02 giugno 2009

UNESCO e pigmei aka, la difficoltà di tutelare una tradizione

in: Turismo

pigmei akaPresentazione dell’articolo “I canti polifonici dei pigmei aka: patrimonio immateriale dell’umanità” pubblicato sul numero 65-66 di Africa e Mediterraneo a firma di Maria Chiara Caccia.

Sono passati sei anni da quando la Repubblica Centroafricana festeggiava il riconoscimento delle tradizioni orali dei pigmei aka come patrimonio culturale mondiale. Tale riconoscimento sancito dall’UNESCO nel 2003 è stato motivato dal rischio di sparizione di questa cultura, minacciata dalla deforestazione, l’esodo rurale, dalla folklorizzazione del patrimonio a fini turistici. E’ sulle insidie di questo ultimo punto che l’articolo si sofferma per discutere criticamente effetti e limiti della politica operata dall’agenzia delle Nazioni Unite. Gli aka, infatti, sono custodi di una tradizione di canti polifonici che ha suscitato la curiosità dell’industria del turismo.
All’interno della cornice fornita dall’UNESCO, la Repubblica Centrafricana si è attivata per definire e difendere il patrimonio aka lavorando su due direzioni. Da un lato l’istituzione di un museo dove al quale gli aka collaborano attivamente, ma che prevede danze e canti nuovamente a beneficio dei turisti, e dall’altro un sistema contro lo sfruttamento delle tradizioni orali dei pigmei basato su una tassazione. In sostanza è stato vietato di introdursi nei accampamenti dei pigmei, ma è possibile richiedere dei lasciapassare al “Comitato per la salvaguardia delle tradizioni orali aka”, anche questo aperto alla collaborazione degli aka. Ad ogni tipo di visita (semplice, con possibilità di fare foto, scientifica, con possibilità di assistere alla danza) corrisponde una tassa. In questo contesto l’equilibrio fra promozione culturale e difesa dell’identità è diventato difficile. Il rischio analizzato dall’articolo è che gli obiettivi posti dall’UNESCO non vengano realizzati e che si ottengano invece risultati opposti. Nel tentativo di salvare gli aka da una globalizzazione culturale il timore è che siano gli stessi beneficiari del progetto a commercializzare la propria cultura.

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