14 febbraio 2014

Richiedenti asilo e rifugiati in Italia. Rilfessioni sulle politiche di accoglienza

In un momento di flussi migratori via mare così intensi – ricordiamo che tra il 5 e 6 febbraio al largo di Lampedusa la marina militare ha soccorso 1.123 migranti provenienti dal nord Africa – è utile riflettere sulle politiche d’accoglienza italiane. A questo proposito vi proponiamo un estratto dell’articolo Riflessioni sull’integrazione. Italia Terra d’asilo, Parma 30 novembre, scritto da Michela Bignami e pubblicato sul numero 79 di Africa e Mediterraneo, in cui l’autrice rilegge quant’è emerso dal dibattito del convegno nazionale “Italia terra d’asilo. Accoglienza, assistenza, integrazione dei rifugiati: norme europee, pratiche territoriali innovative e proposte per un nuovo sistema nazionale condiviso”, che si è svolto a Parma il 30 novembre 2013.

Foto di Owanto. Où Allons-Nous? (Where are we going?), 2009

In Italia il dibattito sui rifugiati si limita, spesso, a un’analisi dei sistemi di ricezione e di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale o del loro percorso giuridico, ma non si occupa della fase successiva all’ottenimento dello status. Tuttavia, una volta ottenuta una forma di protezione, che sia lo status di rifugiato, la protezione sussidiaria o il permesso umanitario, queste persone si ritrovano in un limbo amministrativo e sociale. Benché titolari a tutti gli effetti di diritti specifici, non riescono a esigerli trovandosi dispersi in un contesto a loro ancora estraneo. Stime di uno studio condotto dall’ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) nel 2011 mostrano come sia esigua la percentuale di titolari di protezione, 32,4%, che dopo essere passati per un percorso di prima accoglienza abbiano poi avuto la possibilità di usufruire di percorsi di seconda accoglienza. Occorre sottolineare che non tutti i richiedenti asilo hanno accesso a posti nel sistema di prima accoglienza, SPRAR – CARA – CDA. Se si considera che i posti disponibili nello SPRAR per il 2013 erano 3.000, ai quali vanno sommati i posti nei CARA e nei CDA, 4.880, si arriva a un totale di 9.880 posti disponibili a fronte di 39.798 persone arrivate in Italia al 30 novembre 2013, e di 10.905 domande di asilo solo nei primi sei mesi del 2013.

È proprio sull’integrazione e la seconda accoglienza che si è concentrato il dibatto del convegno nazionale “Italia terra d’asilo. Accoglienza, assistenza, integrazione dei rifugiati: norme europee, pratiche territoriali innovative e proposte per un nuovo sistema nazionale condiviso”, svoltosi a Parma il 30 novembre 2013. La necessità di un dibattito approfondito e strutturato sull’integrazione dei rifugiati e titolari di protezione sussidiaria è nata dal recente recepimento della direttiva europea 2011/95/UE sull’integrazione attraverso la legge 96/2013. Questo ha permesso agli interlocutori della società civile e delle organizzazioni internazionali di proporre al governo pareri per un’attuazione della direttiva che garantisca ai rifugiati e titolari di altre forme di protezione l’accoglienza in quanto diritto.

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10 gennaio 2013

Proposte per l’evoluzione del sistema d’asilo alla luce dell’esperienza Nord Africa

Presentazione dell’articolo “Proposte per l’evoluzione del sistema d’asilo alla luce dell’esperienza Nord Africa”, pubblicato sul numero 77 (2012) di Africa e Mediterraneo a firma di Nadan Petrovic, responsabile dell’unità SID (Sistema di interventi decentrati) dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM).

L’articolo di Nadan Petrovic mette in luce come l’Italia dal 1989 ad oggi, tra i paesi industrializzati, sia diventata a tutti gli effetti una delle mete preferenziali per l’arrivo di richiedenti asilo, esaminando i provvedimenti istituzionali che sono stati attuati per ottimizzare la gestione di questo fenomeno e le possibilità di integrazione per i rifugiati.

Petrovic passa in rassegna le ricadute sulle politiche di accoglienza ed integrazione degli stranieri nonché le iniziative legislative ed organizzative, assolutamente necessarie alla luce del nuovo contesto, a livello del terzo settore e degli enti locali.

L’articolo passa poi ad esaminare nello specifico come lo Stato abbia deciso di affrontare la situazione  nel caso dell’Emergenza Nord Africa (ENA). Emerge come i servizi di accoglienza abbiano presentato varie criticità ma ci sia stata anche l’introduzione di innovazioni in relazione alla capacità del sistema di garantire piena autonomia ai titolari di protezione internazionale. Nelle esperienze relative all’ENA possono dunque essere individuati nuovi spunti per riflettere sull’organizzazione e la governance territoriale e nazionale degli interventi.

Viene così ad emergere la necessità di collegare più efficacemente i nove CARA (strutture che garantiscono l’accoglienza ai richiedenti protezione internazionale) alla rete SPRAR di seconda accoglienza, le proposte avanzate per conseguire questo obiettivo rientrano nell’ottica di un maggiore impegno da parte dei gestori nel verificare l’effettiva condizione dei migranti e di una maggiore collaborazione tra strutture operanti sul territorio regionale, assicurando in questo modo anche un effettivo controllo sull’erogazione di servizi che presentano maggior peso economico.

Per quanto riguarda l’integrazione in quanto tale, viene auspicata la possibilità di interventi volti a favorire un miglior inserimento socio-lavorativo attraverso percorsi di formazione e forme di job-matching.

Infine emerge la necessità di una maggiore governance globale degli interventi, in modo da garantire un migliore coordinamento e rendere così efficienti i singoli atti intrapresi dagli attori coinvolti, evitando sovrapposizioni.

L’Emergenza Nord Africa ha dunque contribuito al concretizzarsi di misure necessarie ad un miglioramento del sistema d’asilo in Italia, ma la strada da percorrere non è ancora finita: in questo testo Petrovic ci mostra quali possibilità si siano aperte ed espone interessanti proposte metodologiche.

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