17 marzo 2024

Evento di presentazione del Rapporto dell’Osservatorio dello Sportello Antidiscriminazioni del Comune di Bologna 2023 e dialogo-incontro musicale con Amir Issaa, rapper e attivista

Il 21 marzo, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale, il Comune di Bologna, in collaborazione con le Associazioni della Rete SPAD, presenterà i risultati del secondo anno di lavoro dello Sportello Antidiscriminazioni pubblicati all’interno del Rapporto dell’Osservatorio 2023. L’evento si terrà a partire dalle ore 16:30 presso la Sala Polivalente della Casa di quartiere Katia Bertasi (via Fioravanti 18/3).

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Si inizierà con un momento di approfondimento e dibattito, a partire dai dati e dai focus tematici contenuti nel Rapporto, a cui parteciperanno Emily Marion Clancy, Vicesindaca del Comune di Bologna con delega alle Pari opportunità e al contrasto alle discriminazioni, e Sara Accorsi, Consigliera delegata al Welfare metropolitano e lotta alla povertà, Politiche per la casa, Politiche per la pianura bolognese.
Gli interventi dei relatori e delle relatrici saranno moderati da Daro Sakho, Diversity Manager del Comune di Bologna, e rifletteranno sul contesto attuale, su quello che è stato fatto e sulle sfide future.
Nella seconda parte dell’evento, gli studenti e le studentesse di due scuole secondarie di primo grado della città, Farini e Gandino, presenteranno il lavoro realizzato nell’ambito del progetto “Le immagini dell’accoglienza” condotto dall’associazione Dry-Art in partenariato con le associazioni Sophia e Black History Month Bologna.
A seguire, si terrà un dialogo-incontro musicale con Amir Issaa, rapper e attivista da anni impegnato in progetti sociali e di sensibilizzazione contro il razzismo, testimonial UNAR e attualmente in Tour negli Stati Uniti in occasione del Black History Month 2024.

Saranno presenti interpreti LIS per tutta la durata dell’evento.
È gradita registrazione utilizzando il modulo al seguente link: https://forms.gle/ijVu6biKRFdRiZMu7

L’evento va ad arricchire il programma di iniziative realizzato dalla Città Metropolitana nell’ambito della XX edizione della Settimana di azione contro il razzismo promossa da UNAR – Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali.

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06 aprile 2023

Migrazione: l’incontro delle isole e città di confine a Malta

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Notre cher Président ha avuto due giorni fa la bella idea di sciogliere tutte le amministrazioni comunali, per cui non vi posso più parlare come Vicesindaco di Sfax”. Con un ironico riferimento alla complicata attualità tunisina ha iniziato il suo discorso l’avvocato Mohamed Wajdi Aydi all’incontro “Walls and Doors in Europe: Migration Policies and European Citizenship from the Border Town and Island Perspective” del 27 marzo scorso alla Valletta. Organizzato dall’associazione Kopin, ha riunito numerose amministrazioni locali del Border Towns and Islands Network (BTIN), creato 4 anni fa sotto la guida di Lampedusa.

L’incontro è stato introdotto da Margaret Baldacchino Cefai, Sindaca di Msida, cittadina confinante con la Valletta ad alta densità di migranti non solo lavoratori ma anche studenti (vi ha sede l’Università di Malta), raccontando le iniziative messe in campo sul dialogo interreligioso.

Sono poi seguiti i due interventi molto legati all’attualità dei rappresentanti di Lampedusa e Sfax. Aldo Di Piazza, Assessore alla Sanità e al Welfare dell’isola all’estremo sud dell’Italia, ha subito sottolineato la situazione di grave emergenza in corso: “Abbiamo 3000 persone nel centro di accoglienza, con 6000 abitanti: come se a Malta, che ha 500.000 abitanti, ne arrivassero 250.000. Immaginate le questioni pratiche da risolvere in termini di approvvigionamento idrico, gestione dei rifiuti, sanità. Lampedusa ha un presidio di primo soccorso bene organizzato per la cittadinanza, ma con tante persone in più è ovvio che si sovraccarica.” La sua denuncia è proseguita in maniera molto chiara: “In questa zona di mare siamo gli unici a cercare di tenere fuori dall’acqua la gente. Io credo che una delle funzioni di questa associazione di piccole città e isole frontaliere [BTIN] debba essere quella di far presente alle ‘stanze silenziose’ di Bruxelles, che non ascoltano le grida della gente che sta affogando nel canale di Sicilia, che devono porre attenzione a questa situazione. Bisogna riformare il Regolamento di Dublino, piaccia o non piaccia. Noi continueremo a salvare come abbiamo sempre fatto, ma non so cosa potrebbe succedere a livello di opinione pubblica locale se la prossima stagione turistica andasse male.”

