13 ottobre 2023

Restituzione: etica e metodologie per lo studio di un patrimonio contestato

Il tema della restituzione di oggetti culturali e resti umani presenti nei musei etnografici ai musei e alle comunità africane, già presente nel pensiero post-coloniale e fortemente sentito dalle comunità di attivisti/e, è al centro del dibattito contemporaneo. Africa e Mediterraneo lo ha scelto per il proprio dossier numero 100, che sarà curato da Lucrezia Cippitelli e Donatien Dibwe dia Mwembu.

La restituzione rientra nel più ampio movimento per la decolonizzazione di rapporti tra Nord e Sud globali. Le narrazioni spesso parziali e selettive della storia e della memoria proposte dai musei hanno un importante ruolo nel dare forma discorsiva e materiale al nostro posizionamento.

Ri-significare e re-immaginare queste istituzioni è indispensabile per riconoscere la violenza della storia coloniale e opporsi alle politiche razziste e discriminatorie che persistono nel mondo dell’arte e della cultura. 

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La pressione del movimento internazionale per la restituzione impone oggi ai musei occidentali di lavorare sui propri archivi con la consapevolezza che il lascito di appropriazione culturale e materiale che essi portano in sé ha un impatto diretto e immediato sulla loro stessa esistenza. Bisogna anche aggiungere che le condizioni di acquisizione dei manufatti sono state molteplici e che, oltre al saccheggio e alla sottrazione coercitiva, molti altri oggetti sono giunti in Occidente tramite donazioni diplomatiche, collezioni missionarie ed etnografiche e il mercato dell’arte.

Tutto questo dovrebbe spingere i musei a intraprendere approfondite analisi giuridiche e storiche delle collezioni esistenti. Iniziative politiche e culturali efficaci mettono in discussione il sapere occidentale, in particolare le classificazioni ancora in essere presso le nostre istituzioni. Allo stesso tempo, la restituzione condiziona le iniziative politiche internazionali, i programmi di insegnamento a tutti i livelli, e le pratiche culturali.

Il dossier numero 100/2024 di Africa e Mediterraneo si focalizzerà su casi studio nazionali per proporre uno studio comparato della situazione nei diversi paesi europei. Il dossier includerà una sezione speciale sul caso italiano.

Ecco la nuova call for papers.

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Didascalia: Humboldt Forum, giugno 2022, allestimento sul tema dell’ingiustizia coloniale e restituzione. Foto di Sandra Federici

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30 novembre 2016

Rajkamal Kahlon. Tra antropologia e violenza politica.

 

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Vetruvian Man, or how I learned
to love the bomb (2013)

Il 23 novembre la Fondazione Boghossian, in collaborazione con il Goethe-Institut Brüssel, ha svolto una conferenza a Villa Empain, Centre of art and dialogue between the culture of the East and the West a Bruxelles, e si è intitolata When you’re the Indian in a country of John Waynes’. Si è approfondito il tema della criminalizzazione e della violenza sulle alterità, ed era presente l’artista americana Rajkamal Kahlon con i suoi lavori artistici, tra cui il ritratto, riportato sopra, de “Vetruvian Man, or how I learned to love the bomb”, che muove tra antropologia e violenza politica propria del terrorismo. Basandosi su un continuo lavoro di studio e ricerca negli archivi coloniali istituzionali, Kahlon riflette sulle attuali forme di rappresentazione, e ci offre corpi di nativi moderni, soggetti quindi non europei, primitivi e barbari, armati di bombe ed ordigni esplosivi letali. Attraverso l’umorismo ed un’estetica critica, Kahlon racconta il razzismo intrinseco a queste immagini, che sono proprie dei regimi del potere, che seminano la violenza politica e sociale con rappresentazioni distorte dell’alterità. L’atto della visione cambia, però, a livello concettuale quando le icone di questi soggetti muti e passivi sono estrapolati e liberati dal racconto terroristico: ne deriva un processo di resistenza poetica a una storia di discriminazione e repressione.

