20 dicembre 2023

La Somalia negli scritti di Kaha Mohamed Aden

di Roberta Sireno

«Vorrei tanto consegnare a qualcuno questo sogno. Qualcuno degno di aprire questo sogno. Aprire il sogno, si dice letteralmente così in somalo. […] Il sogno non è aperto se non ne discutono due soggetti: il sognatore e una persona X scelta da lui. La persona scelta dovrebbe trovare e dare un senso al sogno. […] Io ho scelto di consegnare a voi l’incubo. Non è possibile discuterne con voi, né voi potete discuterne con me.»
(Kaha Mohamed Aden, da Fra-intendimentiEd. nottetempo, Roma, 2010)

Condividiamo il dolore e ricordiamo con affetto Kaha Mohamed Aden, che da alcuni giorni è venuta a mancare. La rivista Africa e Mediterraneo aveva avuto la sua preziosa e qualificata collaborazione con diversi articoli e racconti, ma anche in incontri pubblici sui temi dell’intercultura e del dialogo. Kaha è una voce ineguagliabile nel panorama letterario attuale; aveva raccontato attraverso i suoi ironici e pungenti racconti e le sue intelligenti narrazioni la storia coloniale italiana e la sua personale esperienza di migrazione dalla Somalia all’Italia, la sua fuga dalla guerra civile con il padre, noto esponente politico imprigionato dalla dittatura di Siad Barre. Negli anni Novanta si era stabilita a Pavia, laureandosi in Economia e conseguendo un Master in Cooperazione allo Sviluppo nella Scuola Universitaria Superiore di Pavia (IUSS). Da allora aveva svolto varie attività nel settore della mediazione culturale occupandosi di temi quali l’immigrazione e l’intercultura.

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ph. 2017, Mariarosa Delleani

Il padre e la figlia sono stati accomunati da un’attiva partecipazione sia alla vita politica transnazionale che a quella letteraria di scrittori: Aden Sheikh è stato ministro del primo governo Barre e poi consigliere municipale della giunta comunale di Torino, e nel suo libro uscito nel 2010 La Somalia non è un’isola dei Caraibi. Memorie di un pastore somalo in Italia scrive:

«I miei figli hanno affrontato il loro trasferimento in Italia armati della capacità di pensare con la propria testa e della libertà di esprimere il proprio pensiero.» (cit., p. 225)

Inseguendo la scia del padre, Kaha Mohamed Aden nel 2010 aveva pubblicato il romanzo Fra-intendimenti, nel quale descriveva l’inizio del conflitto somalo, ma anche le difficoltà nell’adattarsi alla nuova vita in Italia. Nel 2019 era uscita Dalmar. La disfavola degli elefanti, una favola distopica che diventa lo sfondo per una narrazione a più livelli che cerca di affrontare il trauma della guerra (recensita su AeM n. 91/2019 da Francesca Romana Paci). La sua scrittura e il suo attivismo l’aveva portata a scrivere anche riflessioni critiche e articoli per diverse riviste come “Nuovi Argomenti” n° 27 (2004), “Geografie della psicoanalisi”, Psiche, 1, 2008, “Incontri – Rivista Europea di Studi Italiani”, Volume 32 (2) 2017, e per la nostra rivista “Africa e Mediterraneo” aveva pubblicato Nabad iyo Caano. Pace e Latte, n. 2/14, Cambio d’abito – n. 1/17, Un felice goffo volo dallo Yaya Centre – n. 1-2/20. Africa e Mediterraneo aveva inoltre promosso la sua presenza all’incontro per la Pace delle scuole di Lampedusa in aprile 2022. Anche se la sua partecipazione si è potuta realizzare solo solo online, Kaha è riuscita a incantare insegnanti, studenti e studentesse con intelligenti parole di dialogo e pace.

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La ricostruzione storica delle vicende familiari e la prospettiva postcoloniale sono sempre stati elementi fondanti nelle riflessioni e nelle opere della scrittrice italo-somala, che, appunto, ci ha consegnato «l’incubo» della migrazione personale e collettiva, il racconto di un esilio. Tuttavia, non manca mai nelle sue scritture la manifestazione, spesso umoristica e ironica, di un desiderio incoraggiante, in cui il presente della società di arrivo e il passato vissuto nella società di origine si incrociano e si mescolano, in direzione del dialogo, dell’integrazione e dell’arricchimento interculturale.

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13 dicembre 2023

Testi sacri/Immagini profane. Il convegno sui saperi religiosi nella pittura popolare congolese dell’Università della Calabria (4-6 giugno 2024)

Il Dipartimento di Studi umanistici dell’Università della Calabria sta organizzando un importante convegno internazionale sul rapporto tra la trasmissione dei messaggi religiosi e l’arte plastica popolare urbana in Congo. Considerata un interessante punto di osservazione di processi sociali e culturali per uno studio delle interrelazioni fra testo sacro, evangelizzazione e iconografia (devozionale e non), l’arte popolare merita riconoscimento e legittimazione come fonte storica e, in modo più incisivo, quale modalità di rappresentazione performativa. Un riconoscimento che il Dipartimento ha mostrato digitalizzando la preziosa collezione di pittura popolare congolese raccolta da Bogumil Jewsiewicki tra il 1968 e il 2005, rendendola disponibile nel sito http://www.congoartpop.unical.it/

Schermata 2023-12-11 alle 11.49.23Il Convegno propone di dibattere questi temi in un’ottica interdisciplinare e in una prospettiva comparativa, estendendo lo sguardo ad altre aree storico-culturali, coloniali e non, e alle più generali dinamiche di scambio tra cultura ‘alta’ e cultura ‘popolare’. In tal senso, vuole essere un’occasione di approfondimento di problemi nodali, secondo due ambiti tematici: I) Immagini e trasmissione del sacro; II) Saperi-poteri-rappresentazioni. Un confronto aperto che aggiunge una tavola rotonda tesa a consentire un più diretto scambio di idee e a fare il punto delle esperienze guardando a nuove prospettive di ricerca.

Il Convegno, di cui pubblichiamo la call for papers, si propone inoltre di volgere lo sguardo anche alle dinamiche di un presente caratterizzato da un’accelerazione dei processi migratori e della convivenza tra persone di diverse culture; dal coesistere di forme di identità fluide accanto a sovranismi e nazionalismi; da sradicamenti obbligati, materiali e culturali; dalle sfide della secolarizzazione. In un tale quadro di riferimento la riconsiderazione dei processi di trasmissione delle conoscenze e delle categorie religiose appare utile anche per aprire la strada a forme nuove di inclusione e coesistenza. 