L’intervento di Wajdi Aydi, ex vicesindaco di Sfax, ha suscitato molte domande, vista l’attuale drammatica situazione in Tunisia e i conseguenti arrivi a Lampedusa. “Le amministrazioni locali sono il primo presidio della migrazione e il Presidente Sayed purtroppo le ha sciolte. Io come vicesindaco ero incaricato della cooperazione decentrata e della migrazione. Comunque, fino ai nostri giorni non c’è mai stata una politica ufficiale nazionale sulla migrazione, non c’è visione, strategia, mentre già a partire dall’ondata arrivata dalla Libia nel 2011 si è visto che gli arrivi in massa di migranti dall’Africa Subsahariana sono un tema strutturale da gestire. Sfax è la seconda città della Tunisia, polo industriale e universitario a Sud-Est della Tunisia, ed è la prima destinazione di giovani e uomini subsahariani per molte ragioni. Il governatorato di Sfax ha più di 800.000 abitanti e contiamo 126.000 tunisini di altre regioni e circa 16.000 cittadini stranieri (2%). Ma non abbiamo cifre esatte officiali sui migranti stranieri: sono presenti siriani, sudanesi, somali, tra 15-20.000, come ho detto se non c’è strategia non si monitorano nemmeno le presenze.

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I flussi sono stati molto forti fino al Covid a Sfax, che è città di emigrazione, immigrazione e transito. Il livello di vita è abbastanza alto per la Tunisia, le persone vengono per lavorare, per studiare, per curarsi, ma anche perché è vicina a Lampedusa. Sì, vengono per fare la traversata: siamo a 138 km da Lampedusa, si possono fare in 3 ore con una piccola barca. Arrivano dalla Libia, ma anche legalmente, “con l’aereo”, perché nel 2008-2009 abbiamo eliminato il visto per molti stati subsahariani. Non è facile lavorare sul tema della migrazione in questa situazione di grande instabilità politica e con un quadro legale obsoleto. Io ho partecipato a progetti internazionali per conoscere altre esperienze e gestire meglio il livello locale. Il ruolo dell’amministrazione, infatti, è attuare un coordinamento, facilitare e unire le forze degli altri attori. Abbiamo buone relazioni con l’OIM di Sfax e abbiamo potuto con loro dare un sostegno alla popolazione migrante, con l’aiuto di Médecins sans Frontières, Médécins du Monde, France Terre d’Asile, Tunisie terre d’asile, Caritas. Abbiamo cercato di agire per il meglio, ad esempio durante il Covid c’erano molti migranti che avevano perso il loro lavoro e hanno vissuto con i fondi raccolti da noi. Eravamo i soli a sostenerli in quel periodo. Siamo riusciti anche a ridurre le partenze illegali, perché ci sono anche migranti che vengono a Sfax per restare; abbiamo integrato tanti bambini non scolarizzati. La migrazione è un’opportunità per la città, ad esempio in agricoltura, per la nostra grande produzione di olive, se non ci fossero i migranti sarebbe un disastro. E così nei lavori pubblici, nelle costruzioni.

Purtroppo, la funzione dei comuni è anche seppellire i morti, a Lampedusa ci sono incidenti negli arrivi, a Sfax incidenti nelle partenze. Ma le città di frontiera possono fare molto. Ho lavorato sulla Carta di Lampedusa dell’UCLG, una visione umana e umanista della migrazione: cooperare insieme da Sud e da Nord, con un grande ruolo delle amministrazioni locali. La migrazione è un fenomeno umano: si può gestire e governare, ma bloccarla non è possibile.”

Pietro Pinto, responsabile del progetto Siren, ha affermato che “il senso di questo meeting è riunire i componenti del BTIN e decidere il proseguimento di questo network, che esiste da 4 anni e vuole continuare a far sentire la voce delle aree di confine”. Michelle Calleja Chehab dell’IOM Malta si è soffermata sul rapporto tra il Global Compact for Refugees and Migrants, firmato da 193 stati, e l’Agenda 2030, sottolineando che la migrazione riguarda tutti.

A questo interessante incontro hanno partecipato anche Camilla Murgia, Assessora alle Pari opportunità della Città di Pesaro, e rappresentanti delle amministrazioni di Grande-Synthe (Nord della Francia), Kisharsány (Ungheria) e Straß in Steiermark (Austria), dell’ONG austriaca Südwind, dell’associazione greca Eloris, delle ONG italiane Amref e Africa e Mediterraneo.

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31 agosto 2022

I profughi e noi. Un’esperienza di accoglienza familiare

Abbiamo ricevuto questa testimonianza in cui si parla di un’esperienza di accoglienza in famiglia, e abbiamo deciso di pubblicarla per condividere un messaggio positivo. Buona lettura!