 

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03 aprile 2015

Un Immigration quiz per spegnere i pregiudizi

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In occasione della XI Settimana d’Azione contro il Razzismo promossa dall’UNAR con la campagna “Accendi la mente, spegni i pregiudizi”, Africa e Mediterraneo ha realizzato una iniziativa all’interno di Connettiti contro il razzismo – programma di iniziative promosso dal Comune di Bologna. Abbiamo deciso di lanciare una sfida ai Bolognesi: rispondere a 10 domande sul fenomeno dell’immigrazione, sotto forma di un quiz. Se è vero che si parla molto di immigrazione nei media, che ci comunicano quotidianamente numeri, percentuali e statistiche, è anche vero che la velocità dell’informazione, e con essa la sua sinteticità, non ci permettono però di avere un quadro chiaro ed esaustivo sul fenomeno. Si diffondono così dei “miti” e falsi mediatici che non rappresentano i dati reali.

Abbiamo quindi deciso di creare un momento di confronto e gioco presso la Biblioteca Luigi Spina di Bologna, coinvolgendo giovani e grandi di tutte le età. Il quiz ha quindi messo alla prova una ventina di partecipanti di diverse provenienze su 10 “miti”, confrontandoli poi con i numeri tratti dal Dossier Statistico sull’Immigrazione IDOS/UNAR.
Alla prima domanda – quanti sono gli stranieri residenti in Italia nel 2013 – vengono proposte delle opzioni di risposta molto diverse, dal 3,87% al 30,54% della popolazione residente. Eppure questa semplice domanda è bastata per confondere tutti i partecipanti: gli stranieri residenti in Italia sono meno di 5 milioni, ossia l’8% della popolazione totale, ma Amir, Giacomo e Francesca sono sicurissimi che siano molti di più, forse perché le informazioni trasmesse dai media sono fuorvianti su questo argomento. Questa percezione lontana dalla realtà si ritrova a proposito di vari argomenti legati al tema dell’immigrazione. Vi è mai capitato per esempio di sentire affermazioni come “siamo invasi dai rifugiati e richiedenti asilo”? Eppure, queste categorie rappresentano solo il 0,15% della popolazione residente in Italia nel 2013. E così anche gli altri “miti” si sfatano: “sono tutti musulmani?” Linda ci risponde “Certo che sì!”. I dati però ci dicono che la maggior parte degli stranieri residenti nel 2013 è cristiana. “Gli immigrati ci rubano il lavoro?” Il tasso di disoccupazione degli italiani è dell’11,5%, mentre quello degli stranieri è del 17,3% nel 2013. Alcune domande affrontano anche la questione dei Rom, una comunità che più delle altre è vittima di molti pregiudizi. E’ comune per esempio credere che i Rom siano tutti nomadi. Niente di più falso poiché solo il 3% lo è. Maria e Aziz rimangono palesemente perplessi.
Giocando con il quiz con grandi e meno grandi, ci siamo resi conto che anche coloro che credevano di essere meglio informati sul tema, sbagliavano risposte. Abbiamo toccato con mano che i pregiudizi e la scarsa informazione sono radicati nel territorio e in tutte le fasce della popolazione, senza differenze. Cosa ci insegna questa esperienza? Che l’importanza di informare, comunicare, raccontare la diversità – senza dimenticare di divertirci! – è fondamentale. Oggi come nel futuro.
Insieme ai partecipanti, abbiamo realizzato 10 locandine rappresentando i miti sfatati. Il nostro immigration quiz continua così sotto forma di una piccola campagna fotografica.
Ora lanciamo la sfida a tutti voi, siete pronti? Trovate qui sotto tutte le domande e le risposte esatte con dei brevi approfondimenti. Buon divertimento e buona informazione!

Immigration_quiz_domande Immigration_quiz_RisposteImmigration quiz: domande

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08 ottobre 2014

Al via i laboratori interculturali di ComiX4= Comics for Equality ad Alghero.

