07 luglio 2009

Il razzismo sottile, la sopravvalutazione della capacità di sbagliare

in: Cultura

Di Biancoenero

Mi raccontava un’amica di un esperimento che alcuni mediatori culturali hanno realizzato a Milano. Nella città lombarda viveva un gruppo di migranti provenienti da un villaggio africano che non ricordo, i quali regolarmente mandavano le loro rimesse a casa. Questi migranti avevano capito che se nel paese fossero state spedite delle canoe anzichè del denaro, l’economia, che in quel momento giaceva in condizioni disperate, sarebbe migliorata significativamente. Così si decise di trattenere parte delle rimesse, fino a ottenere la somma per l’acquisto delle canoe; dopo di che invece dei soldi si sono mandate le barche in Africa. Dopo un po’ di tempo i migranti sono tornati al loro paese e hanno trovato le canoe del tutto inutilizzate e il paese che versava nella solita miseria estrema.

Che cosa era successo? Gli anziani del paese avevano avuto la sensazione che se fosse iniziata la pesca con l’uso delle canoe avrebbero perso la loro posizione di comando e quindi avevano impedito ogni azione. Così l’amica commentava che gli operatori avevano “sbagliato”, perchè non avrebbero previsto questa reazione da parte degli anziani della comunità.

La situazione è molto complessa e occorrerebbe conoscere tutti i dati per formulare un giudizio meditato. Però credo che sia importante evitare alcuni errori nella valutazione di questo tipo di episodi. Si tende ad attribuire agli operatori occidentali il libero arbitrio di scegliere diverse strategie, mentre i poveri “negri” sarebbero del tutto succubi della loro “Cultura” e si comporterebbero come una sorta di macchine automatiche. In questa storia a me verrebbe da biasimare più il conservatorismo degli anziani del villaggio che la poca lungimiranza degli operatori.

Uno dei fenomeni tipici della sopravvalutazione di se stessi, messa in luce dalla recente psicologia delle illusioni cognitive, consiste proprio nel considerare i nostri errori come evitabili, attribuendo invece quelli degli altri alla loro indole! L’atteggiamento dell’amica, che a prima vista sembrerebbe anti-occidentale e favorevole alla cultura del villaggio africano, in realtà nasconde una sottile forma di razzismo culturale, come se la cultura del villaggio sia una sorta di monade impenetrabile che guida deterministicamente i comportamenti degli abitanti del villaggio, mentre noi avremmo la libertà di comportarci in modi diversi. Sarà sempre troppo tardi quando cominceremo a considerare gli stranieri come persone e non come pedine portatrici di una cultura altra!

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