CALL FOR PAPERS:

CALL ITA – CONVEGNO UNIV CALABRIA 4-6 GIUGNO 2024
CALL FR. – COLLOQUE UNIV. CALABRIA – 4-6 JUIN 2024
CALL INGL. – CONFERENCE UNIV CALABRIA 4-6 JUNE 2024

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12 dicembre 2023

“Orizzonti Interculturali” l’Open Day al Centro Interculturale Zonarelli sabato 16 dicembre con proposte per tutte le età

Un sabato pomeriggio di immersione nelle ricchezze interculturali di Bologna dedicato a famiglie, giovani lavoratori e lavoratrici, bambini e bambine, con laboratori, dibattiti e proiezioni cinematografiche.
Invito aperto a tutti e tutte per Sabato 16 dicembre a partire dalle 15 al Centro Interculturale Zonarelli in Via Giovanni Antonio Sacco 14, all’evento che alcune organizzazioni che lavorano all’intercultura e all’inclusione hanno organizzato nell’ambito del progetto “Orizzonti Interculturali”, finanziato dal Settore Innovazione e semplificazione amministrativa e cura delle relazioni col cittadino del Comune di Bologna.

Una giornata in cui ogni associazione apporta un contributo particolare, tanto che il programma si sviluppa contemporaneamente in due sale, una dedicata al dibattito e all’approfondimento, l’altra dove si svolgeranno le attività artistiche e ludico-motorie.

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Si comincia alle ore 15:00 nella sala Polivalente con la sfilata di costumi tradizionali delle etnie vietnamite a cura dell’associazione Associazione Italia-Vietnam Ponte tra Culture e si proseguirà con la proiezione del video realizzato dall’Associazione Dry Art che presenta tutte le associazioni che partecipano al progetto. A seguire in due parole si auto-presenteranno le associazioni e sarà approfondito lo Sportello Antidiscriminazioni SPAD a cura di Africa e Mediterraneo.
Alle ore 16:00 sarà il momento di “Nero Nomade Film Festival”: Cineforum itinerante a cura di BHMBO – con la proiezione di un cortometraggio e dibattito per affrontare la tematica del dialogo interculturale e interreligioso, attraverso il cinema d’autore realizzato da registi neri e afro-discendenti presenti in Italia e non conosciuti dai circuiti classici.  Alle ore 17:30 sarà la volta del dibattito a cura di Geopolis dal titolo “Africa Instabile”. Qual è lo stato di salute del continente africano? Conflitti e colpi di stato hanno segnato l’anno che si avvia alla sua conclusione. In Africa è in atto un processo di de-occidentalizzazione, i paesi africani stanno cercando di rendersi più indipendenti o nuove dinamiche geopolitiche la stanno conducendo a nuovi corsi? Cosa ha determinato il considerevole aumento dei flussi migratori ai nostri confini, in particolare dalla Tunisia? Alcune potenze europee lasciano sempre più campo ad altri paesi come Cina, Russia e Turchia la gestione del continente, o quello a cui stiamo assistendo è una sconfitta della strategia occidentale, in particolare europea? La Francia si allontana sempre più dalle proprie colonie, il nostro paese che ruolo e quale tipo di influenza è ancora capace di esercitare? Il dibattito sarà condotto da Luciano Pollichieni, collaboratore di Limes e analista fondazione Med-Or ed Elia Morelli, Ricercatore di storia (UniPisa) e analista geopolitico (Domino), con la moderazione di Stefano Totaro (Geopolis). Interverrà per i saluti istituzionali Rita Monticelli, docente dell’Università di Bologna e consigliera comunale con delega per i diritti e il dialogo interreligioso.

Partirà alle 15:30 nell’altra sala “Arte in Gioco” – un mondo di colori per colorare il mondo: laboratorio di lettura con il Kamishibai della storia Stella di Fuad Aziz e rielaborazione grafico-pittorica. A cura di TotemLab APS e Associazione MondoDonna Onlus. Dopo un momento doverosamente dedicato alla merenda, alle ore 17:00 le ACLI Provinciali di Bologna proporranno “Dall’io all’altro, tra danze, culture e religioni”, laboratorio di Ludo-danza e meditazione che unisce i percorsi realizzati per gli studenti delle scuole secondarie di I grado di Bologna all’interno del progetto: metodologie e contenuti che testimoniano la ricchezza della diversità e l‘esser fratelli tutti.

Si termina insieme alle ore 18:00 con il cerchio interculturale e artistico di condivisione promosso da Arte Migrante, in cui adulti e bambini potranno proporre una performance di ballo, musica, canto, poesia e altro.

Gli enti che partecipano al progetto sono: Associazione interculturale per inserimento lavorativo di volontariato AIPILV, Associazione Universo Interculturale, Geopolis, Associazione Italia-Vietnam Ponte tra Culture, Africa e Mediterraneo, Arte Migrante, Dry-Art Ets, TotemLab APS, Black History Month Bologna – BHMBO, Acli Provinciali di Bologna, MondoDonna Onlus.

Per i dettagli sul programma:
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04 dicembre 2023

Teatro No’hma. XIV Edizione del Premio Internazionale “Il Teatro Nudo” di Teresa Pomodoro

di Francesco Romana Paci

Giovedì 2 novembre 2023 ha avuto luogo a Milano al Teatro No’hma la serata conclusiva della XIV Edizione del Premio Internazionale “Il Teatro Nudo” di Teresa Pomodoro, del quale è Presidente Livia Pomodoro, sorella dell’attrice scomparsa e continuatrice della sua opera. Gli spettacoli in gara erano quattordici dei trentanove messi in scena dal Teatro No’hma durante la stagione 2022-2023. I premi sono assegnati separatamente dalla Giuria degli Spettatori e da una Giuria di Esperti. A ciascuno dei due principali premi si aggiungono poi di fatto quattro ulteriori premi, due Menzioni Speciali da parte degli Spettatori e due da parte degli Esperti.
Per il secondo anno, inoltre, è stato assegnato un settimo premio, il “Premio Speciale per la Conservazione del Patrimonio Culturale dell’Umanità”. Quest’anno il Premio Speciale è stato attribuito a Birdy, della Compagnia di Danza Contemporanea “Hung Dance” di Taipei, Taiwan.

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Il Premio della Giuria degli Spettatori è andato allo spettacolo Dance Andalacia, del Manolo Carrasco Ensemble, Spagna. Le due Menzioni Speciali degli Spettatori sono andate allo spettacolo di danza Die Musen, Germania; e a From Malta with Love, della Moveo Dance Company di Malta.

