erano nudi. Domenico Colapinto e i suoi fratelli continuavano senza sosta a tirar su i corpi», aggiunge Costantino che con Vito non si era mai incrociato prima di allora.

IMG_9440

A distanza di sei anni, grazie alla perseveranza di Vito e alla collaborazione del Comune di Lampedusa e Linosa – capofila del progetto Snapshots from the Borders –, finalmente i nomi di quelle persone sono stati impressi su una scultura posta in una piazza di Lampedusa. Alle 3:30 del 3 ottobre di quest’anno, per restituire la dignità della memoria a chi non è sopravvissuto, è stato inaugurato il memoriale, assieme al murales dipinto da Neve con la riproduzione della corona lanciata in mare da papa Francesco nel 2013 a ricordo dei morti nelle traversate. Al suo fianco, commossi, alcuni dei sopravvissuti che ogni anno dopo quella terribile notte tornano a Lampedusa da Vito, Costantino e Domenico per riabbracciarsi e ricordare i loro fratelli morti in modo così tragico. Una cerimonia semplice, essenziale nel buio della notte: qualche minuto dopo l’inizio, il silenzio è stato interrotto dal frusciare dell’alta palma della piazza, scossa da un forte vento improvvisamente arrivato dal mare.

IMG_9130

Alle otto del mattino si sono dati appuntamento sulla piazza di Lampedusa, che è la finestra d’Europa – come ha sostenuto il sindaco Martello –, centinaia di studenti di tutta Italia ed Europa coinvolti dal Comitato 3 ottobre e dal Comune di Lampedusa e Linosa in collaborazione con il MIUR in un percorso di sensibilizzazione sui temi dell’integrazione e dell’accoglienza. La marcia verso la Porta d’Europa, sotto lo slogan “Siamo sulla stessa barca”, ha visto protagonisti gli studenti, i sopravvissuti, i testimoni della strage, gli isolani e le associazioni coinvolte nei percorsi di accoglienza e integrazione.

IMG_9332

Nello stesso giorno, nelle capitali dei 28 Paesi d’Europa i partner di Snapshots from the Borders realizzavano eventi dedicati alla migrazione, tra cui l’inaugurazione di una riproduzione della Porta d’Europa simbolo di Lampedusa sotto la porta di Brandeburgo a Berlino.

Africa e Mediterraneo, al fianco del Comune di Lampedusa e Linosa, ha sfilato con la maglia simbolo di questo 3 ottobre: #Iosonopescatore. Uno slogan lanciato dal sindaco Martello e diffuso dal progetto per rivendicare la legge del mare, che è poi la legge dell’umanità, contro qualsiasi forma di disumanità e contro chi vorrebbe impedire i soccorsi in mare. Perché la vita è una priorità e perché i pescatori salvano vite, la politica arriva dopo.

IMG_9286

Trackback url: https://www.africaemediterraneo.it/blog/index.php/iosonopescatore-a-lampedusa-la-legge-dellumanita/trackback/

03 ottobre 2013

Il cimitero Mediterraneo

Immagine tratta da "Un'eternità a Tangeri", Faustin Titi, Eyoum Ngangué (Lai-momo, 2007)

La tragedia che si è consumata questa notte a Lampedusa ha proporzioni numeriche così grandi che la politica e i media non hanno potuto ignorarla. Le immagini e le interviste radiofoniche delle soccorritrici in lacrime ci trasmettono l’enormità del dolore e della disperazione che hanno visto in quel tratto di mare.

Ma questa è solo una delle infinite storie del Mediterraneo di questi anni: annegamenti, rovesciamenti di barche, violenze degli scafisti, famigliari che si perdono per sempre, bambini che muoiono soli nel loro terrore… Jose’ Angelo Oropeza, Direttore del Coordinamento Mediterraneo OIM, ha recentemente fatto il numero di 25.000 morti negli ultimi 20 anni.

Pubblichiamo qui il documento diffuso oggi dall’Associazione studi giuridici sull’immigrazione, che condividiamo.

Basta vittime innocenti nelle continue tragedie nel Mediterraneo

L’Unione europea riveda la sua politica sul monitoraggio delle frontiere esterne, sul soccorso in mare e sulla gestione delle emergenze umanitarie

L’ennesima tragedia accaduta oggi a Lampedusa, al pari delle altre che si ripetono continuamente nel Mediterraneo, non deve essere considerata una tragica fatalità .Essa chiama in causa le evidenti gravi responsabilità della politica dell’Unione Europea e dell’Italia sull’immigrazione e sull’asilo.

