19 marzo 2020

Emergenza, comunità, resilienza: l’ultimo numero della rivista Africa e Mediterraneo

Ibrahim Mahama, Maria Alasan Soh, 2019. foto: Giorgio Benni

Ibrahim Mahama,
Maria Alasan Soh, 2019.
foto: Giorgio Benni

Nel progettare l’ultimo dossier di Africa e Mediterraneo (n. 91), dedicato a “Emergenza, comunità, resilienza”, partivamo dall’esperienza concreta di gestione dell’emergenza in contesti interculturali maturata da Lai-momo nel corso del sisma in Emilia-Romagna del 2012, arricchita poi con competenze internazionali, grazie al progetto AMARE-EU, di cui Lai-momo è partner, che mira a rendere le città più resilienti e inclusive secondo un approccio multiculturale.

Partivamo, insomma, da una situazione che chi lavora nell’emergenza definisce “tempo di pace”, un momento in cui lavorare soprattutto sulla prevenzione e sulla preparazione per riconoscere i rischi e affrontare le emergenze.

Non immaginavamo certo che, nell’arco di pochi mesi, l’attualità di una nuova emergenza sarebbe intervenuta a far risuonare le nostre riflessioni nell’urgenza del presente. Ci riferiamo naturalmente all’epidemia causata dal nuovo coronavirus COVID-19: i contagi si sommano di giorno in giorno, mentre vari Paesi (tra cui l’Italia, fortemente colpita) prendono misure sempre più drastiche per isolare il virus.

Mai come in questa occasione, ci stiamo rendendo conto di quanto sia importante mobilitare l’intera comunità per affrontare la crisi e l’emergenza, in modo da superarla attraverso un impegno condiviso. Pensiamo ad esempio al richiamo di Aldo Bonomi, che ricorda quanto sia importante che i tempi dell’oggi siano “tempi in cui riconoscere e riconoscersi nella comunità di cura” (Il Sole 24 ore, 10 marzo 2020), nel senso più allargato possibile: una comunità che sappia prendersi cura di sé, pur nella distanza, pur rinunciando alla prossimità. Una comunità, aggiungiamo noi, che sappia prendere in carico anche le persone più vulnerabili, che rischiano di essere escluse, ad esempio le persone di origine straniera.

Proprio questo è il punto di vista che ci ha guidato nella costruzione del dossier n. 91 di Africa e Mediterraneo, che ha voluto ragionare sulla resilienza come competenza della comunità, per costruire le condizioni per affrontare l’emergenza senza escludere nessuno.
In questo ambito la resilienza è da considerare anche come competenza dell’individuo, approccio fondamentale per favorire processi di empowerment, in cui i singoli possano sviluppare una propria linea di azione e reazione rispetto alla catastrofe. Proprio su questo aspetto si concentra l’articolo di Graziella Favaro, che, ripercorrendo le esperienze di migranti minori non accompagnati, si sofferma sul ruolo fondamentale di persone della società di accoglienza che li sappiano guidare (“persone/stella”). Anche il contributo dello psicoterapeuta Paolo Ballarin porta l’attenzione al singolo, in particolare alle persone richiedenti asilo e rifugiate in situazione di fragilità psicologica, per le quali la spiritualità può essere una risorsa per la resilienza.
Due articoli ci riportano invece alla memoria due recenti emergenze. Jean Godefroy Bidima analizza l’impatto dell’uragano Katrina (2005) sulla popolazione di New Orleans, indagando la maniera in cui i cittadini colpiti dalla devastazione hanno saputo ricostruire la propria vita, ma anche indicando con esempi concreti le lacune dell’intervento governativo, che ha ostacolato un’azione pienamente resiliente da parte della popolazione. In una chiave più locale, invece, l’articolo di Silvia Festi e Sara Saleri ripercorre l’esperienza del terremoto che ha colpito l’Emilia nel 2012, attraverso il prisma di una serie di parole chiave – emergenza, comunità, solidarietà – e ne esplora il portato, per proporre un approccio all’emergenza che tenga conto delle relazioni interculturali.
Anche il contributo di Francesca Borga, Cristina Demartis e Giordano Munaretto pone al centro dell’attenzione la necessità di preparare una reazione positiva delle comunità multiculturali all’emergenza, descrivendo l’azione messa in campo dalle organizzazioni che hanno preso parte al progetto AMARE-EU.
Infine, l’articolo di Anna Louise Kristensen porta al dossier l’esperienza concreta di Vejle, in Danimarca, città sottoposta a un alto rischio di inondazioni, che nel 2015 è entrata a far parte di 100 Resilient Cities, un network internazionale creato per aiutare le città a governare in maniera più inclusiva, consapevole dei rischi e lungimirante.