Il Premio della Giuria di Esperti è stato assegnato al musical – canto, danza e recitazione – Mahalia, the Queen of Gospel Music, del Hattiloo Theatre di Memphis, Tennessee. Le due Menzioni Speciali sono state assegnate a Land of Poetry, pièce multidisciplinare creata dall’attore e scrittore Martin Chishimba e prodotta dal Twangale Cultural Centre della città di Ndola in Zambia – se ne è già scritto su questo blog il 3 luglio 2023; e a Los Pàjaros Negros, spettacolo di musica, canto, danza, arti visive e ricerca storica della compagnia multidisciplinare La Franja Teatral di Cuba.

Vale la pena ricordare che la Giuria degli Esperti, presieduta da Livia Pomodoro, è internazionale. È formata da personalità del teatro e della cultura – un catalogo lungo, ma interessante da considerare dettagliatamente: Lev Abramovič Dodin (Direttore Artistico del Malyj Dramatičeskij Teatr di San Pietroburgo); Fadhel Jaïbi (Direttore del Théâtre National Tunisien); Oskaras Koršunovas (Fondatore e Direttore Artistico dell’Oskaro Koršunovo Teatras di Vilnius – OKT); Stathis Livathinos (Regista Teatrale e Cinematografico greco); Muriel Mayette-Holtz (Direttrice del Théâtre National de Nice); Enzo Moscato (Fondatore e Direttore Artistico della Compagnia Teatrale Enzo Moscato); Lluis Pasqual (Regista teatrale spagnolo); Tadashi Suzuki (Fondatore e Direttore della Suzuki Company di Toga – SCOT); Gábor Tompa (Direttore del Hungarian Theatre of Cluj in Romania); Lim Soon Heng (Regista Teatrale malese).

La sala del Teatro No’hma traboccava di pubblico, in buona parte composto di gruppi esuberanti, che esprimevano con notevole sonorità le proprie preferenze e la propria attesa della proclamazione dei vincitori. La serata era organizzata come uno spettacolo in sé. In occasione della Premiazione Livia Pomodoro era sul palcoscenico, coadiuvata dall’attrice Simonetta Solder, per offrire elementi storici sulle compagnie e sul No’hma, e soprattutto per leggere le motivazioni delle Giurie. Alcune delle compagnie premiate erano presenti fisicamente e hanno potuto ringraziare personalmente e offrire dal vivo saggi della loro professionalità – tutte tre le compagnie premiate dalla Giuria degli Spettatori erano in teatro; particolarmente applauditi i danzatori di flamenco di Manolo Carrasco, che era di persona al pianoforte. Altre hanno partecipato attraverso registrazioni selezionate dai loro spettacoli e grazie alla rete hanno ringraziato comparendo e parlando da remoto – hanno partecipato da remoto la Hung Dance di Taiwan, lo Hattiloo Theatre di Memphis, La Franja Teatral di Cuba.
Della Compagnia del Twangale Cultural Centre dello Zambia era presente in teatro Martin Chishimba, che ha letto, in inglese, un lungo brano dalla sua copia personale dei poemetti del poeta e studioso ugandese Okot p’Bitek, Song of Lawino e Song of Ocol, dai quali lui stesso ha tratto lo spettacolo Land of Poetry. Chishimba, che, per inciso, parla sia uno Standard English sia un ottimo italiano, ha modulato attorialmente l’inglese del testo su apposite sonorità che per brevità possiamo chiamare africane.

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A margine, o in aggiunta, viene spontaneo notare che il Premio e le due Menzioni Speciali della Giuria degli Esperti internazionali sono tutti e tre spettacoli collegati in gradi e modi diversi con le diaspore africane e la loro storia secolare. Inoltre provengono tutti da luoghi materialmente collegati fin dall’inizio del colonialismo con la diaspore – imposte, involontarie, semivolontarie: basti pensare al commercio degli schiavi.

Mahalia, the Queen of Gospel Music del Hattiloo Theatre di Memphis contiene implicitamente il colossale elemento della tratta atlantica di schiavi africani; le vicende dello schiavismo in terra nordamericana; la tumultuosa liberazione degli schiavi; e da tutti quegli eventi il sorgere e l’affermarsi di una loro complessa cultura, che in relativamente pochi decenni diventa e agisce come cultura primaria, letteralmente ispirando e influenzando il mondo. Alla tratta atlantica si lega anche Los Pàjaros Negros, della compagnia La Franja Teatral di Cuba. Lo spettacolo è particolarmente ardito nella trattazione del tempo e della storia dei Neri nei paesi dove la tratta forzosamente li innesta. Le sottili e meno sottili contorsioni del razzismo che non vuole scomparire sono interpretate proprio collegando con il presente eventi e figure note e significative del passato – come, per esempio il tip-tap di Shirley Temple e Bill Robinson. Land of Poetry rappresenta una situazione successiva, quando nella seconda metà del secolo scorso le politiche coloniali europee includono accoglimento, studi universitari e possibili carriere per giovani e meno giovani intellettuali neri, sia africani sia diasporici – una situazione variabilissima in tempo e luogo e tuttora in notevole evoluzione. Come accennato, Land of Poetry deriva dai poemetti sopracitati di Okot p’Bitek, studente universitario in UK, poeta, accademico in Africa e in USA, studioso, e critico di alcuni atteggiamenti della ricerca antropologica europea nei confronti degli studi africani.
La nuova stagione e della XV Edizione del Premio Internazionale No’hma si è aperta il 23 novembre con la pièce Ensayo sobre el miedo – Distopia grottesca sulla fine del mondo, proveniente dall’Argentina, uno spettacolo che amplia la ricerca sulle linee del nuovo razzismo, della creazione del nemico, del premere ai confini da parte di una immigrazione vissuta come minacciosa, oscura e fatale.

N.B.: Dopo le prime, gli spettacoli del Teatro No’hma sono caricati integralmente in rete, facilmente reperibili con il loro titolo.

LISTA DEI PREMI:

PREMIO SPECIALE PER LA CONSERVAZIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE DELL’UMANITÀ

  • Birdy di Hung Dance (Taiwan)

PREMIO GIURIA DEGLI ESPERTI

  • Mahalia – The Queen of Gospel Music di Hattiloo Theatre (Tennessee)
  • Land of poetry di Twangale Cultural Centre (Zambia)
  • Los Pajaros Negros di La Franja Teatral (Cuba)

PREMIO GIURIA DEGLI SPETTATORI

  • Dance Andalucia di Manolo Carrasco (Spagna)
  • Die Musen di Lidia Buonfino (Germania)
  • From Malta with love di Moveo Dance Company (Malta)

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23 novembre 2023

Torneo di calcetto “Orizzonti interculturali”

Tre giorni da tre squadre ciascuno, poi i quarti di finale, le semifinali e la finale: questo il programma secondo il quale si affronteranno le squadre di giovani di origine migrante e non nel Torneo di Calcetto che si terrà SABATO 2 DICEMBRE presso il campetto adiacente al Centro Interculturale Zonarelli (via Sacco 14, Bologna). Gli arrivi e le registrazioni inizieranno alle h 9,45 mentre la premiazione della squadra vincitrice è prevista per le h 17,30.

