Si è conclusa l’edizione 2018 della Summer School on Migration and Asylum, organizzata dall’associazione Africa e Mediterraneo, in collaborazione con Lai-momo cooperativa sociale. Per il terzo anno, la scuola ha confermato il co-finanziamento da parte della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e il sostegno di BMW Italia e ha nuovamente ricevuto i patrocini della Regione Emilia-Romagna e del Comune di Bologna. Inoltre, quest’anno la Summer School è stata realizzata nell’ambito del progetto italiano “Voci di Confine”, co-finanziato dall’Agenzia Italiana Cooperazione allo Sviluppo.
Le lezioni e i laboratori con esperti del settore e docenti provenienti da diversi stati europei si sono svolti a Bologna dal 9 al 14 luglio, per affrontare il tema concreto e attualissimo dell’integrazione dei migranti e dei rifugiati nel mercato del lavoro in Europa e le pratiche discriminatorie in ambito professionale.
La Summer School ha avuto l’obiettivo di offrire approfondimenti e migliorare l’efficacia di chi lavora, o chi intende lavorare, nell’ambito professionale dell’integrazione dei migranti, così come nella comunicazione e nella ricerca accademica relative a questo argomento.
Il primo giorno è stato dedicato all’integrazione lavorativa dei migranti nell’Unione Europea, con gli interventi di Alessio J. G. Brown (Professore onorario all’United Nations University – MERIT) e di Chiara Monti (Commissione Europa DG Employment), e il saluto di Marco Di Gregorio, Corporate Communications Manager di BMW Italia.
Per Brown, in contrasto con i pregiudizi populistici, gli effetti a lungo termine dell’integrazione dei migranti nel mercato del lavoro sono di sicuro vantaggio non solo per i migranti, ma anche per la forza lavoro e l’economia locali europee. La lezione ha analizzato fatti, dati scientifici e studi selezionati dalla ricerca economica sugli effetti dell’immigrazione sul mercato del lavoro, da cui derivano implicazioni politiche per un’integrazione di successo.
Chiara Monti ha invece fornito una panoramica del quadro legislativo e politico pertinente a livello dell’UE, analizzando le principali sfide affrontate dai richiedenti asilo e dai rifugiati quando si integrano nel mercato del lavoro, e i recenti sviluppi nelle politiche di integrazione innescati dagli ultimi arrivi di richiedenti asilo e rifugiati. Alla luce delle esigenze del mercato del lavoro, l’incapacità di liberare il potenziale dei rifugiati nell’UE è, secondo Monti, un notevole spreco di risorse: per le persone interessate e per l’economia e la società nel suo complesso. Tuttavia, i rifugiati incontrano ancora ostacoli significativi all’accesso all’occupazione e sono uno dei gruppi più vulnerabili di cittadini non UE nel mercato del lavoro.
Nel pomeriggio di lunedì si è svolta la Lectio Magistralis sugli sviluppi e le sfide del diritto di asilo a livello europeo e internazionale, aperta a tutta la cittadinanza e tenuta da Patrick Weil, storico e ricercatore francese specializzato sui temi dell’immigrazione, della cittadinanza e della legge costituzionale, attualmente professore presso la Yale University School of Law. La lezione, che ha avuto luogo presso la Cappella Farnese di Palazzo D’Accursio, è stata introdotta da Marco Lombardo, assessore alle Relazioni Europee e Internazionali e al Lavoro del Comune di Bologna, e ha sollevato un ricco dibattito fra gli intervenuti.
Il secondo giorno di lezioni si è focalizzato sui casi di studio e sulle politiche d’accoglienza in Italia e in Svezia. Dopo un excursus storico sulle migrazioni nel Paese, Caroline Tovatt (Delegazione svedese studi sulla migrazione) ha elencato le principali caratteristiche del mercato del lavoro svedese: complesso e fortemente regolato, ma basato sul consenso e sulla concertazione tra le parti sociali, i sindacati, le associazioni e le organizzazioni rappresentanti gli imprenditori e i datori di lavoro. Nello scenario migratorio, la Svezia non fa eccezione e, come ha spiegato la docente, “anche nel Paese scandinavo l’organizzazione e l’integrazione di migranti e richiedenti asilo nel mercato del lavoro sono terreno di aspre contese politiche, poiché il grande afflusso ha imposto cambiamenti nelle istituzioni svedesi: dall’accoglienza all’integrazione lavorativa”. Scendendo nel dettaglio, la ricerca sul mercato del lavoro in Svezia ha evidenziato alcune criticità, tra cui: i tempi di attesa per la richiesta d’asilo; la mancanza di reti sociali e informali che agevolano la ricerca del lavoro; le alte soglie d’ingresso nel mercato del lavoro; le discriminazioni diffuse.
