di Sandra Federici
Nel romanzo Per l’ultima goccia Piero Malenotti (Sensibili alle foglie, 2024), giornalista e attivista per l’ambiente, affronta il tema della crisi climatica attraverso la vicenda di un ingegnere minerario, Valerio, specializzato nella progettazione di impianti di trivellazione ed estrazione di petrolio e gas in territori del sud globale, che viene inviato sulla costa atlantica del Marocco a realizzare un pozzo. Il protagonista di questa fiction, in forma di racconto autobiografico, basata su uno studio approfondito di situazioni esistenti e su una solida competenza sui temi ambientali, lavora per una multinazionale che deve costruire un pozzo petrolifero al largo della cittadina di “el Amal” (che in arabo significa “speranza”). Questo luogo specifico, è spiegato in una nota iniziale, non esiste ma è simbolo di tanti altri luoghi bellissimi e unici del Marocco che possono essere devastati da decisioni di multinazionali senza scrupoli.
Il lavoro altamente qualificato di Valerio si sta trasformando, perché le conseguenze sempre più devastanti sofferte dalle popolazioni locali a causa delle estrazioni dei combustibili fossili, della deforestazione, dalle attività industriali fanno sì che ci siano reazioni da parte delle comunità, che cercano di bloccare questi processi estrattivi o quanto meno di rallentarli. Lui stesso viene da un’esperienza pericolosa vissuta in Nigeria per il precedente incarico professionale, che ha cominciato a far sorgere in lui una inquietudine che le semplicistiche rassicurazioni del suo capo non riescono a placare.
Nonostante questo, Valerio parte con una squadra di tecnici per realizzare il lavoro. Il percorso di costruzione della piattaforma si svolge parallelamente all’entrata in contatto del protagonista con la realtà della cittadina marocchina: l’affitto di un appartamento nella medina scelto in alternativa all’albergo internazionale “Splendor Maroc”, l’ambientazione nella vita del quartiere attraverso i suoi commercianti, il rapporto umano con i pescatori, rafforzato dall’amicizia con il presidente della loro cooperativa, la relazione con una giovane donna madre di una bambina e abbandonata dal marito.
Questa immersione nella vita del borgo di pescatori e il rafforzarsi delle relazioni umane permettono a Valerio di cambiare pian piano la sua prospettiva. Egli prende consapevolezza poco alla volta ma in maniera inesorabile di quanto la complessa operazione che sta coordinando stia mettendo in pericolo le risorse naturali, l’economia locale, le vite umane.
La descrizione accurata, inserita nella narrazione delle vicende personali, delle procedure tecniche e gestionali necessarie per realizzare un pozzo d’estrazione di idrocarburi è estremamente dettagliata ed è uno degli aspetti più interessanti del romanzo. Attraverso una specie di diario-relazione tecnica, il protagonista descrive nel dettaglio e rende comprensibili le operazioni estremamente complesse e le componenti di dimensioni enormi che stanno dietro la costruzione dell’impianto, che a regime “impiegherà stabilmente centotrenta addetti di varia qualifica e specializzazione. Oltre agli ingegneri e ai geologi, responsabili delle operazioni di perforazione e del funzionamento dei macchinari, tecnici e operai meccanici addetti alle attività manutentive, tecnici di laboratorio, motoristi, elettricisti, idraulici, frigoristi, cuochi, cambusieri, addetti al servizio di pulizia e di lavanderia, medici e personale parasanitario, addetti alla vigilanza”.
Un lavoro che Valerio deve eseguire con competenza e precisione, secondo la sua deontologia professionale, agendo come strumento di una multinazionale che compie enormi investimenti allo scopo di ottenere profitti economici senza pensare alle conseguenze dannose sull’equilibrio ambientale e sulla vita delle popolazioni locali. Un’azione alla quale sembra che nessuno riesca ad opporsi, a causa soprattutto della collusione delle autorità locali che non esitano a reprimere con violenza le azioni di protesta di pescatori e pastori. Infatti, ci potrebbero essere delle modalità tecniche per far convivere l’estrazione petrolifera con la pesca, e per non limitare il pascolo, e dovrebbero essere i leader politici locali a pretendere dall’azienda di metterle in campo nell’interesse delle comunità, ma c’è una sconnessione totale tra chi ha ottenuto il potere e i cittadini, considerati sudditi.
