Il diritto di voto resta un nodo cruciale dell’integrazione degli immigrati. Nelle elezioni amministrative del prossimo fine settimana sono diversi i candidati di origine straniera: persone che hanno acquisito la cittadinanza italiana e sono punti di riferimento nell’associazionismo legato all’immigrazione e nella tutela dei diritti dei migranti. A ormai pochi giorni dal voto abbiamo intervistato in esclusiva per il nostro blog Otto Bitjoka, che per le prossime Elezioni Regionali 2013 ha deciso di scendere in campo con la lista “Patto Civico” di Umberto Ambrosoli in Lombardia, facendosi conoscere con slogan ironici come quello che pubblichiamo qui.
Parole chiave : Consiglio regionale lombardo, Elezioni Regionali 2013, Otto Bitjoka, Pap Khouma, Patto Civico, Umberto Ambrosoli
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Il prossimo 9 e 10 ottobre l’International Slavery Museum, inaugurato cinque anni fa a Liverpool, in Gran Bretagna, ospiterà la terza conferenza organizzata dalla Federazione internazionale Diritti umani e musei.
Questa conferenza vuole discutere i progressi fatti dalle diverse istituzioni museali nell’ambito della difesa e promozione dei diritti umani. È sempre più diffusa, infatti, l’idea che i musei possano ricoprire un ruolo attivo nel sostegno dei diritti fondamentali.
Con il patrocinio dell’UNESCO, questo convegno vuole quindi affrontare argomenti quali: la schiavitù, la lotta contro le discriminazioni e le disegualianze di genere ed etniche, tradizione, religione e memoria.
Come parte della conferenza vi sarà anche la possibilità di partecipare al workshop Anniversary — an act of memory sulla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
Diretto da Monica Ross, questa serie di performances in 60 atti, vedrà svolgersi il suo 46esimo atto proprio alla fine delle due giornate di discussione quando una recitazione collettiva porrà l’accento sulla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. L’adesione a questo laboratorio è gratuita e aperta a tutti i partecipanti alla conferenza.
Per maggiori informazioni vai al sito ufficiale della Conferenza sui diritti umani organizzata dalla Federation of International Human Rights
Segnaliamo infine due numeri della rivista Africa e Mediterraneo dedicati interamente a musei africani, 4/07 L’Africa nei musei e nelle collezioni occidentali e 2-3/07 “Oggetti d’arte” nei musei e nelle collezioni nell’Africa contemporanea: le poste in gioco.
Parole chiave : Africa, Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, Diritti umani, Federazione internazionale Diritti umani e musei, International Slavery Museum, memoria, museo, patrimonio culturale, Rivista Africa e Mediterraneo, Schiavitù, teatro, UNESCO
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11 luglio 2011
49° Journée Internationale de la Femme Africaine
In occasione del 49° anniversario della “Journée Internationale de la Femme Africaine”, promossa dall’ONU e dall’OUA nel 1962, l’OFAD (Organisation des Femmes Africaines de la Diaspora) promuove una giornata interamente dedicata al ruolo della donna africana in ambito socio-economico, che si terrà venerdì 15 luglio 2011 (dalle ore 13.30 alle ore 17.45), presso l’Assemblea Nazionale (Palais Bourbon), a Parigi.
In qualità di madrina d’eccezione, parteciperà alla giornata Ellen Johnson Sirleaf, attuale Presidente della Liberia. Una presenza importante quella di Ellen Johnson Sirleaf, prima donna nera al mondo divenuta Presidente di stato e prima donna ad esser stata eletta come capo di stato in Africa; una partecipazione significativa, che sottolinea l’evoluzione e la crescita del movimento di emancipazione femminile portato avanti dalle donne africane nel corso di questi anni.
L’autore del manifesto della giornata è il noto fumettista congolese Serge Diantantu, le cui opere hanno spesso grande rilevanza sociale, come “Bulambemba, mémoire de l’esclavage” e il suo ultimo libro Femme Noire, d’Afrique, d’Amérique et des Antilles, pubblicato da Caraïbéditions questo.
La storia delle donne africane non manca di figure eroiche, sapientemente presentate da Diantantu, che raccoglie le biografie di una trentina di donne di origine africana che hanno assunto rilevanza storica a livello mondiale. L’autore dedica illustrazioni a ognuna di queste “donne d’eccezione”, in modo tale che il lettore possa conoscere e scoprire il loro percorso e la loro esperienza.