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Questo evento sportivo è organizzato da alcune organizzazioni che collaborano già in progetti che fanno riferimento al Centro Interculturale Zonarelli, in particolare allo Sportello Antidiscriminazione: Geopolis, AIPILV Associazione Interculturale Per L’inserimento Lavorativo e Di Volontariato, Dry-Art Ets, Associazione Interculturale Universo Aps, Totemlab Aps, Associazione Italia Vietnam Ponte Tra Culture, Black History Month Bologna – BHMBO, Acli Provinciali Bologna, Arte Migrante, Africa e Mediterraneo. Daranno il loro supporto alla giornata il Gruppo Scout Bologna 8 e l’Associazione SIDAPS.

Il torneo si inserisce nell’ambito del progetto “Orizzonti Interculturali”, finanziato dal Settore Innovazione e semplificazione amministrativa e cura delle relazioni col cittadino del Comune di Bologna, che comprende un Open Day al Centro Zonarelli sabato 16 dicembre nel pomeriggio con un ricco programma a cui sono invitati cittadine e cittadine di tutte le età.

Un insieme di eventi che comincia proprio con lo sport, un linguaggio universale che può abbattere le barriere e promuovere valori come la condivisione, il rispetto reciproco e l’inclusione. Con la realizzazione di un torneo di calcetto antirazzista e con la realizzazione di un Open Day, sabato 16 dicembre, racconteremo le diversità culturali che popolano la nostra città e creeremo un luogo di incontro aperto alla cittadinanza.

Vi aspettiamo numerosi!

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13 ottobre 2023

Restituzione: etica e metodologie per lo studio di un patrimonio contestato

Il tema della restituzione di oggetti culturali e resti umani presenti nei musei etnografici ai musei e alle comunità africane, già presente nel pensiero post-coloniale e fortemente sentito dalle comunità di attivisti/e, è al centro del dibattito contemporaneo. Africa e Mediterraneo lo ha scelto per il proprio dossier numero 100, che sarà curato da Lucrezia Cippitelli e Donatien Dibwe dia Mwembu.

La restituzione rientra nel più ampio movimento per la decolonizzazione di rapporti tra Nord e Sud globali. Le narrazioni spesso parziali e selettive della storia e della memoria proposte dai musei hanno un importante ruolo nel dare forma discorsiva e materiale al nostro posizionamento.

Ri-significare e re-immaginare queste istituzioni è indispensabile per riconoscere la violenza della storia coloniale e opporsi alle politiche razziste e discriminatorie che persistono nel mondo dell’arte e della cultura. 

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La pressione del movimento internazionale per la restituzione impone oggi ai musei occidentali di lavorare sui propri archivi con la consapevolezza che il lascito di appropriazione culturale e materiale che essi portano in sé ha un impatto diretto e immediato sulla loro stessa esistenza. Bisogna anche aggiungere che le condizioni di acquisizione dei manufatti sono state molteplici e che, oltre al saccheggio e alla sottrazione coercitiva, molti altri oggetti sono giunti in Occidente tramite donazioni diplomatiche, collezioni missionarie ed etnografiche e il mercato dell’arte.

Tutto questo dovrebbe spingere i musei a intraprendere approfondite analisi giuridiche e storiche delle collezioni esistenti. Iniziative politiche e culturali efficaci mettono in discussione il sapere occidentale, in particolare le classificazioni ancora in essere presso le nostre istituzioni. Allo stesso tempo, la restituzione condiziona le iniziative politiche internazionali, i programmi di insegnamento a tutti i livelli, e le pratiche culturali.

Il dossier numero 100/2024 di Africa e Mediterraneo si focalizzerà su casi studio nazionali per proporre uno studio comparato della situazione nei diversi paesi europei. Il dossier includerà una sezione speciale sul caso italiano.

Ecco la nuova call for papers.

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Didascalia: Humboldt Forum, giugno 2022, allestimento sul tema dell’ingiustizia coloniale e restituzione. Foto di Sandra Federici

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06 ottobre 2023

Lampedusa, 3 ottobre 2013–3 ottobre 2023: dieci anni di indifferenza

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La manifestazione alla Porta d’Europa di Lampedusa

Le celebrazioni del 3 ottobre, Giornata della memoria dei morti dell’immigrazione, quest’anno a Lampedusa sono state particolarmente ricche e partecipate, essendo il decennale del terribile naufragio in cui morirono 368 persone.

Erano presenti associazioni, istituzioni internazionali, scolaresche, singole persone, tanti superstiti e famigliari delle vittime, davvero numerosi quest’anno, invitati dal Comitato Tre Ottobre.

Si è cominciato alle 3,15 del mattino con la commemorazione al memoriale “Nuova Speranza” che riporta i nomi delle vittime, arricchito da un nuovo murales dell’artista Neve: erano presenti moltissime persone, un  momento di forte commozione.

Dalle 9, una grande folla si è radunata in Via Roma e si è incamminata verso la Porta d’Europa, dove, dopo i discorsi istituzionali, le vittime sono state ricordate con preghiere di diverse religioni, canti, e la lettura dell’elenco dei nomi. Elenco ricostruito dai superstiti su stimolo di Vito Fiorino, che quella mattina si trovava in mare a pescare con alcuni amici e diede l’allarme, salvando sulla propria barca 47 persone.

Ma queste giornate sono state animate da altri incontri, reading, spettacoli teatrali, facendo dell’isola delle Pelagie un crocevia di iniziative ed energie attive per nuove narrazioni e per chiedere l’apertura di percorsi legali, unica via per fermare la migrazione irregolare e pericolosa.

I famigliari e i sopravvissuti partecipano alla deposizione della corona di fiori nel punto del naufragio. Lampedusa, 3 ottobre 2023

I famigliari e i sopravvissuti partecipano alla deposizione della corona di fiori nel punto del naufragio. Lampedusa, 3 ottobre 2023

Il 2 ottobre, un convegno ha riunito i membri del BTIN, Border Towns and Islands Network, una rete di luoghi di confine attivata qualche anno fa per iniziativa del Comune di Lampedusa, che fa dialogare autorità locali e ONG coinvolte nell’accoglienza.

“Il dialogo fra noi può aiutarci a far capire alle istituzioni europee”, ha affermato il sindaco Mannino aprendo il convegno, “che c’è un problema non più rimandabile, che la politica internazionale fa finta di non vedere. Ma poi la storia ci presenta il conto, perché qualche giorno fa qui sono arrivate in poche ore più di 10.000 persone e celebreremo tra poco il 10° anniversario del naufragio del 3 ottobre.”