Facendo esperienza della cultura, della religione, delle cerimonie famigliari di Amal – suggestivo l’incontro con i leader di un villaggio di pastori berberi che ha mantenuto la pratica della religione ebraica diffusa prima della conquista araba – Valerio comprende anche quanto sia difficile, seppur dignitosa, la vita lavorativa di queste comunità e prende coscienza delle assurdità del sistema economico in cui siamo immersi, per cui “chi svolge la funzione fondamentale di procurarci il cibo, agricoltori e pescatori, in tutti i paesi che ho visitato, ma anche in Italia e nei paesi avanzati, è all’ultimo gradino della scala sociale per reddito”.
Egli sperimenta l’insostenibilità del modello che è alla base del suo lavoro, ma anche la potenza che questo sistema può dispiegare per evitare di cambiare le cose, puntando sull’indifferenza dei molti, sulle fake news dei politici, sul negazionismo climatico.
Rispetto alle climate-fiction, romanzi distopici sulle catastrofi future in cui troviamo rappresentazione concreta dell’eco-ansia e del senso di ineluttabilità che ci opprime, questo romanzo propone una storia contemporanea che cerca di prefigurare la possibilità di un cambiamento concreto, seppur radicale.
Lo scorso giugno è stata diffusa dall’agenzia Copernicus un’immagine che rappresenta in rosso scuro le aree del Mediterraneo in cui le temperature erano più alte di 5 gradi rispetto alla media. Un’immagine sconvolgente di un mare in fiamme, che è però la conseguenza di ondate di calore sempre più intense che hanno colpito oceani e mari. Ma se la scienza certifica oggettivamente questi dati, la politica non li affronta, gli studi pubblicati vengono ignorati e l’informazione mainstream per lo più minimizza o rimuove, a parte qualche thread allarmistico quando le ondate di calore rendono invivibile la vita nelle nostre città.
Come ha scritto Ferdinando Cotugno nella sua newsletter Areale (28/06/2025), “la nostra distrazione climatica collettiva sta quasi diventando performativa, uno spettacolo collettivo di cecità”, per questo sono sempre più necessari romanzi come questo, che danno un messaggio politico, trasmettono una preziosa quantità di informazioni sui sistemi di sfruttamento attuale ma riescono anche a creare un coinvolgimento emotivo nelle vicende dei protagonisti.
Il volume ha meritatamente vinto il Premio Demetra 2025 per la narrativa, il più autorevole concorso letterario per le opere che si occupano di problematiche ambientali.
Parole chiave : Ambiente, crisi climatica, Marocco, Piero Malenotti, Romanzo
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Evento: Presentazione del romanzo “Il libro dei fiumi” di José Luandino Vieira. 
Dove: Torino, Caffè letterario del Lingotto.
Quando: 14 maggio 2010, ore 10,30.
Informazioni: Segnaliamo la presentazione del romanzo Il libro dei fiumi, di José Luandino Vieira, rappresentante della letteratura angolana, oltre che uno dei fautori dell’indipendenza del suo Paese. La presenza di questo intellettuale in Italia è un’occasione per conoscere e approfondire la peculiarità di una cultura ancestrale. L’Opera, dedicata alla letteratura di espressione portoghese, sarà introdotta dal professor Roberto Francavilla, docente di Letteratura Portoghese presso l’Università di Siena, e dal traduttore del romanzo, il dottor Daniele Petruccioli. L’evento avrà luogo venerdì 14 maggio alle ore 10:30 presso il Caffè Letterario del Lingotto.
Inoltre, il giorno successivo, presso il Centro Piemontese di Studi Africani si terrà una conferenza dal titolo La Letteratura Angolana, alla quale oltre a Luandino Vieira parteciperà anche un altro grande scrittore angolano, Pepetela.