02 dicembre 2013
La zakāt: l’importanza del dono nella cultura islamica
E’ noto che l’elemosina, il dono ai poveri, è uno dei 5 pilastri dell’Islam, di conseguenza riguarda tanti cittadini di fede musulmana che abitano nelle nostre città e con cui conviviamo quotidianamente. Ma cosa ne sappiamo veramente? I fondamenti teologici e gli sviluppi sociali di questa pratica sono analizzati nell’articolo “La zakāt: una tradizionale forma di donazione islamica”, pubblicato sul numero 78 di Africa e Mediterraneo a firma di Omar Bortolazzi, ricercatore del Dipartimento di Storia, Culture e Civiltà dell’Università di Bologna e coordinatore del PHaSI – Philanthropy and Social Innovation Research Centre – dello stesso Dipartimento.
La zakāt è una delle varie forme di donazione riconducibile alla tradizione islamica. Le donazioni sono fortemente incoraggiate nell’Islām come forma di purificazione della propria ricchezza e con lo scopo di migliorare le condizioni dei sofferenti e dei poveri. Ci sono due categorie di istituzioni che si occupano della raccolta e distribuzione delle donazioni: la prima si occupa delle risorse donate da un singolo individuo o una famiglia, dette waqf, la seconda categoria invece racchiude istituzioni che raccolgono la zakāt con l’obiettivo di creare un fondo per motivi caritatevoli. La zakāt è una quantità di denaro che ogni musulmano/a deve pagare per aiutare alcune categorie svantaggiate, se la sua ricchezza supera una certa soglia (niṣāb); essa si fonda sull’idea che ogni cosa appartiene ad Allah e che quindi la ricchezza è data solo in prestito agli esseri umani.
La zakāt è uno dei cinque pilastri dell’Islām e consiste in una tassa annuale il cui scopo è da una parte purificare la ricchezza di chi la offre e dall’altra purificare dall’invidia chi la riceve. In paesi come l’Arabia Saudita, la Malesia o il Sudan, il governo, o le sue agenzie, sono responsabili della raccolta della zakāt, in altri come il Bahrein ci sono invece delle istituzioni specializzate, infine in paesi non islamici ogni buon musulmano deve pagare la sua zakāt attraverso organizzazioni caritatevoli, centri islamici o moschee.
Vi è una soglia minima, chiamata niṣāb, al di sotto della quale non vige più l’obbligatorietà della donazione, la šarī‘ah ne specifica i livelli per ogni categoria di ricchezza o possedimento. Nella letteratura islamica classica sono indicate otto tipologie di persone che possono ricevere la zakāt: i poveri, i bisognosi, gli amministratori della zakāt, i pellegrini, i debitori, coloro i cui cuori devono essere riconciliati, i musulmani che devono liberarsi da “schiavitù” e coloro i quali lavorano alla causa di Allah. I poveri e i bisognosi sono considerate due categorie distinte. Secondo le principali interpretazioni giuridiche, i poveri sono coloro che non hanno alcun bene o mezzo di sostentamento, mentre i bisognosi sono coloro i cui guadagni non sono sufficienti per soddisfare le necessità di base. Fino ad oggi i singoli individui, insieme alle organizzazioni religiose e di volontariato, sono stati i principali fruitori della filantropia islamica, ma il dibattito contemporaneo si sta orientando verso la possibilità di allargare queste categorie per affrontare nuovi bisogni: utilizzare quindi la zakāt per progetti di sviluppo e di infrastrutture finanziando istituzioni caritatevoli, organizzazioni ambientaliste od ONG.
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