Per acquistare la rivista: www.africaemediterraneo.it/it/numeri-rivista/emergenza-comunita-resilienza/

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31 ottobre 2019

Emergenza, comunità, resilienza. È aperta la nuova call for papers della rivista Africa e Mediterraneo

Resilienza è diventata, negli ultimi anni, una parola particolarmente fortunata, che, grazie alla sua forza evocativa e metaforica, risuona negli ambiti più diversi. Termine che trae le sue origini nell’ambito della fisica, dove è usato per descrivere la capacità di un materiale di resistere a un urto assorbendo energia, è poi transitato in diversi ambiti disciplinari: in psicologia, nello studio del trauma e delle sue conseguenze (Cyrulnik 2002; Bonanno et al. 2004; Masten, Cicchetti 2012; Vanistendael, Lecomte 2000), ma anche in urbanistica, spesso in relazione alla sostenibilità ambientale, in sociologia, antropologia, economia…per poi proliferare nel mondo della comunicazione di massa, dal giornalismo ai social.

Questa molteplicità di usi (e abusi) ha sollevato anche molti dubbi sulla sua reale capacità esplicativa: si tratta di un’utile parola-chiave, di uno strumento analitico per meglio comprendere la contemporaneità, o di una semplice moda? Resilienza, insomma, è un termine che rischia di logorarsi, di perdere significato – o anche, in un riflesso uguale e contrario, di diluirsi e allargarsi, fino a significare troppo.

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Nella consapevolezza di questa possibile dispersione semantica, e cercando di valorizzare il concetto di resilienza in termini di ricaduta socio-culturale reale, il Dossier di Africa e Mediterraneo in programma vuole affrontare il tema da un punto di vista molto specifico: la stretta connessione tra la costruzione di comunità e territori resilienti e l’inclusione dei cittadini più vulnerabili.
Da un lato, infatti, è assodato che un tessuto sociale coeso potrà resistere meglio di fronte alle emergenze (Colucci, Cottino 2015), e si diffonde la consapevolezza di dovere adottare strategie di community-based disaster risk reduction (CBDRR) (Shaw 2016); d’altro lato bisogna constatare che la maggior parte degli abitanti più vulnerabili rimane esclusa dalle infrastrutture della resilienza, o perché vive in zone disagiate, o a causa di barriere linguistiche o culturali.
Creare comunità resilienti significa allora, necessariamente, creare comunità più eque (si veda anche il progetto “100 resilient Cities”). In quest’ottica, in una società caratterizzata da un multiculturalismo crescente, una comunità resiliente cresce riconoscendo le differenze e valorizzando gli elementi di coesione, sia in tempi di normalità sia in fasi di emergenza (per calamità naturali e/o provocate dagli esseri umani).
Ci interessa quindi ragionare sulla resilienza come competenza della comunità, per costruire le condizioni per affrontare l’emergenza senza escludere nessuno. In questo ambito però la resilienza è da considerare anche come competenza dell’individuo, approccio fondamentale per favorire processi di empowerment, in cui i singoli possano sviluppare una propria linea di azione e reazione rispetto alla catastrofe e alla difficoltà improvvisa, ricostruendo e ripristinando un, seppur precario, orizzonte simbolico (Lecomte 2002; Luthar, Cicchetti, Becker 2000; Manetti et al. 2010).