Foto di Africa e Mediterraneo

Africa e Mediterraneo, in partenariato con l’Istituto d’Istruzione Superiore Piazza Sulis – Alghero, l’Istituto Comprensivo N 1 e l’Istituto Comprensivo N 3 di Alghero danno il via ai laboratori interculturali di ComiX4= Comics for Equality – Sardegna. Quattro classi saranno coinvolte nella realizzazione di materiali innovativi come mini fanzine, video in stop motion, ricette illustrate e un murales. Il tema è comune: la lotta al razzismo e alla discriminazione. Gli studenti dovranno confrontarsi con i temi attualmente in gioco riguardo alla convivenza, l’obiettivo è quello di decostruire i pregiudizi e gli stereotipi nei confronti delle culture con le quali siamo sempre più in contatto.

Siamo tutti concordi nel considerare la Scuola come un vero e proprio laboratorio, luogo di crescita fondamentale e terreno di cambiamento, qui i ragazzi si incontrano, le identità si mescolano e si rielaborano: ciascuno, però, manifesta e rielabora a proprio modo e secondo i propri strumenti la complessità dei fenomeni spesso descritti dai media, fenomeni che sempre più interessano la vita quotidiana di ognuno di noi.

Le attività proposte intendono proprio accompagnare i ragazzi verso una conoscenza e comprensione critica dei fenomeni attuali, verso il superamento dei pregiudizi e la comprensione delle differenti espressioni culturali, cogliendone gli aspetti di arricchimento reciproco. Crediamo, infatti, che soprattutto partendo dal basso e dai giovani si possa sviluppare una coscienza critica, al fine di contribuire alla realizzazione di un futuro e di una società migliori.

Il percorso didattico sarà suddiviso in due momenti, una prima fase di lettura-riflessione sui fumetti realizzati dai giovani con background migrante che hanno partecipato al Concorso europeo di ComiX4= Comics for Equality e una seconda fase di autoproduzione. Mentre la prima fase è necessaria nell’ambito di una didattica laboratoriale per avviare un dialogo con la classe, la seconda è di solito molto coinvolgente per i ragazzi, che vedono positivamente la possibilità di cimentarsi in un’attività creativa in cui potranno elaborare i loro prodotti.

A conclusione dei laboratori i materiali dei ragazzi saranno pubblicati sul sito e sul blog dell’associazione Africa e Mediterraneo, continuate a seguirci per scoprire il punto di vista dei nostri studenti! Il progetto è stato finanziato dalla Fondazione Banco di Sardegna.

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21 marzo 2014

Celebriamo la Giornata Internazionale per l’Eliminazione delle Discriminazioni Razziali

Da tempo il termine razza è praticamente scomparso dalla terminologia scientifica perché non è applicabile a una specie geneticamente omogenea come quella umana. Gli studi genetici hanno infatti dimostrato l’assenza di veri e propri confini biologici tra le diverse popolazioni, ma eliminare il fondamento scientifico del concetto di razza non è stato sufficiente a sbaragliare il razzismo che dal piano biologico si è spostato a quello culturale. La supposta superiorità dell’uomo bianco, non più dimostrabile a livello genetico, è stata quindi sbandierata in nome del differente grado di sviluppo a cui la “civiltà bianca” sarebbe arrivata rispetto alla “civiltà nera”. Ma la storia ha già insegnato che percepirsi superiori genera mostri.

foto di Maurizio Mori

Oggi, 21 marzo, si celebra in tutto il mondo la Giornata Internazionale per l’Eliminazione delle Discriminazioni Razziali, indetta dall’ONU in ricordo del massacro di Sharpeville del 1960, la giornata più sanguinosa dell’apartheid in Sudafrica: durante una pacifica manifestazione di protesta contro l’introduzione dell’Urban Areas Act, il provvedimento che imponeva ai cittadini neri di esibire uno speciale permesso nelle aree riservate ai bianchi, la polizia sudafricana aprì il fuoco sulla folla dei dimostranti, uccidendo 69 persone. Il comportamento della polizia venne denunciato da una speciale commissione d’inchiesta come eccessivo impiego della forza contro una folla disarmata e I’operato del Governo sudafricano venne ufficialmente condannato dalle Nazioni Unite.