Nella stessa giornata si è analizzato il caso dell’Italia grazie alla lezione di Pierre Georges Van Wolleghem e Annavittoria Sarli della Fondazione ISMU. “L’Italia è stata da sempre una Paese di migrazioni. Basti pensare che dal 1876 al 1976 sono stati 24 milioni gli italiani emigrati verso tutto il mondo”, hanno ricordato gli studiosi. La loro analisi ha individuato 4 modelli principali di “lavoro migrante” in Italia: quello che include gli operai delle fabbriche, soprattutto in Lombardia e nel nord-est dell’Italia; il modello metropolitano, che riguarda città come Roma, Milano e Torino; il modello sud-Italia, caratterizzato da lavori legati in primo luogo all’agricoltura, spesso stagionali e irregolari; il modello nord-Italia, che vede come settori principali agricoltura e turismo. La seconda parte della lezione è stata dedicata al sistema d’accoglienza, in relazione al lavoro: “i servizi per l’impiego in Italia sono universali, non ci sono norme ad hoc per i migranti-lavoratori”, hanno dichiarato Sarli-Van Wolleghem. Con il risultato che, per esempio, “per i beneficiari di protezione internazionale, le possibilità di trovare lavoro sono direttamente proporzionali alla qualità del centro che li accoglie” e, di conseguenza, “l’assenza di politiche del lavoro orientate verso i migranti è una problematica importante del sistema italiano: le ONG svolgono un ruolo fondamentale in questo sistema”.
Il terzo giorno ha visto l’intervento di Alessia Lefebure della French School for Public Health, che ha affrontato la complessa questione del riconoscimento delle competenze e qualifiche.
La questione del riconoscimento delle competenze “non riguarda soltanto i richiedenti asilo, ma è ben più ampia e riguarda ognuno di noi; è un tema generale” ha affermato la docente, aggiungendo che “è necessario avere uno sguardo di insieme, andando oltre la propria esperienza particolare, adottando un approccio sistematico”. Gestire il fenomeno migratorio attraverso un approccio esclusivamente umanitario, infatti, non basta: la chiave per un’integrazione di successo sta nell’educazione, ed è necessario investire per creare un sistema di accesso al lavoro. “Non c’è comprensione del fenomeno migratorio, manca la consapevolezza della complessità di questa dinamica, a tutti i livelli: globale, nazionale e locale”, ha concluso Lefebure.
L’intervento di Monia Dardi (Adecco) ha posto l’accento sulle best practice per l’inclusione, trattando della responsabilità sociale d’impresa e delle partnership pubblico-privato. Il programma Diversity & Inclusion della Fondazione Adecco per le Pari opportunità è finalizzato proprio alla creazione di un ambiente lavorativo inclusivo che incoraggi l’espressione del potenziale individuale e lo utilizzi come livello strategico per raggiungere gli obiettivi organizzativi. L’approccio sistemico coinvolge più attori provenienti da settori pubblici e privati e azioni integrate multilivello.
Massimo D’Angelillo, presidente di Genesis srl, si è focalizzato sull’imprenditoria migrante in Italia e Germania, due Paesi in cui il numero di imprenditori stranieri è aumentato notevolmente nel corso degli ultimi due decenni. L’imprenditorialità degli immigrati ha dimostrato di essere un mezzo efficace per la creazione di posti di lavoro, l’integrazione socioeconomica e l’innovazione delle economie locali.
La quarta giornata, il 12 luglio, è stata dedicata alla migrazione circolare e al nesso migrazione-sviluppo.
Molto in voga fino a poco tempo fa, l’espressione circular migration ha bisogno anzitutto di una definizione operativa. È questo il concetto al cuore dell’intervento di Bernd Parusel della Swedish Migration Agency, che ha posto l’accento sul fatto che una politica sulla migrazione circolare può servire a ridurre l’immigrazione irregolare, da un lato, e a cooperare con i Paesi di origine, dall’altro, in maniera che entrambe le parti ne beneficino. “Rigettare le domande di asilo a persone che non possono tornare non è realistico”, ha dichiarato Parusel, “introdurre programmi di migrazione circolare assistita per specifici Paesi d’origine e per migranti con specifiche caratteristiche può essere una soluzione”.