Le proposte potranno trattare, i seguenti temi, ma non solo, secondo vari approcci disciplinari:

  • Gestione delle emergenze in contesti multiculturali;
  • Disaster management e disaster preparedness nei conflitti;
  • Cambiamenti climatici: emergenze ambientali e multiculturalismo / multilinguismo;
  • Costruzione di città resilienti con l’integrazione di cittadini di Paesi terzi: l’attività di prevenzione del rischio coinvolgendo le comunità non native;
  • Per una concezione transculturale di resilienza (Ungar 2008): punti di vista delle comunità minoritarie;
  • Aspetti normativi e legislativi: quali sono gli ostacoli normativi per una resilienza democratica e inclusiva?
  • Approccio di genere alla gestione dell’emergenza, verso la costruzione della resilienza femminile;
  • Migranti come individui resilienti: le capacità di resilienza possono essere considerate competenze individuali, di gruppo, di comunità e culturali possedute dai migranti già dal momento in cui decidono di lasciare il loro paese, o sviluppate col tempo, in risposta alle condizioni di vita sfavorevoli.
  • Resilienza ed educazione: importanza dell’educazione interculturale per la resilienza di bambini/e, ragazzi/e con background migratorio (Vaccarelli 2016)

Scadenza per l’invio:

Le proposte (400 parole al massimo) dovranno pervenire entro il **25 novembre 2019** agli indirizzi s.federici@africaemediterraneo.it e s.saleri@laimomo.it.
Le proposte saranno esaminate dal comitato di redazione. In caso di accettazione la consegna del contributo, completo di abstract (100 parole, preferibilmente in inglese, ma è possibile inviarlo anche in italiano) e bionota, dovrà avvenire entro il **20 dicembre 2019**.
Africa e Mediterraneo si avvale di peer reviewers. Gli articoli e le proposte potranno essere inviate nelle seguenti lingue: italiano, inglese e francese.

Bibliografia

Ballarin, M. Bignami, et al. (a cura di), Emergenze e intercultura: l’esperienza del sisma in Emilia-Romagna nel 2012, Lai-momo, Sasso Marconi 2014;
G.A. Bonanno, Loss, Trauma, and Human Resilience: Have we Underestimated the Human Capacity to Thrive after Extremely Aversive Events?, in «American Psychologist», vol. 59, n° 1, 2004, pp. 20-28;
Colucci, P. Cottino (a cura di), Resilienza tra Territorio e Comunità. Approcci, strategie, temi e casi, Collana “Quaderni dell’Osservatorio” Fondazione Cariplo, n. 21, Anno 2015;
Cyrulnik, Un Merveilleux malheur, Éditions Odile Jacob, Paris 2002;
Lecomte, Qu’est-ce que la résilience? Question faussement simple. Réponse nécessairement complexe, in «Pratiques Psychologiques (La résilience)», n. 1, Editeur L’Esprit du temps, Le Bouscat 2002;
S.S. Luthar, D. Cicchetti, B. Becker, The construct of resilience: A critical evaluation and guidelines for future work, in «Child Development», n. 71, 2000, pp. 543–562;
Manetti, A. Zunino, L. Frattini, E. Zini, Processi di resilienza culturale: confronto tra modelli euristici, in B. Mazzara (a cura di), L’incontro interculturale tra difficoltà e potenzialità, Unicopli, Milano 2010, pp. 97-106;
A.S. Masten, D. Cicchetti, Risk and Resilience in Development and Psychopathology: The Legacy of Norman Garmezy, in «Development and Psychopathology», n° 24, 2012 pp. 333-334;
Shaw, Community Based Disaster Risk Reduction, Oxford University Press USA, Oxford 2016;
Ungar, Resilience across Cultures, in «British Journal of Social Work», vol. 38, n° 2, 2008, pp. 218-235;
Vaccarelli, Le prove della vita. Promuovere la resilienza nella relazione educativa, Franco Angeli, Milano 2016;
Vanistendael, I. Lecomte, Le bonheur est toujours possible. Construire la résilience, Bayard Culture, Paris 2000;
Project “Amare-EU. A multicultural approach to resilience”, www.amareproject.eu/about-the-project/.

Di seguito è possibile leggere e scaricare la call for papers (in italiano e inglese):

 

English version

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