Il professor Michele Bruni, economista membro del Centro di analisi delle politiche pubbliche presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, ha proposto di vedere la migrazione secondo una teoria non emergenziale, osservando il fenomeno attraverso dati economici e demografici. Questi ci dicono che dal 2020 al 2050 ci sarà un calo di 12.468.000 persone nella “working age” in Italia, mentre in Europa27 il calo sarà di 64.484.000 individui. Per contro, In Africa la popolazione in età da lavoro crescerà di 806.574.000, ma i posti di lavoro che saranno creati saranno solo 524.273.000. Quindi le persone si sposteranno nel corso degli anni dove ci saranno i posti e mancheranno i lavoratori.

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La commemorazione alle 3 del mattino, ora del naufragio, al memoriale “Nuova Speranza”.

Luca Di Sciullo, presidente di IDOS (Dossier Statistico Immigrazione), ha spiegato negli ultimi 25 anni la narrazione sulla migrazione in Italia è stata basata sulla paura, con la quale alcuni partiti hanno costruito i loro successi elettorali. Una visione che ha intossicato le coscienze attraverso la propaganda, riducendo la capacità di solidarizzare, e facendo provare paura, sospetto, inimicizia, repulsione, anche odio. “Se nel 1989”, ha affermato Di Sciullo, “l’omicidio del sudafricano Jerry Masslo che lavorava vicino a Caserta causò le più grandi manifestazioni antirazziste in Italia e la promulgazione della legge che regolava un vuoto normativo, oggi quante migliaia di Jerry Masslo muoiono in Italia, nel mare, suicidi nelle carceri, nei campi? E qual è il sentimento? Non ci importa, sentiamo come un senso di noia, assuefazione, fastidio. Quasi tutte le leggi sulla migrazione sono state fatte da partiti xenofobi al governo, e anche quando governava l’altra parte, che dovrebbe avere più rispetto per i diritti delle persone migranti, per la paura di diventare impopolare ha evitato di cambiare le leggi, o ha perseguito politiche identiche a quelle della destra. Possiamo dire che l’approccio alla migrazione è il vero pensiero bipartisan in Italia.”

Fatima Fernandez, dell’UCLG (United Cities and Local Governements), ha ripercorso il cammino di Lampedusa in questa unione di città e il suo ruolo nel promuovere la migrazione come tema principale in agenda, a partire dalla prima partecipazione dell’allora sindaco Martello al Mayor Migration Council a Marrakech nel 2018 fino alla Carta di Lampedusa, approvata nell’ultimo congresso mondiale. Esso è un documento politico ma anche un piano di lavoro e contiene diversi principi con azioni collegate: il primo principio è la dignità, con l’assistenza umanitaria e la protezione dei diritti umani; il secondo l’equità, con l’uguale trattamento dei lavoratori; il terzo il riconoscimento: della cittadinanza, di percorsi regolari (sempre più le città prendono iniziative di regolarizzazioni a livello “locale”, perché sono loro che affrontano i problemi concreti dando servizi per il lavoro, la sanità, l’istruzione… ). Il quarto principio è la partecipazione, il quinto la solidarietà, il sesto la comunità, con la memoria collettiva sulla mobilità umana, il settimo infine la resilienza: la migrazione ha un potere trasformativo per le persone che migrano, per i territori da cui partono, per i territori dove arrivano.

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Il corteo in cammino verso la Porta d’Europa con i cartelli riportanti i numeri delle vittime dei naufragi nel corso degli anni

Gli incontri di quest’anno del BTIN, coordinato dal segretario Carlo De Marco, sono stati speciali per la presenza di una delegazione della Barka Mutual Help Foundation, che in Polonia e altri paesi europei si occupa del recupero sociale e inserimento in comunità residenziali di persone di nazionalità polacca con dipendenze e senza dimora, spesso in conseguenza a rientri da percorsi migratori falliti.

16 persone che ora sono operatori o community leader, ma hanno lottato duramente e non devono mai abbassare la guardia nei confronti dei fantasmi del passato, hanno avuto l’occasione di una field visit a Lampedusa, con momenti formativi sul tema della migrazione, visite ai luoghi significativi (Cimitero, Porta d’Europa, Memoriale…) e ovviamente partecipazione alle cerimonie con i famigliari e i sopravvissuti. Molti di loro alla fine hanno raccontato di avere vissuto con questi incontri un cambio totale di prospettiva rispetto all’idea della migrazione diffusa in Polonia, dove è molto forte la propaganda anti migranti, con fake news vere e proprie confezionate e diffuse anche da media ufficiali. Molti di loro si sono impegnati ad agire attivamente per contrastare le false notizie e diffondere una visione corretta del fenomeno migratorio.

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13 settembre 2023

Essere donna oggi in Ghana: il romanzo “L’unica moglie” di Peace Adzo Medie

La prima scena del romanzo d’esordio di Peace Adzo Medie, accademica nata in Liberia ma cresciuta in Ghana, studiosa delle politiche contro la violenza delle donne presso l’Università di Bristol, descrive la cerimonia di un matrimonio combinato vissuta dal punto di vista della giovane sposa. La prima cosa che la ragazza ci dice è che il suo promesso sposo non c’è: il matrimonio avverrà “in absentia”, perché il futuro marito è in viaggio di lavoro e sarà rappresentato dal fratello. Dai pensieri di Afi Tekple capiamo che lei, convinta dalla madre, ha accettato di sposare il ricco, bello e brillante uomo d’affari Elikem Ganyo, figlio di una potente commerciante – Zietta – che ha beneficiato la madre di Afi dopo la morte del marito, e che spera così di allontanare il figlio da una misteriosa compagna liberiana, non gradita alla famiglia. Questa scelta consente alla giovane Afi di sperimentare il passaggio tra le due punte lontanissime della forbice che separa le famiglie povere dalla nuova rampante classe medio-alta di imprenditori e politici. Si trasferisce infatti dalla cittadina di Ho ad Accra per iniziare la sua nuova vita da moglie, in un quartiere per nuovi ricchi con servitù e appartamento equipaggiato di elettrodomestici che lei non sa usare.

Schermata 2023-09-13 alle 11.31.44La sua inquietudine per la strana assenza del marito è ignorata dalle due famiglie che la spingono ad accettare il ruolo di bella moglie silenziosa, spendacciona e ubbidiente di un uomo che in realtà non vuole lasciare un’altra donna. Ma Afi fa domande, chiede spiegazioni, pretende che il marito sia presente, inizia a formarsi come stilista… I parenti potrebbero pensare che la sua sia solo la lotta per essere l’unica moglie, e inizialmente anche lei lo pensa, mentre invece è un vero e proprio cammino verso l’emancipazione e l’indipendenza.