In occasione di questa ricorrenza l’UNAR, l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali del Dipartimento per le Pari Opportunità, organizza eventi in tutta Italia e a Torino si svolge il convegno centrale dell’intera Settimana d’Azione contro il Razzismo ovvero la Presentazione nazionale dello Shadow Report 2012-2013 della Rete Europea contro il razzismo (ENAR), a cura del CIE, Centro d’Iniziativa per l’Europa del Piemonte, che vedrà la partecipazione del Presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz.

Buona giornata a tutti, all’insegna del colore arancione!

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08 aprile 2010

Razzismo e pregiudizio, il limite fra conscio e incoscio

Di Biancoenero

Ho recentemente trascorso una settimana a New York. Camminando per strada sono stato fermato da due giovani eleganti, che mi hanno chiesto se fossi ebreo. Ho risposto che, benché non di religione ebraica, ho alcuni parenti ebrei. Allora mi hanno domandato se mia madre fosse ebrea. Alla mia risposta negativa, mi hanno gentilmente salutato. Anche nel diritto romano “mater certa est”. Così in quello ebraico: per essere ebrei occorre la madre ebrea.

E’ chiaro che quei ragazzi, in una città come New York, nella quale la comunità ebraica è molto forte, cercavano nuove persone da affiliare. Queste dovevano però essere “ebrei”. Per loro e per chi organizza questo proselitismo “essere ebrei” è innanzitutto un fatto genetico. Di fronte a un atteggiamento così selettivo viene spontaneamente alle labbra la parola “razzismo”. No, non si tratta di razzismo. Il razzismo è proporre e approvare leggi che discriminano su base biologica gli esseri umani. Questa comunità, pur praticando una chiusura nei confronti degli altri antipatica e poco produttiva, non è razzista.

Proprio in questi giorni a New York va molto un bel libro di Gladwell, che si intitola “Blink”, sulle nostre procedure intellettuali inconsce e istantanee. In particolare si menziona un test, che è possibile anche fare on-line.

L’Implicit Association Test funziona così: prima si chiede alla cavia di attribuire delle parole a uno dei due insiemi denominati “bene” e “male”. Parole tipo “bellezza”, “gioia” e “luce” andranno nella prima categoria, mentre parole tipo “diavolo”, “violenza” e “dolore” nella seconda. Dopo di che si chiede alla cavia di attribuire parole a una delle due categorie composte “bene o di cultura afro-americana” e “male o di cultura anglosassone”.

Il risultato è che in generale gli americani bianchi, pur dichiaratamente anti-razzisti, diminuiscono la rapidità delle loro prestazioni ad associare parole evidentemente positive in una categoria dove ci può stare anche qualcosa di afro-americano. Questo significa che il loro inconscio possiede associazioni negative implicite per ciò che è afro-americano. Ognuno di noi presumo abbia associazioni negative implicite per ciò che è diverso e positive per ciò che è simile a lui. Questo non è razzismo, chiaramente. E’ un fenomeno, però, che va seriamente preso in considerazione e discusso. Certo quegli ebrei danno un po’ troppa importanza alle loro IAT anti-gentili.

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09 febbraio 2010

11/02/2010- La libertà degli altri, la Toscana contro il razzismo, la xenofobia e le nuove schiavitù a Firenze

Evento: La libertà degli altri, la Toscana contro il razzismo, la xenofobia e le nuove schiavitù.

Dove: Nelson Mandela Forum (Ex Palazzetto dello Sport a Campo di Marte), Firenze.

Quando: 11 febbraio 2010- ore 21.

