Esce in questi giorni il numero 94 della rivista semestrale Africa e Mediterraneo, dedicato al tema “Tutela ambientale, rifiuti ed economia circolare in Africa”. La pressione e l’allarme per la scarsità delle risorse a fronte della crescita della popolazione e per l’emergenza climatica sono più che mai forti, a pochi giorni dal G20 di fine ottobre e dall’attesissima conferenza sul clima COP26 di Glasgow, e l’opinione pubblica globale sente il problema in maniera sempre più urgente, prendendo come punto di riferimento comune i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile adottati dalle NU nel 2015 all’interno dell’Agenda 2030 e diventando sempre più consapevole dell’interdipendenza globale.
La via alla crescita sostenibile, tra opportunità e contraddizioni, deve essere percorsa dall’intera comunità internazionale, e in questo processo l’Africa può giocare un ruolo da protagonista. Con l’Agenda 2063, the Africa we want, l’Unione africana ha proposto un piano strategico comune per la trasformazione socioeconomica del continente lanciato nel 2013, così come le imprese africane del Global Compact delle NU richiamano il ruolo del settore privato per «creare mercati più integrati, società più resilienti e raggiungere uno sviluppo duraturo e sostenibile».
In questo dossier vari aspetti sono presi in considerazione: i rifiuti smaltiti in Africa, in particolare quelli connessi all’industria della moda con il fenomeno ambientalmente devastante del fast fashion, che è responsabile dell’8-10% delle emissioni globali di CO2 e scarica tonnellate di rimanenze abiti invenduti in Africa orientale (Ghana e Kenya); i progetti che offrono soluzioni per una produzione di moda a impatto ambientale zero (Kenya e Sudafrica); la necessità di un’efficace comunicazione dell’economia circolare da parte dei media del continente, affinché il cambiamento sia compreso e adottato da tutti; la gestione dei rifiuti, in particolare della plastica e degli imballaggi, da parte degli Stati (qui è trattato il caso del Mozambico) per la non facile transizione verso la circolarità; l’attivismo della società civile, come la creazione nel 2016 dell’African Circular Economy Network (ACEN), al quale aderiscono enti pubblici, privati e non-profit di oltre trenta paesi africani; le nuove soluzioni adottate dai settori agricolo (con l’agroecologia che può rimediare al problema della bassa produttività della terra e del lavoro) e forestale (con soluzioni tecniche a vantaggio dell’efficienza energetica).
Anche in Africa, come nel resto del mondo, la sfida dell’attuazione di una transizione ecologica che sia anche equa è cruciale: questo dossier offre un contributo alla riflessione su questo tema estremamente complesso, con alcune analisi di pratiche e situazioni attuali, esempi positivi da promuovere e criticità da affrontare, senza dimenticare che la circolarità è stata praticata in tutta l’Africa per generazioni, in larga misura per necessità, e che questo atteggiamento rigenerativo e rispettoso dell’ambiente può contribuire al pensiero circolare, in uno scambio globale che sia arricchente per tutti.
Le rivista è acquistabile online in formato cartaceo e digitale.
Info: www.laimomo.it/editoria/
© Photo Credits. Detail of garment label by the upcycling Ghanaian brand Slum Studio, based in Accra. http://www.theslumstudio.com/ Photo by Tora San Traoré