L’Europa da anni pone in atto politiche di contrasto del traffico dei migranti, impegnando massicce risorse economiche e l’utilizzo di forze di polizia mentre non vengono adottate adeguate misure per la realizzazione di un più efficace monitoraggio delle presenze delle imbarcazioni di migranti nel Mediterraneo e nel canale di Sicilia.

Vanno, percio’, riviste profondamente le politiche dell’Unione sulla gestione delle crisi umanitarie ai suoi confini e sulla gestione degli interventi di soccorso verso i migranti in mare o alle frontiere esterne terrestri.

L’ASGI chiede:

– un più efficace monitoraggio delle presenze delle imbarcazioni di migranti nel Mediterraneo e nel canale di Sicilia, in particolare al fine di realizzare misure di soccorso efficaci e coordinate a livello comunitario;

programmi a livello europeo di aiuto umanitario nei confronti di migranti e profughi che si trovino nei paesi di transito, oltre che di piani d’azione di tutela dei diritti umani e di gestione delle politiche migratorie e dell’asilo in paesi terzi fortemente interessati dal transito di migranti verso l’Unione europea, piani di azione gia’ previsti dal Programma di Stoccolma;

una nuova politica dell’Italia e dell’Unione europea nella realizzazione di canali umanitari e di adeguati programmi di reinsediamento di rifugiati che si trovano in condizioni di gravissimo pericolo nei paesi in transito, costretti a raggiungere l’Europa (dove spesso vivono famigliari e parenti) servendosi dell’unico canale realmente disponibile, ovvero le organizzazioni criminali internazionali che proliferano proprio sulle carenze delle politiche dell’Unione sulla materia.

L’ASGI esprime cordoglio per le vittime, ma anche sdegno per le dichiarazioni irresponsabili di taluni esponenti della Lega Nord che, a soccorsi ancora in corso, della sciagura avvenuta fanno mezzo di propaganda politica infamante e disonesta intellettualmente.

A.S.G.I. – Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione

Contatti 39.0432.507115 – 3470091756 –  info@asgi.itwww.asgi.it, twitter @asgi_it

Trackback url: https://www.africaemediterraneo.it/blog/index.php/il-cimitero-mediterraneo/trackback/

06 aprile 2011

Sbarchi di migranti: finalmente il permesso temporaneo a fini umanitari

Oggi finalmente il Presidente del Consiglio firmerà il decreto che consentirà il rilascio del permesso temporaneo a fini umanitari a tutti i tunisini già approdati in Italia. Riteniamo che  questa soluzione consenta di fornire una risposta diretta, immediata e perfettamente adattabile alla problematica. Il permesso di soggiorno temporaneo è, infatti,  uno strumento che il nostro ordinamento già prevedeva e pensato appunto per governare in modo razionale e rispettoso dei diritti fondamentali dell’uomo,  gli esodi di rifugiati che fuggono da guerre e da altre forme di violenza generalizzata. Questo consentirebbe non solo di allentare la pressione che la Tunisia sta subendo in merito al controllo delle frontiere (non dimentichiamo che sta accogliendo almeno 100mila persone in fuga dalla Libia), ma permetterebbe anche di evitare la creazione di nuove “tendopoli” che, come abbiamo purtroppo visto in passato, sarebbero portatrici di sentimenti di insicurezza con conseguenti  reazioni di intolleranza.

Qualche giorno fa l’Associazione Studi per gli Giuridici sull’Immigrazione, a cui la nostra cooperativa editrice Lai-momo aderisce, ha emesso un comunicato stampa dal titolo “Istituire la protezione temporanea è la sola via razionale per governare oggi l’esodo dalla Tunisia” che contiene anche interessanti precisazioni sugli aspetti giuridici nazionali e internazionali dell’attuale “emergenza sbarchi”.

Per il testo si veda anche il link http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=1536&l=it

(Marina Frabboni)

Emergenza_Tunisia_Comunicato_Stampa_ASGI_31_marzo_2011

Trackback url: https://www.africaemediterraneo.it/blog/index.php/sbarchi-di-migranti-finalmente-il-permesso-temporaneo-a-fini-umanitari/trackback/