Non stupisce il fatto che i diritti del libro siano stati presto acquisiti da produttori statunitensi di cinema e serie, perché la storia cattura chi legge quasi come un romanzo rosa, con “illusioni” romantiche alternate a momenti di frustrazione a cui la protagonista, consigliata e sostenuta da altre giovani donne, risponde con sempre maggiore coscienza femminista, sganciandosi con determinazione, seppur lentamente, dagli obblighi di obbedienza alla madre e ai parenti che fanno parte dell’ambiente culturale in cui è cresciuta. Figura simbolo di questo ambiente è lo zio Pious, parassita che vive alle spalle delle numerose mogli, trascurando i figli e pretendendo elemosine dai nuovi parenti in nome di una pretesa autorevolezza morale.

Dal punto di vista narrativo il romanzo ha un andamento un po’ disomogeneo, passando dalle minuziose descrizioni dei rapporti e dialoghi tra i personaggi della prima parte a passaggi un po’ frettolosi nella parte finale, verso lo scioglimento della vicenda. Lo stile di Peace Adzo Medie è neutro, con alcune parole in lingua originale soprattutto in riferimento al cibo e a modi di dire in gergo locale, elencate nel glossario finale.

Il libro offre un’interessante rappresentazione delle contraddizioni sociali di un paese in crescita come il Ghana: nell’esperienza di Afi si ritrovano infatti sia la vita povera di un villaggio rurale sia l’estremo lusso dei magnati della politica, del commercio e della finanza. Non mancano inoltre il settore della moda – con le nuove stiliste che si affermano producendo costosi abiti e accessori per le classi alte – lo sviluppo immobiliare, gli affari facili, il traffico incontrollabile della metropoli.

Afi trova la propria strada tra le donne costrette alla subordinazione dalla povertà e quelle che vivono la condizione di “oggetto” di uomini ricchi con consapevolezza e traendone il massimo vantaggio.

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Peace Adzo Medie
L’unica moglie
Francesco Brioschi editore 2022
Collana Gli Altri
Traduzione di Gabriella Grasso

Il libro è acquistabile qui:
https://www.brioschieditore.it/catalogo-libri/l_unica_moglie.aspx

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05 settembre 2023

“Acqua e Africa” un dossier di Africa e Mediterraneo che mette in prospettiva le sfide del mondo che cambia

“Acqua e Africa | Water and Africa” è il dossier numero 98 di Africa e Mediterraneo, appena pubblicato. Uno dei fondamenti epistemologici del pensiero sul continente, l’acqua è un filtro che racchiude molti degli aspetti asimmetrici del rapporto del Nord con questa parte del Sud globale. Dopo aver orientato saperi e narrazioni occidentali nei secoli del colonialismo, oggi è un significante dell’agenda politica globale attorno al quale si coagulano il nuovo linguaggio securitario nel Mediterraneo e le risposte alla crisi climatica. Quest’ultimo un tema attualissimo che interessa tutto il continente, dove le mutazioni del clima stanno già avendo effetti massicci sulla qualità della vita e la sopravvivenza di milioni di esseri viventi.

Diverse sono le angolazioni e i posizionamenti geografici da cui i contributi del dossier affrontano il tema dell’acqua, a partire dall’approccio letterario dei primi quattro articoli: Francesca Romana Paci fa una panoramica del tema dell’acqua dolce nelle opere in inglese e francese di autori di romanzi e studi scientifici provenienti da diversi paesi africani, Marco Fazzini presenta uno studio monografico sul sudafricano Douglas Livingstone, poeta e scienziato che ha studiato per tutta la vita l’inquinamento delle acque a largo di Durban; Jessica Falconi guarda alla letteratura lusofona, in particolare ai romanzi degli angolani Pepetela e Luandino Vieira e del mozambicano João Borges Coelho, e Mina M. Đurić propone una lettura dell’acqua, e più precisamente della pioggia, in Africa nella produzione letteraria degli anni ’30 del Novecento.

AeM_98_2023_CoverSeguono tre articoli che inquadrano l’acqua attraverso le lenti della sostenibilità e della comunità. Elena Giacomelli e Pierluigi Musarò esaminano i rapporti tra mare, crisi climatica e migrazioni in Senegal, Mattia Fumagalli descrive l’inaridimento del lago Turkana e i suoi effetti sulla convivenza, sempre meno pacifica, tra i pastori nomadi Turkana e i Dassanech che vivono in prossimità del confine tra Kenya ed Etiopia e Mohamed Sacko presenta un caso studio sul degrado ambientale del fiume Niger in Guinea.

Seguono alcuni contributi storici. Luigi Gaffuri descrive i resoconti di viaggio dei missionari italiani in Sudan Angelo Vinco e Stanislao Carcereri, soffermandosi sulla funzione strategica dell’acqua nell’evangelizzazione, Monica Labonia e Mamadou Lamine Sané esaminano le somiglianze tra i siti geografici dei santuari musulmani Keñekeñe jáaméŋ di Gunjur e Kafountine – entrambi sorti in prossimità di acque dolci – introducendo un nuovo elemento analitico nello studio della confraternita senegalese della Tijâniyya, Emanuele Oddi descrive la storia della Great Ethiopian Renaissance Dam, una delle maggiori infrastrutture idroelettriche in Africa, Ettore Morelli ricostruisce l’esperienza della 2a Guerra Mondiale attraverso i componimenti lirici dei membri degli African Auxiliary Pioneer Corps che hanno combattuto per l’Impero Britannico, soffermandosi sul naufragio dell’Erinpura avvenuto al largo delle coste libiche nel 1943 nel quale morirono centinaia di ausiliari provenienti dai moderni Botswana, Lesotho ed eSwatini.

Nella sezione “Cantieri” Jama Musse Jama denuncia l’indifferenza del mondo alla siccità che si è abbattuta sul Corno d’Africa in questi ultimi anni e che sta provocando insicurezza alimentare e spopolamento, il collettivo artistico keniano Kairos Futura, intervistato dalla redazione, illustra “Nairobi Space Station”, un progetto di educazione alla responsabilità ecologica intrapreso presso alcuni quartieri informali di Nairobi dove la popolazione attinge acqua da fonti inquinate, Paolo Agostini descrive invece un progetto nelle oasi della Tunisia dove la desertificazione minaccia la sopravvivenza socioeconomica ed ecologica.

Infine, nella sezione “Musei” Claudio Arbore presenta il progetto del Memorial da Escravatura e do Tráfico negreiro di Cacheu, in Guinea-Bissau, avviato da una ONG locale e sostenuto da programmi di cooperazione allo sviluppo dell’Unione Europea.