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Nonostante il 2015 sia sempre più vicino, anno in cui è stato previsto il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (OSM), la maggior parte dei paesi a basso reddito e in via di sviluppo sono ancora in preda a fragilità ed emergenze, e c’è ancora molto da fare per avvicinarsi agli otto obiettivi dichiarati nel 2000.
I progressi economici, umani e sociali compiuti fin ora in direzione del raggiungimento degli OSM sono continuamente messi in difficoltà non solo dalle continue crisi e shock (alimentare, dei carburanti, e ora economica e finanziaria) che coinvolgono i paesi fragili, in particolare quelli dell’Africa Sub Sahariana, ma anche dai costi di una governance debole e poco autonoma. Questi shock stanno minando il raggiungimento degli OSM, e fanno crescere la domanda di nuovi e più efficienti programmi di protezione sociale in molti paesi africani. La protezione sociale – che è sempre più riconosciuta come un efficace strumento per proteggere le persone dai rischi e ridurne la vulnerabilità – sta quindi rapidamente diventando una priorità nei programmi di sviluppo, sia per i donatori sia per i governi locali.
Il Rapporto europeo sullo sviluppo del 2010 (ERD) esamina la necessità e la possibilità di espandere la protezione sociale nell’Africa Sub Sahariana; ne analizza altresì la fattibilità e il probabile impatto sullo sviluppo. In contrasto con l’opinione secondo cui l’Africa Sub Sahariana non può permettersi protezione sociale, i paesi africani hanno promosso, e attuato con successo in tutta la regione, approcci innovativi alla realizzazione di programmi in materia. L’incertezza che ha seguito le recenti crisi, d’altro canto, acuisce il bisogno di misure in grado di proteggere la popolazione africana dai rischi e dagli shock e misure che riducano la povertà e promuovano lo sviluppo umano.
In questo contesto, l’ERD offre l’opportunità di fare un bilancio della situazione, imparando dalle esperienze passate, e di suggerire all’Unione Europea e ai suoi Stati membri le priorità da adottare. La protezione sociale, che è il fondamento stesso del modello sociale europeo, dovrebbe diventare parte integrante delle politiche di sviluppo dell’UE e del suo impegno verso una dimensione sociale della globalizzazione.
Durante l’ultima presentazione dell’ERD in occasione del Day of Action on Social Protection qui a Bruxelles, abbiamo avuto modo di discuterne con Giorgia Giovannetti, professoressa ordinaria all’Università di Firenze e all’European University Institute, dove è direttrice scientifica del Rapporto Europeo sullo Sviluppo.
Ecco le sue risposte alle nostre domande:
Qual è il nocciolo del Rapporto Europeo sullo Sviluppo del 2010?
L’ERD 2010 è incentrato in modo particolare sulla protezione sociale. A nostro parere infatti avere sistemi di protezione sociale anche nei paesi poveri dell’Africa Sub Sahariana è possibile se vi è la volontà politica di farlo. I costi di alcuni programmi non sono alti e i benefici sono molti, soprattutto perché si possono avere degli effetti moltiplicatori molto importanti. Si possono sostituire i programmi più complicati che richiedono un apparato burocratico estremamente efficiente (come i conditional cash transfers- trasferimenti condizionali), con programmi più semplici, come le pensioni universali, o trasferimenti dove sia semplice individuare i beneficiari (come i child benefits ad esempio).
È importante mettere in evidenza che avere protezione sociale è possibile anche nei paesi poveri, nonostante questo in un certo senso vada contro l’opinione comune che tende ad accentuare il problema dei costi e della sostenibilità nel tempo. Naturalmente i governi e i donatori devono porsi il problema della sostenibilità, eppure, come dimostrato nel rapporto attraverso una serie di calcoli e di ipotesi, le pensioni o la sanità nazionale sono alla portata.
La conditio sine qua non è però che i governi si convincano dell’importanza della protezione sociale, devono essere loro a “impadronirsi” dei programmi e deciderli a livello nazionale, non possono essere imposti dai donatori, altrimenti sono destinati a fallire. Le nostre parole chiave infatti sono ownership (proprietà) dei programmi e partnership fra donatori e governi nazionali. I donatori dovrebbero avere un ruolo solo in fase di transizione, ma nel lungo periodo i programmi di protezione sociale devono fare conto solo sulle risorse interne dei paesi e non sugli aiuti, spesso poco affidabili.
Ci sono stati dei progressi rispetto all’ERD del 2009?
