Presentazione dell’articolo “I creatori africani d’alta moda: tra ridefinizione dell’abito e ricerca d’identità”, pubblicato sul numero 69-70 di Africa e Mediterraneo a firma di Anne Grosfilley, antropologa, specialista dei tessuti e degli stilisti dell’Africa Occidentale.
Alla fine degli anni ’80, Abidjan e le grandi capitali dell’Africa Occidentale assistono all’emergere di una generazione di stilisti che, seguendo l’esempio del sarto maliano Chris Seydou, diventano idetori di un nuovo codice d’abbigliamento.
Innanzitutto questi stilisti ridefiniscono il rapporto tra corpo e tessuto; se l’abbondanza di stoffa è stata a lungo un segno d’eleganza, adesso l’alta moda africana propone una riduzione dei tessuti che vengono proporzionati al corpo. La più radicale innovazione introdotta si muove in questa direzione e consiste nel taglio del tessuto, il quale tradizionalmente vedeva il suo valore legato alla possibilità di disporne ingenti quantità per un unico abito.
In secondo luogo questi stilisti costituiscono una filiera tessile che comprende sia artigiani che industrie: insieme a tintori e tessitori gli stilisti elaborano così le proprie collezioni di tessuti, riuscendo non solo a valorizzare il ruolo dei tessuti tradizionali ma anche le capacità e il potenziale creativo degli artigiani. Il settore industriale, daparte sua, richiede loro consulenze e fornisce supporto, ad esempio sponsorizzando le sfilate.
Questi nuovi artefici della moda, che si sono formati nei laboratori sartoriali africani secondo l’apprendistato tradizionale, introducendo innovazioni nell’abbigliamento africano, permettono a questo di trovare una via propria all’eleganza,
svincolandosi dalle tenute all’occidentale, e quindi “africanizzando” l’alta moda del continente.
Clienti illustri come Mandela contribuiscono inoltre a promuovere questa nuova rotta.
Ma dopo gli anni Ottanta si assiste a un cambiamento degli attori. I sarti formati attraverso l’apprendistato lasciano il posto a stilisti formati nelle scuole parigine e londinesi. I nuovi stilisti si caratterizzano più per le loro qualità artistiche e
di concezione, piuttosto che per reali capacità di realizzazione. Il valore di questi nuovi soggetti si misura nel loro successo economico, nella diffusione delle imitazioni dei loro modelli, nel fascino che esercitano sui giovani che intendono intraprendere lo stesso mestiere.
Il rapporto con l’Occidente è centrato sul desiderio di riconoscimento, riconoscimento che se per i primi stilisti si basava sulla qualità e l’accuratezza del lavoro, per la generazione attuale si misura in termini d’audacia e sperimentazione.
Questi stilisti sono ancora esponenti della moda africana o artisti che rivendicano visibilità sulla scena internazionale al di là d’ogni appartenenza e frontiera?
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