Abbiamo partecipato anche quest’anno a Lampedusa alle celebrazioni in ricordo della strage del 3 ottobre 2013 in cui, a sole due miglia della costa di Lampedusa, morirono 368 persone.
“Non ci stancheremo mai di continuare a ricordare, da questa isola, a chiedere alla comunità internazionale a dare risposte concrete“, ha detto Tareke Brhane del Comitato 3 ottobre, mentre Totò Martello, Sindaco di Lampedusa, ha denunciato il mancato impegno della politica, in particolare europea, nell’affrontare il fenomeno dell’immigrazione con un approccio strutturale e non emergenziale, per arrivare ad avere un’immigrazione ordinata, regolare e sicura, come previsto dal Global Compact on Migration promosso dalle Nazioni Unite nel 2018. Solo così si potranno interrompere le tragedie del mare dovute alla migrazione irregolare. Lampedusa fa la sua parte, ha detto, ma non può più essere l’unica a far fronte alle conseguenze di questa cecità politica.
Estremamente toccante e partecipato il momento di raccoglimento nella notte tra il 2 e il 3, alle 3,15, orario del naufragio del 2013, al memoriale con i nomi dei 368 morti voluto da Vito Fiorino, il pescatore che assieme ai suoi compagni per primo ha dato l’allarme e salvato 48 persone sulla sua barca omologata per 9 persone.
La mattina del 3 c’è stato un primo incontro – in piazza Castello – con gli studenti. Poi, per la commemorazione non c’è stata nessuna marcia lungo le strade dell’isola, a causa delle misure sanitarie, ma le numerosissime persone presenti sono andate autonomamente alla Porta d’Europa. Qui si è svolta una preghiera interreligiosa e l’inaugurazione del restauro del monumento di Mimmo Paladino che, installato nel giugno 2008, necessitava di un’azione di recupero. Poi con varie barche dei pescatori, i/le partecipanti si sono recati/e sul punto del naufragio a deporre una corona di fiori. Proprio in quel momento era in corso un’azione di recupero di un piccolo gommone da parte della Guardia Costiera, mentre al Molo Favaloro altri migranti stavano scendendo a terra per essere soccorsi e seguire le procedure mediche e legali consuete.
Oltre ad alcuni superstiti e parenti delle vittime, ad associazioni, autorità civili, religiose e militari e a studenti di 22 paesi, sull’isola erano presenti anche undici madri tunisine che cercano i loro figli scomparsi durante il viaggio verso l’Europa. Durante la cerimonia della notte hanno deposto la Couverture de la Mémoire fatta di 368 quadretti realizzati con l’uncinetto, a partire dalla Coperta di Yusuf, nata a Lampedusa all’indomani dell’annegamento del piccolo Yusuf, ennesima vittima del mare. Ogni “mattonella” che compone la coperta rappresenta la storia di una persona perduta lungo la rotta migratoria e ricorda una persona che ancora si ricerca e per cui si chiede verità e giustizia.
Nel pomeriggio è stato inaugurato il Percorso della Pace, creato sull’isola nell’ambito del progetto Snapshots from the Borders unendo in un cammino ideale i vari luoghi non solo per ricordare, ma per costruire vie positive di convivenza.
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Tutte le foto nel presente articolo sono a cura di Mathias Marchioni
Parole chiave : 3 ottobre, Comune di Lampedusa e Linosa, Snapshots from the Borders, strage
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Accoglienza e integrazione sono tappe di un processo non facile. A ricordarlo è Papa Francesco che il giorno 10 settembre 2020 ha incontrato in Vaticano il sindaco di Lampedusa Totò Martello e i partecipanti al progetto europeo Snapshots from the Borders. Questo progetto finanziato dall’Unione Europea, che vede come ente capofila il Comune di Lampedusa e Linosa insieme a 35 partner tra cui Africa e Mediterraneo, si propone di contribuire alla creazione di una cultura nuova nei confronti dei migranti, basata sulla solidarietà e sulla responsabilità condivisa a livello nazionale ed internazionale.
A questa udienza nel Palazzo Apostolico Vaticano, a cui hanno partecipato anche i rappresentanti della nostra associazione Africa e Mediterraneo, il pontefice nel suo discorso (che si può ascoltare qui) ha illustrato la complessità dello scenario migratorio attuale, sottolineando la necessità che «le frontiere, da sempre considerate come barriere di divisione, possono invece diventare “finestre”, spazi di mutua conoscenza, di arricchimento reciproco, di comunione nella diversità; possono diventare luoghi in cui si sperimentano modelli per superare le difficoltà che i nuovi arrivi comportano per le comunità autoctone».
A questa Nel corso dell’intervento il sindaco di Lampedusa ha illustrato al Papa Francesco la campagna No more Bricks in the wall, promossa dal progetto Snapshots from the Borders, per far diventare il 3 ottobre la Giornata Europea della Memoria e dell’Accoglienza in cui si ricordano tutte le vittime delle migrazioni. «Li chiamiamo migranti, clandestini, profughi: per noi sono anzitutto esseri umani, persone», ha detto Totò Martello, invitando a essere parte di un movimento solidale e a diffondere un messaggio di umanità e solidarietà nel cuore delle istituzioni europee.