Info: https://www.africaemediterraneo.it/it/numeri-rivista/acqua-africa_water-and-africa/
Acquisti: Il volume può essere acquistato qui: https://www.laimomo.it/prodotto/acqua-e-africa-rivista-98/

Fotocover: Artist and activist Stoneface Bombaa standing atop a pile of trash in Nairobi wearing one of his Tree Helmets, part of his Nomadic Forest Installation. Bombaa created the installation as part of his Future Forest Ritual meant to engage his community around the issue of deforestation and regreening the community he lives in, Mathare, an informal settlement in Nairobi. © Kairos Futura

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24 luglio 2023

Quattro ragazze da quattro paesi per la giustizia climatica e sociale

Quattro donne, quattro vite, quattro ritratti provenienti da diverse parti del mondo, con l’obiettivo di sensibilizzare sulla crisi ambientale e sostenere la giustizia sociale delle comunità in cui vivono. È la serie “Wonder Women – Storie di donne ordinarie che fanno cose straordinarie”, il nuovo format prodotto da WeWorld – organizzazione impegnata da 50 anni a garantire i diritti di donne, bambine e bambini in 27 paesi del mondo – con la firma di Unknown Media, casa di produzione indipendente berlinese.

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Viaggiando tra Germania, Italia, Tunisia e Kenya nella serie con la regia di Carlotta Piccinini, Mario Piredda e Shira Kela, si racconta l’impegno di quattro giovani donne in prima linea nell’affrontare emergenze ambientali, economiche, sociali e culturali, alla ricerca di alternative originali di vita e che con le loro azioni, non solo hanno un impatto significativo sul clima e sugli ecosistemi del pianeta, ma portano al superamento dello stereotipo di genere, del razzismo, del sessismo e del classismo. Protagoniste Paula Pröbrock, Carola Farci, Sereti Nabaala, Thowaiba Ben Slema che, nel corso delle puntate, affrontano un tema specifico in parallelo alla crisi climatica: dalla sensibilizzazione sulle mutilazioni genitali femminili, alla danza e la musica come strumento di emancipazione per chi viene costretto ai margini della società. Con arte, musica, spettacolo, sport, scuola, lavoro, scienza ed ecologia, attraverso piccoli gesti quotidiani, le giovani attiviste contribuiscono, non solo a migliorare la qualità della vita delle loro comunità, ma a sensibilizzare la propria generazione ad attivarsi e chiedere cambiamenti concreti. Per queste giovani donne la giustizia ambientale e quella sociale sono due facce della stessa medaglia.

Schermata 2023-07-24 alle 11.05.34“La serie mette al centro le storie di quattro giovani donne che raccontano il loro quotidiano fatto di piccole ma potenti azioni, capaci di sensibilizzare la propria comunità e per questo portatrici di grandi cambiamenti – spiega Rachele Ponzellini, coordinatrice comunicazione EU & Mondo di WeWorld – Quando si parla di cambiamento climatico sappiamo che le singole azioni non sono più sufficienti ma sono necessarie politiche ambiziose capaci di mitigare e prevedere gli effetti della crisi climatica in corso. Eppure, l’eco delle azioni messe in campo dalle singole persone mostra come le comunità – in tutto il mondo – siano consapevoli degli impatti della crisi ambientale e come le popolazioni siano disposte a cambiare stile di vita. Un racconto corale che dà voce ad ampio spettro alle nuove generazioni per ribadire che il cambiamento climatico ci riguarda tutte e tutti e non c’è più tempo da perdere”.

“Puntare su storie di donne apparentemente ordinarie che però con il loro agire rispecchiano valori necessari ed universali è per noi doveroso, in un periodo in cui le produzioni audio-visive, soprattutto di vasta scala, prediligono prodotti commerciali, macchiettistici e molto stereotipati dimenticando il valore e la forza delle piccole persone ordinarie, che con le loro storie di vita ci raccontano lo sforzo di mettersi in gioco per proteggere i nostri valori comuni e i diritti umani universali tentando di costruire un futuro migliore per tutti. Per una società di produzione puntare anche su queste eroine ordinarie e portare sul grande schermo le loro storie è importante non solo da un punto di vista produttivo ma anche etico”, spiegano da Unknown Media.

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La serie è stata presentata in anteprima nazionale al WeWorld Festival durante un evento in programma sabato 27 maggio alle 16.30. Alla proiezione è seguito un dibattito con le protagoniste e i registi Carlotta Piccinini, Mario Piredda e Shira Kela, con la moderazione di Laila Bonazzi, giornalista e sustainability editor.

La serie è stata realizzata nell’ambito della campagna di comunicazione europea #ClimateOfChange, guidata dall’Organizzazione e cofinanziata dalla Commissione Europea nell’ambito del Programma DEAR (Development Education and Awareness Raising Programme), che mira a sviluppare la consapevolezza dei giovani, cittadine e cittadini dell’UE sul nesso tra cambiamento climatico e migrazioni.

Wonder Women: le storie delle donne protagoniste

Carola Farci, Cagliari, Italia – Carola, ha trentadue anni ed insegna storia ed italiano in un liceo di Cagliari. Soffre di una “malattia” che lei definisce “ansia ecologica”. Ha iniziato da piccola a pulire la spiaggia davanti casa e col tempo è diventata la sua attività quotidiana, un bisogno di fare qualcosa per il Pianeta.
Il 17 ottobre dello scorso anno si è lasciata tutto alle spalle, si è presa un anno sabbatico e insieme al suo cane Polly ha intrapreso un viaggio on the road per ripulire le spiagge d’Europa. Appena tornata dal suo lungo viaggio ha organizzato un’asta mettendo in vendita alcuni degli oggetti trovati sulle spiagge. Con il ricavato progetta di piantare 2000 alberi in tutto il mondo.
È sempre stata appassionata di immersioni subacquee ed è orientata esclusivamente alla pulizia dei fondali: impiega il suo tempo sott’acqua portando in superficie nasse, reti da pesca, plastica e ogni genere di materiale. Il suo sogno è sensibilizzare le altre persone, i giovani, i suoi studenti sulle tematiche ambientali rendendo la virtuosa ‘patologia’ ecologica, contagiosa!