“In questa fase storica le migrazioni appaiono come terremoti. Ma i terremoti non sono prevedibili, le migrazioni sì, e dunque sono, o meglio sarebbero, governabili”. È cominciato così l’intervento di Michele Bruni, già docente di Economia del Lavoro all’Università di Modena e Reggio Emilia, un intervento che ha proposto un ribaltamento di prospettiva: “Non guardiamo alle ragioni di chi parte, guardiamo alle ragioni dei Paesi di arrivo, al perché un migrante arriva in un Paese e non in un altro”. Al centro dell’analisi del Prof. Bruni c’è l’analisi delle transizioni demografiche, tanto nei Paesi ricchi quanto in quelli in via di sviluppo. In sintesi: è vero che l’immigrazione non può essere evitata per ragioni economiche, ma la vera, rilevante, ragione economica risiede nel fatto che in Europa l’offerta di lavoratori non soddisfa la domanda. “Le politiche migratorie sono insufficienti perché basate su una teoria economica che indaga il movente del migrante che lascia il suo Paese e non considera i bisogni del Paese d’arrivo, la sua domanda di lavoro”, ha concluso Bruni, ricordando che per rendere sostenibile nel medio periodo il sistema pensionistico italiano l’Italia avrebbe bisogno sin da ora di 250.000 nuovi immigrati all’anno.
Nel pomeriggio, un incontro con operatori sociali, rifugiati e imprenditori ha permesso agli studenti della Summer School di vedere da vicino casi concreti di integrazione lavorativa, nello specifico della Città metropolitana di Bologna.
L’ultimo giorno di lezioni è stato dedicato al tema delle discriminazioni nel modo del lavoro, con gli interventi di Ojeaku Nwabuzo (European Network Against Racism) e di Beatrice Spallaccia, docente all’Università di Bologna.
Nwabuzo ha offerto una panoramica dei dati raccolti per gli ultimi due rapporti ombra dell’ENAR, “Razzismo e discriminazione nel contesto della migrazione in Europa 2015-2016” e “Razzismo e discriminazione nell’occupazione in Europa 2013-2017”. ENAR è in prima linea nella raccolta di dati sulla discriminazione delle minoranze etniche nel mercato del lavoro e nell’esplorazione degli ostacoli che impediscono la loro integrazione
Per Spallaccia, gestire la diversità sul posto di lavoro non è solo una questione di giustizia sociale, ma anche sinonimo di responsabilità sociale aziendale e di conformità normativa. Per questo motivo, un numero crescente di organizzazioni di diversi settori ha iniziato a implementare strategie ispirate ai principi del Diversity Management (DM), un processo di gestione di gruppi e organizzazioni con un approccio inclusivo per riconoscere e valutare le differenze tra gli individui.
La giornata conclusiva della Summer School, appuntamento finale di restituzione e di condivisione dei risultati, si è tenuta sabato 14 luglio presso il Polo formativo, produttivo e di accoglienza di Lama di Reno a Marzabotto (BO).
Contestualmente alla consegna degli attesti agli studenti della Scuola, sono intervenuti Andrea Marchesini Reggiani, presidente di coop. Lai-momo, Rudi Anschober, Ministro regionale per la migrazione e l’integrazione dell’Alta Austria, e Luca Ultori, Ikea Store Sustainability Specialist. Presso il giardino del Polo, è stato inoltre allestito un Refugee Housing Unit (RHU) Better Shelter, un modello innovativo di modulo abitativo, realizzato e promosso da Ikea Foundation in collaborazione con UNHCR (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati).
Varia la provenienza dei partecipanti alla Summer School, dall’Italia alla Finlandia, dal Brasile alla Turchia, passando per Belgio, Spagna, Grecia, Olanda e Croazia: tutti e tutte estremamente motivati e formati in differenti aspetti connessi al complesso tema delle migrazioni. Un gruppo variegato che ha trovato nella Scuola un’occasione di approfondimento e confronto, nella condivisione di esperienze e competenze reciproche.