16 settembre 2009
La scuola delle possibilità
Ieri era il primo giorno di scuola in tante regioni italiane, la macchina si è rimessa in moto cercando di rappezzare i buchi e le mancanze dovute ai tagli dei bilanci.
Io ho avuto la riunione con la professoressa di violino di mio figlio, che inizia la prima classe della scuola media a indirizzo musicale. Tra i 24 bambini che faranno “strumento”, ce ne sono tre di origine straniera, più del 10%.
Questi bambini assieme ai loro compagni italiani avranno la possibilità di fare un’ora alla settimana di lezione individuale di strumento, e un’ora di “orchestra” e, nell’era dell’Ipod, impareranno a leggere il pentagramma e ad avere dimestichezza con uno strumento.
Presto cominceranno a fare concerti, anche assieme ad altre scuole, suonando pezzi classici in orchestra davanti a pubblici di genitori orgogliosi. Tutto ciò sarà possibile grazie al fatto che questa insegnante e i suoi colleghi di pianoforte, violino e violoncello fanno un sacco di ore di volontariato per le prove e per le serate, con una passione che gli insulti quotidiani dei ministri Gelmini e Brunetta non hanno ancora scalfito.
La professoressa Michela aveva uno sguardo pieno di entusiasmo e di curiosa impazienza di vedere cosa c’è dentro questi ragazzini e cosa lei potrà tirarne fuori. Diceva “che bello: anche quest’anno ho la mia classe di piccoli violinisti. Non si può mai dire all’inizio chi andrà avanti: alcuni sembrano poco portati ma poi con l’esercizio possono diventare addirittura professionisti”.
Dare una possibilità a tutti, senza discriminazioni, per creare i cittadini di domani: questo fanno ancora tante scuole pubbliche in Italia, nella consapevolezza di essere “organo centrale della democrazia”, come disse Piero Calamandrei nel suo celebre discorso in difesa della scuola nazionale.
Ma bisogna chiedersi fino a quando si potrà raschiare il fondo del barile delle risorse delle scuole e dei comuni che rimediano ai tagli ministeriali.
Per ora la passione e il senso civico di tanti insegnanti resistono. C’è un brano dell’autobiografia di Nelson Mandela, Lungo cammino verso la libertà (Feltrinelli 1995), dove racconta del proprio percorso educativo di giovane nato a Mvezo, un minuscolo villaggio del Transkei nel Sudafrica dominato dai bianchi, che mi sembra una buona fonte di ispirazione.
“L’istruzione è il grande motore dello sviluppo personale. E’ attraverso l’istruzione che la figlia di un contadino può diventare medico, che il figlio di un minatore può diventare dirigente della miniera, che il figlio di un bracciante può diventare presidente di una grande nazione. E’ quello che facciamo di ciò che abbiamo, non ciò che ci viene dato, che distingue una persona da un’altra. … Le scuole missionarie fornivano agli africani l’istruzione di stampo occidentale in lingua inglese che anch’io ho ricevuto. Eravamo limitati nei servizi e nelle attrezzature, ma non in ciò che potevamo leggere, e pensare, sognare.”