Sereti Nabaala, Narok, Kenya – Sereti, ha ventiquattro anni ed è un’attivista keniota Maasai del villaggio di Aitong a Narok West. L’obiettivo di Sereti è quello di sensibilizzare le donne delle comunità Maasai a opporsi alle mutilazioni genitali femminili e diventare spose bambine. Con la sua Associazione “Save Our Girls”, di cui è capogruppo, fornisce alle donne dei villaggi assorbenti riciclabili, un bene difficile da ottenere per le donne del villaggio. Molte devono recarsi in grandi centri abitati per ottenerli. Viaggiare dalla campagna ai centri urbani per le giovani donne è estremamente pericoloso, a causa di rapimenti e violenze sessuali.
Le conseguenze del cambiamento climatico stanno ostacolando l’uso diffuso del materiale riciclabile e il fiume del suo villaggio, dove le donne possono lavare gli assorbenti, si sta prosciugando. Sereti e il suo gruppo di donne Maasai hanno ideato un progetto per piantare alberi e riforestare l’area a ridosso del fiume, il “Mara”, la riserva nazionale Maasai, per riportare l’acqua. La dedizione di Sereti sui diritti delle donne della sua regione proviene dalla sua esperienza complicata e dolorosa di giovane Maasai: a 10 anni, come ogni ragazza Maasai della sua età, Sereti ha subito la mutilazione genitale femminile. Dopo un lungo periodo di sofferenza e studio, decide di fondare l’Associazione “Save Our Girls”.

Paula Pröbrock, Berlino, Germania – Paula ha ventisette anni ed è un’attivista ambientale tedesca, coreografa e ballerina. È nata nell’area rurale di Brandeburgo, la regione più arida della Germania. Sin dall’infanzia Paula è stata consapevole del problema climatico e si è dedicata alla cura del suo territorio, che oggi accusa una grande crisi idrica. Dopo gli studi di danza ad Amsterdam, ha subito un incidente che l’ha costretta ad abbandonare il suo sogno di diventare una ballerina professionista e si è trasferita a Berlino per lavorare come insegnante di danza. Paula sfrutta le sue conoscenze per creare un ponte tra la danza e il volontariato sociale contro la crisi climatica. Nei suoi progetti di danza coinvolge anche i gruppi più fragili, quelli che subiscono maggiormente le conseguenze del cambiamento climatico: figli di immigrati, donne, le comunità LGBTQIA+ e persone con disabilità. E’ vicina a realizzare il suo sogno e debuttare con Tanzwekstatt, uno show ambizioso, basato sulla visione armonica che la Natura riesce a creare tra esseri differenti e dove ballerini professioni e figli disabili di cittadini migranti danzano insieme. 

Thowaiba Ben Slema, Tunisi, Tunisia – Thowaiba ha venticinque anni ed è la presidente dei “Giovani per il clima” in Tunisia. Il suo impegno contro il cambiamento climatico è connesso ad un trauma ed ad una violenza subita nel passato, che la fa sentire insicura di sé stessa e dell’ambiente che la circonda. Nel 2018, quando realizza che il suo Paese sta cadendo a pezzi, politicamente e socialmente, a causa della corruzione e della cattiva gestione, diviene un’attivista climatica: comprende che per salvarsi deve agire e spronare le persone accanto a lei. Ha attivato diversi progetti di sensibilizzazione di empowerment femminile e progetti di giustizia climatica, sociale e di gender equality. Tra i suoi tanti progetti c’è “FeMENA”, uno spazio sicuro dove poter praticare djing, storytelling e podcasting, digital art, content creation. FeMENA rappresenta uno spazio per incoraggiare le donne a riprendere in mano la propria vita e a non sottostare alla dominazione maschile, creando nuove formule di lavoro e di green jobs. Thowaiba è riuscita a fare della sua tragica esperienza personale un problema globale, aiutando gli altri ad affrontare il proprio trauma e ad avere una visione diversa del mondo.

#ClimateOfChange
#ClimateOfChange è la campagna di comunicazione europea – guidata dall’italiana WeWorld e cofinanziata dalla Commissione Europea nell’ambito del Programma DEAR (Development Education and Awareness Raising Programme) – che mira a sviluppare la consapevolezza dei giovani cittadini e cittadine dell’UE sul nesso tra cambiamento climatico e migrazioni e coinvolgerli per creare un movimento pronto non solo a cambiare il proprio stile di vita ma anche a sostenere la giustizia climatica globale.
Ad unire le forze per raggiungere lo scopo sono 16 organizzazioni europee – tra organizzazioni della società civile, università e ONG – che dal 2020 sono al lavoro per progettare in sinergia, non solo ricerche e dibattiti nelle scuole e nelle università, ma anche una campagna paneuropea di comunicazione e sensibilizzazione, online e offline, che interesserà milioni di ragazzi e ragazze dai 16 ai 35 anni che vivono in 23 stati membri dell’UE. Per saperne di più è possibile visitare il sito www.climateofchange.info.

WeWorld
WeWorld è un’organizzazione italiana indipendente impegnata da 50 anni a garantire i diritti di donne e bambini in 27 Paesi, compresa l’Italia.
WeWorld lavora in 129 progetti raggiungendo oltre 8,1 milioni di beneficiari diretti e 55,6 milioni di beneficiari indiretti. È attiva in Italia, Siria, Libano, Palestina, Libia, Tunisia, Afghanistan, Burkina Faso, Benin, Repubblica Democratica del Congo, Burundi, Kenya, Tanzania, Mozambico, Mali, Niger, Bolivia, Brasile, Nicaragua, Guatemala, Haiti, Cuba, Perù, Tailandia, Cambogia, Ucraina e Moldavia.
Bambine, bambini, donne e giovani, attori di cambiamento in ogni comunità sono i protagonisti dei progetti e delle campagne di WeWorld nei seguenti settori di intervento: diritti umani (parità di genere, prevenzione e contrasto della violenza sui bambini e le donne, migrazioni), aiuti umanitari (prevenzione, soccorso e riabilitazione), sicurezza alimentare, acqua, igiene e salute, istruzione ed educazione, sviluppo socio-economico e protezione ambientale, educazione alla cittadinanza globale e volontariato internazionale.
MissionLa nostra azione si rivolge soprattutto a bambine, bambini, donne e giovani, attori di cambiamento in ogni comunità per un mondo più giusto e inclusivo.  Aiutiamo le persone a superare l’emergenza e garantiamo una vita degna, opportunità e futuro attraverso programmi di sviluppo umano ed economico (nell’ambito dell’Agenda 2030).
VisionVogliamo un mondo migliore in cui tutti, in particolare bambini e donne, abbiano uguali opportunità e diritti, accesso alle risorse, alla salute, all’istruzione e a un lavoro degno. Un mondo in cui l’ambiente sia un bene comune rispettato e difeso; in cui la guerra, la violenza e lo sfruttamento siano banditi. Un mondo, terra di tutti, in cui nessuno sia escluso.

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Greta Nicolini – Responsabile Ufficio Stampa, 347 5279744 – greta.nicolini@weworld.it
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Chiara Comenducci, 3343124974, comenducci@eprcomunicazione.it;
Paola Garifi, 328 9433375, garifi@eprcomunicazione.it;
Laura Fraccaro, 347 4920345, fraccaro@eprcomunicazione.it;
Elisabetta Amato, 3341062933, amato@eprcomunicazione.it;

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