Informazioni: La CGIL Toscana, con la direzione artistica di Sergio Staino ha organizzato per l’11 febbraio una manifestazione gratuita a Firenze per celebrare il ventennale della liberazione di Nelson Mandela. Una serata d’impegno civile e musica per non dimenticare e per riflettere su temi purtroppo ancora attuali. Uno spettacolo per invitare i cittadini a ribellarsi agli attacchi di razzismo e xenofobia tutt’ora presenti nel nostro Paese. Parteciperanno alla serata artisti come Guccini, Nada, Paola Turci, Paolo Hendel, Tetes de Bois, Juan Carlos ‘Flaco’ Biondini, e Gabin Dabiré e interveranno tra gli altri, Guglielmo Epifani e Claudio Martini.
Sarà quindi, la musica lo strumento per potere parlare di politica e dei problemi sociali.

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26 agosto 2009

Che cos’è il razzismo?

in: Cultura

razzismoDi Biancoenero

E’ facile oggi sentire una persona non particolarmente preparata culturalmente affermare: “Ah, io sono razzista! Quei negri non li posso sopportare!” Oppure una persona colta e di sinistra sostenere, di fronte a una persona che afferma che gli stanno antipatici i dirimpettai neri: “Quelli sono razzisti!”. In realtà il razzismo è tutt’altra cosa.

Nel bel libro di Matteo Motterlini, Trappole mentali, Rizzoli, Milano, 2008, c’è un capitolo intitolato “Stereotipi fuori controllo”, nel quale si descrivono alcuni esperimenti molto interessanti.

In particolare, Correll, dell’università del Colorado, ha messo a punto un videogioco nel quale bisognava immedesimarsi in un poliziotto con la pistola in mano e sparare se chi ti stava di fronte estraeva a sua volta una pistola. Molti fra gli studenti bianchi sbagliavano e ammazzavano gente che estraeva un accendino o il portafoglio. E va bene. Ma la cosa tragica è che il numero di sbagli contro avventori dalla pelle nera era il doppio di quelli commessi su bianchi! In realtà tutti noi abbiamo un’istintiva diffidenza verso coloro che non appartengono al nostro gruppo e tendiamo a considerarli tutti uguali. Le conferme sperimentali di queste disposizioni sono efficacemente descritte da Motterlini.

Che cos’è allora il razzismo?. E’ una tesi sostenuta con cognizione di causa che associa un particolare gruppo a una caratteristica negativa. Se dicessi “Gli albanesi sono moralmente inferiori agli italiani” starei dicendo qualcosa che non solo è falso, ma è anche una forma di razzismo. Se invece affermo che l’attuale crisi economica in Italia è colpa di tutti gli stranieri che sono entrati, starei dicendo qualcosa di palesemente falso, ma non certo razzista.
Se infine dicessi che non voglio vedere nel mio quartiere dei marocchini starei semplicemente esprimendo un mio sentimento molto antipatico, ma non sarei razzista.

Credo che bisogna stare attenti a tenere sempre ben presenti queste distinzioni.

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07 luglio 2009

Il razzismo sottile, la sopravvalutazione della capacità di sbagliare

in: Cultura

Di Biancoenero

Mi raccontava un’amica di un esperimento che alcuni mediatori culturali hanno realizzato a Milano. Nella città lombarda viveva un gruppo di migranti provenienti da un villaggio africano che non ricordo, i quali regolarmente mandavano le loro rimesse a casa. Questi migranti avevano capito che se nel paese fossero state spedite delle canoe anzichè del denaro, l’economia, che in quel momento giaceva in condizioni disperate, sarebbe migliorata significativamente. Così si decise di trattenere parte delle rimesse, fino a ottenere la somma per l’acquisto delle canoe; dopo di che invece dei soldi si sono mandate le barche in Africa. Dopo un po’ di tempo i migranti sono tornati al loro paese e hanno trovato le canoe del tutto inutilizzate e il paese che versava nella solita miseria estrema.