Papa Francesco conclude toccando un nodo centrale, che riguarda la comunicazione che si fa del fenomeno migratorio. «È fondamentale», afferma, «mettere al centro le persone, i volti, le storie». Da qui l’importanza «di progetti, come quello da voi promosso, che cercano di proporre approcci diversi, ispirati dalla cultura dell’incontro, che costituisce il cammino verso un nuovo umanesimo».
Al termine dell’incontro il sindaco Martello ha donato a Papa Francesco una Croce realizzata da un artigiano lampedusano con il legno delle imbarcazioni dei migranti, ed una maglietta con la scritta “Io sono pescatore”, hashtag lanciato dallo stesso Martello per ricordare che per la gente di mare non esistono barriere, e chi è in difficoltà va aiutato.
Parole chiave : 3 ottobre, No more Bricks in the wall, Papa Francesco, Snapshots from the Borders
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14 ottobre 2019
#iosonopescatore, a Lampedusa la legge dell’umanità
Era la notte del 3 ottobre di sei anni fa, di giovedì, quando 368 persone per lo più eritree e somale morirono a mezzo miglio dalle coste di Lampedusa. Una tragedia divampata nel giro di pochi secondi che ha costretto il mondo a prendere coscienza della drammaticità di un fenomeno migratorio che le sponde dell’isola conoscevano già da anni. Il barcone ospitava oltre 500 persone: 155 di queste furono salvate, ma almeno 368 morirono tra le fiamme propagate da una coperta incendiata per segnalare la propria posizione o annegate in mezzo al Mediterraneo, di fronte al porto di Lampedusa.
I primi a intervenire sul posto furono degli isolani, tra cui Vito Fiorino, Domenico Colapinto e Costantino Baratta, allertati dal vuciare dei gabbiani. «Non c’era tempo da perdere, mentre i miei amici chiamavano la Guardia Costiera, io lanciavo salvagenti, un altro si è tuffato, le mani e le braccia intrise di nafta che cercavano di aggrapparsi alle nostre», racconta Vito. «Ragazzi che urlavano, braccia alzate, volti che supplicavano aiuto, chi si aggrappava a una bottiglia o a qualsiasi pezzo di legno galleggiante. Li ho presi dalla cintura come se fossero sacchi di patate. Erano sconvolti e alcuni si vergognavano perché erano nudi. Domenico Colapinto e i suoi fratelli continuavano senza sosta a tirar su i corpi», aggiunge Costantino che con Vito non si era mai incrociato prima di allora.
A distanza di sei anni, grazie alla perseveranza di Vito e alla collaborazione del Comune di Lampedusa e Linosa – capofila del progetto Snapshots from the Borders –, finalmente i nomi di quelle persone sono stati impressi su una scultura posta in una piazza di Lampedusa. Alle 3:30 del 3 ottobre di quest’anno, per restituire la dignità della memoria a chi non è sopravvissuto, è stato inaugurato il memoriale, assieme al murales dipinto da Neve con la riproduzione della corona lanciata in mare da papa Francesco nel 2013 a ricordo dei morti nelle traversate. Al suo fianco, commossi, alcuni dei sopravvissuti che ogni anno dopo quella terribile notte tornano a Lampedusa da Vito, Costantino e Domenico per riabbracciarsi e ricordare i loro fratelli morti in modo così tragico. Una cerimonia semplice, essenziale nel buio della notte: qualche minuto dopo l’inizio, il silenzio è stato interrotto dal frusciare dell’alta palma della piazza, scossa da un forte vento improvvisamente arrivato dal mare.
Alle otto del mattino si sono dati appuntamento sulla piazza di Lampedusa, che è la finestra d’Europa – come ha sostenuto il sindaco Martello –, centinaia di studenti di tutta Italia ed Europa coinvolti dal Comitato 3 ottobre e dal Comune di Lampedusa e Linosa in collaborazione con il MIUR in un percorso di sensibilizzazione sui temi dell’integrazione e dell’accoglienza. La marcia verso la Porta d’Europa, sotto lo slogan “Siamo sulla stessa barca”, ha visto protagonisti gli studenti, i sopravvissuti, i testimoni della strage, gli isolani e le associazioni coinvolte nei percorsi di accoglienza e integrazione.
Nello stesso giorno, nelle capitali dei 28 Paesi d’Europa i partner di Snapshots from the Borders realizzavano eventi dedicati alla migrazione, tra cui l’inaugurazione di una riproduzione della Porta d’Europa simbolo di Lampedusa sotto la porta di Brandeburgo a Berlino.
Africa e Mediterraneo, al fianco del Comune di Lampedusa e Linosa, ha sfilato con la maglia simbolo di questo 3 ottobre: #Iosonopescatore. Uno slogan lanciato dal sindaco Martello e diffuso dal progetto per rivendicare la legge del mare, che è poi la legge dell’umanità, contro qualsiasi forma di disumanità e contro chi vorrebbe impedire i soccorsi in mare. Perché la vita è una priorità e perché i pescatori salvano vite, la politica arriva dopo.