Il rapporto del 2009 si occupava per lo più di paesi in situazione di conflitto o fragilità. Sono proprio questi i paesi per i quali la protezione sociale è più necessaria, ma anche molto più difficile da progettare… i progressi sono lenti, si tratta di un’area dove c’è ancora molto da fare.
Perchè il rapporto del 2010 è stato focalizzato sulla social protection?
Ci sono molte motivazione e tutte molto importanti.
Sicuramente ha contato il clima di incertezza prevalente a livello economico (le tre crisi), politico, ambientale. Nelle situazioni di incertezza si avverte maggiore necessità di misure che da un lato proteggano gli individui (le famiglie, le comunità, i paesi e i continenti) contro il rischio, ma dall’altro aiutino a promuovere lo sviluppo e a ridurre la povertà. La protezione sociale ha proprio questi molteplici obiettivi: aiuta le famiglie a reagire agli shock e ad evitarne le conseguenze di lungo periodo. Grazie a misure di protezione sociale le famiglie possono continuare a mandare i bambini a scuola, non vendere le attività, gli animali che danno loro da vivere, ecc… e quindi limitano i danni di quelle situazioni nelle quali le reti di sicurezza sociale private, come le rimesse o l’assicurazione informale sono insufficienti.
Non solo, la protezione sociale aiuta le società ad uscire da circoli viziosi di povertà e vulnerabilità e a costruire quella resilienza necessaria per uscire dalle trappole della povertà.
Infine, anche se su questo non c’è un’evidenza empirica, la protezione sociale aumenta la coesione sociale e, in linea di massima, fa aumentare la legittimazione dei governi che fanno vedere di avere a cuore i propri cittadini. Come dicevo, c’è poca evidenza empirica, ma ci sono aneddoti e alcune situazioni dove la protezione sociale è stata usata per smussare situazioni difficili: in Kenya dopo le elezioni, in Sierra Leone con dei programmi di public works per ex combattenti, in Colombia dove Familias en accion ha avuto un impatto positivo sul capitale sociale.
Può fare una valutazione sullo stato di avanzamento del percorso per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio?
La situazione è molto diversa sia tra paesi sia tra obiettivi. Sicuramente però si può dire che passi avanti sono stati fatti, nonostante la crisi economica e la crisi dei prezzi delle materie prime alimentari. Purtroppo i dati sono vecchi ed esistono solo delle proiezioni per il 2010, comunque la povertà sembra essere diminuita ovunque meno che nei paesi in situazione di fragilità e conflitto dove invece è aumentata notevolmente. Progressi si registrano in quasi tutti gli obiettivi del millennio, salvo per la mortalità materna, su cui bisogna ancora lavorare molto.
Che tipo di ripercussioni ha avuto la crisi economica globale sul raggiungimento degli OSM?
La crisi ha avuto effetti molto negativi, anche se non ci esistono stime molto affidabili ed è comunque difficile sapere cosa sarebbe successo se non ci fosse stata la crisi. Tuttavia la crisi finanziaria ha avuti effetti inferiori al previsto sui paesi più poveri, anche grazie al ruolo trainante della Cina sia in Africa che nel Sud Est Asiatico.
Secondo lei quali obiettivi si realizzeranno da qui al 2015?
Non saprei, è troppo difficile fare previsioni. Ciò che mi preme piuttosto è sapere se siamo sul giusto sentiero di aggiustamento, non se arriviamo davvero ad un numero che è comunque scelto in modo arbitrario. Bisogna guardare allora alla direzione e alla velocità di avvicinamento. E poi bisogna preoccuparsi se, come nel caso dei paesi fragili, si inverte una tendenza. Il fatto che la povertà in questi paesi sia aumentata è molto grave.
Come crede che vengono percepiti gli Obiettivi del Millennio dalle popolazioni del Sud del mondo che ne sono direttamente coinvolte?
Le popolazioni del Sud del mondo non sono interessate ai nomi o ai singoli obiettivi (alcuni per loro sono più importanti di altri, ma dipende tutto dal paese, dalla zona, dalle persone, dal sesso, dalle etnie…) ma al fatto che migliori la qualità della vita nei loro paesi, che diminuiscano le situazioni critiche di povertà, che si risolvano situazioni di mancanza di servizi essenziali (educazione, acqua, sanità..). Io credo che se si accorgono che l’attitudine dei donatori è costruttiva, su livelli paritetici e non imposta dall’altro, la percezione possa essere buona.
Olga Solombrino