Che cosa era successo? Gli anziani del paese avevano avuto la sensazione che se fosse iniziata la pesca con l’uso delle canoe avrebbero perso la loro posizione di comando e quindi avevano impedito ogni azione. Così l’amica commentava che gli operatori avevano “sbagliato”, perchè non avrebbero previsto questa reazione da parte degli anziani della comunità.

La situazione è molto complessa e occorrerebbe conoscere tutti i dati per formulare un giudizio meditato. Però credo che sia importante evitare alcuni errori nella valutazione di questo tipo di episodi. Si tende ad attribuire agli operatori occidentali il libero arbitrio di scegliere diverse strategie, mentre i poveri “negri” sarebbero del tutto succubi della loro “Cultura” e si comporterebbero come una sorta di macchine automatiche. In questa storia a me verrebbe da biasimare più il conservatorismo degli anziani del villaggio che la poca lungimiranza degli operatori.

Uno dei fenomeni tipici della sopravvalutazione di se stessi, messa in luce dalla recente psicologia delle illusioni cognitive, consiste proprio nel considerare i nostri errori come evitabili, attribuendo invece quelli degli altri alla loro indole! L’atteggiamento dell’amica, che a prima vista sembrerebbe anti-occidentale e favorevole alla cultura del villaggio africano, in realtà nasconde una sottile forma di razzismo culturale, come se la cultura del villaggio sia una sorta di monade impenetrabile che guida deterministicamente i comportamenti degli abitanti del villaggio, mentre noi avremmo la libertà di comportarci in modi diversi. Sarà sempre troppo tardi quando cominceremo a considerare gli stranieri come persone e non come pedine portatrici di una cultura altra!

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07 luglio 2009

Il film “Come un uomo sulla terra” in onda sulla Rai

come-un-uomo-sulla-terraVerrà trasmesso per la prima volta in televisione – il prossimo 9 luglio su Rai 3, ore 23:40 – il film “Come un uomo sulla terra”. Per l’occasione pubblichiamo la recensione che abbiamo dedicato al documentario, pubblicata sul numero 65-66 di Africa e Mediterraneo.

Come un uomo sulla terra
regia di Andrea Segre e Dagmawi Yimer
Produzione: Italia, 2008, Alessandro Triulzi, Marco Carsetti e Andrea Sefìgre per Asinitas Onlus, in collaborazione con ZaLab
Durata: 60 minuti

In Italia il ministro dell’interno annuncia che nel 2009 gli sbarchi dalla Libia cesseranno, grazie al sistema delle espulsioni collettive (procedura che viola gli articoli 6 e 47 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, nonché l’art.10 del Testo Unico sull’Immigrazione del 1998, oltre aessere già stata condannata da una Risoluzione del Parlamento europeo nel 2005 quando l’allora ministro Pisanu ordinò le espulsioni verso la Libia da Lampedusa). In Francia il Ministro dell’Immigrazione si vanta delle sue 29.799 espulsioni che superano l’obiettivo di 26.000, prefissato a inizio anno.

In tutta Europa è stata adottata la direttiva della vergogna che prevede un periodo di detenzione di 18 mesi, l’espulsione anche dei minori e un’interdizione di 5 anni dal territorio europeo per tutti coloro che tentano di entrare senza documenti. Fino a quando le politiche di contrasto all’immigrazione clandestina continueranno a essere improntate su questo tipo di soluzioni drastiche, fino a quando si baseranno su procedure prive di accordi politici seri, prive di canali umanitari per i richiedenti asilo, fino a quando la sola possibilità di ingresso in Europa sarà costituita da inconsistenti decreti flussi o da carte blu, ovvero permessi unici di lavoro e residenza, concessi rapidamente, e riservati agli immigrati extracomunitari altamente qualificati, fino a quel momento i migranti spinti da necessità economiche e i richiedenti asilo politico saranno sempre di più costretti a battere le strade dell’immigrazione irregolare. E la situazione resterà invariata.
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