08 aprile 2010

Razzismo e pregiudizio, il limite fra conscio e incoscio

Di Biancoenero

Ho recentemente trascorso una settimana a New York. Camminando per strada sono stato fermato da due giovani eleganti, che mi hanno chiesto se fossi ebreo. Ho risposto che, benché non di religione ebraica, ho alcuni parenti ebrei. Allora mi hanno domandato se mia madre fosse ebrea. Alla mia risposta negativa, mi hanno gentilmente salutato. Anche nel diritto romano “mater certa est”. Così in quello ebraico: per essere ebrei occorre la madre ebrea.

E’ chiaro che quei ragazzi, in una città come New York, nella quale la comunità ebraica è molto forte, cercavano nuove persone da affiliare. Queste dovevano però essere “ebrei”. Per loro e per chi organizza questo proselitismo “essere ebrei” è innanzitutto un fatto genetico. Di fronte a un atteggiamento così selettivo viene spontaneamente alle labbra la parola “razzismo”. No, non si tratta di razzismo. Il razzismo è proporre e approvare leggi che discriminano su base biologica gli esseri umani. Questa comunità, pur praticando una chiusura nei confronti degli altri antipatica e poco produttiva, non è razzista.

Proprio in questi giorni a New York va molto un bel libro di Gladwell, che si intitola “Blink”, sulle nostre procedure intellettuali inconsce e istantanee. In particolare si menziona un test, che è possibile anche fare on-line.

L’Implicit Association Test funziona così: prima si chiede alla cavia di attribuire delle parole a uno dei due insiemi denominati “bene” e “male”. Parole tipo “bellezza”, “gioia” e “luce” andranno nella prima categoria, mentre parole tipo “diavolo”, “violenza” e “dolore” nella seconda. Dopo di che si chiede alla cavia di attribuire parole a una delle due categorie composte “bene o di cultura afro-americana” e “male o di cultura anglosassone”.

Il risultato è che in generale gli americani bianchi, pur dichiaratamente anti-razzisti, diminuiscono la rapidità delle loro prestazioni ad associare parole evidentemente positive in una categoria dove ci può stare anche qualcosa di afro-americano. Questo significa che il loro inconscio possiede associazioni negative implicite per ciò che è afro-americano. Ognuno di noi presumo abbia associazioni negative implicite per ciò che è diverso e positive per ciò che è simile a lui. Questo non è razzismo, chiaramente. E’ un fenomeno, però, che va seriamente preso in considerazione e discusso. Certo quegli ebrei danno un po’ troppa importanza alle loro IAT anti-gentili.

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