Una testimonianza di Antonia e Gianfranco

Quando noi abbiamo conosciuto Kapi e Mamadou non c’era in Italia attorno a loro e a tutti quelli come loro quel moto universale di solidarietà che si è espresso nei confronti dei profughi di guerra ucraini. C’era un clima fortemente polarizzato, condizionato ideologicamente.
Eppure le guerre africane o quelle medio orientali non sono state (e non sono) meno terribili del conflitto in atto in Ucraina. I milioni di profughi di queste guerre si sono riversati nei paesi limitrofi, come sta accadendo ora in Europa con gli sfollati ucraini. E di fronte a queste tragedie non è scattato un moto di solidarietà collettiva, ma solo paura e recriminazione per l’arrivo di quei pochi in Europa.
Lo stesso slancio umanitario verso il popolo afgano dopo l’evacuazione dell’esercito americano si era già del tutto spento quando le truppe russe hanno iniziato ad invadere l’Ucraina e gli stessi afgani avevano già da tempo iniziato a percorrere la rotta balcanica.

Corvara 2021Queste considerazioni ci hanno aiutato a capire che ha senso e può essere utile raccontare oggi la nostra storia di accoglienza, e quindi di aiuto e di accompagnamento. Anche se particolare e diversa da quelle che prenderanno forma con donne e i bambini ucraini, in essa è documentato come nella nostra vita personale e famigliare si sia introdotto un cambiamento, inaspettato, ma sostanziale e durevole, che ci ha aperto nuove prospettive.

L’incontro con Kapi e Mamadou ha rappresentato per noi un nuovo inizio e quando qualcosa di nuovo accade c’è un prima e un dopo. A fronte di una accoglienza più o meno lunga, ma sempre temporanea, almeno nelle modalità iniziali in cui si manifesta, c’è un “per sempre”. Nulla si perde.
La storia personale di Kapi e Mamadou e le vicende che hanno contrassegnato tragicamente la loro migrazione sono simili a quelle di tanti altri, come le problematiche e le difficoltà che hanno incontrato in Italia. Ma Kapi e Mamadou non sono “migranti”. Sono Kapi e Mamadou: unici al mondo.

Il nostro impegno non è iniziato per una motivazione sociale o civile, anche se la nostra azione ha indubbiamente una ricaduta in questo senso. Noi abbiamo deciso di accompagnare due persone conosciute ad un certo punto del loro percorso, ascoltando e cercando di venire incontro alle loro necessità, anche particolari e concrete, grazie all’aiuto della rete delle nostre amicizie. Man mano che i problemi emergevano e si rivelava la complessità della loro situazione, è stato indispensabile prendere contatto con gli operatori e le strutture preposte all’accoglienza.
Né all’inizio né in seguito abbiamo agito solo seguendo un impulso emotivo, ma per un desiderio consapevole di condivisione della loro vita e per amore al loro “destino”. Abbiamo agito per un senso di responsabilità.

Recovato da Cecilia 2020È scaturita così una storia che ha coinvolto tanti altri, che, grazie al nostro gesto di accoglienza, sono stati aiutati ad incontrare a loro volta, in modo diretto e personale, una realtà vista fino a quel momento da lontano e da cui forse anche si tenevano lontano.

Per chi desiderasse conoscere la nostra storia, è disponibile la dispensa “L’inaspettata convenienza della famiglia. L’esperienza di accoglienza familiare di Kapi e Mamadou” edita dalla Associazione Famiglie per l’Accoglienza sede regionale Emilia Romagna, che è scaricabile a questo link: https://www.famiglieperaccoglienza.it/wp-content/uploads/2022/03/Linaspettata-convenienza-della-famiglia.pdf

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06 ottobre 2021

La notte e il giorno della memoria a Lampedusa: un impegno per il futuro

Abbiamo partecipato anche quest’anno a Lampedusa alle celebrazioni in ricordo della strage del 3 ottobre 2013 in cui, a sole due miglia della costa di Lampedusa, morirono 368 persone.

Non ci stancheremo mai di continuare a ricordare, da questa isola, a chiedere alla comunità internazionale a dare risposte concrete“, ha detto Tareke Brhane del Comitato 3 ottobre, mentre Totò Martello, Sindaco di Lampedusa, ha denunciato il mancato impegno della politica, in particolare europea, nell’affrontare il fenomeno dell’immigrazione con un approccio strutturale e non emergenziale, per arrivare ad avere un’immigrazione ordinata, regolare e sicura, come previsto dal Global Compact on Migration promosso dalle Nazioni Unite nel 2018. Solo così si potranno interrompere le tragedie del mare dovute alla migrazione irregolare. Lampedusa fa la sua parte, ha detto, ma non può più essere l’unica a far fronte alle conseguenze di questa cecità politica.

Lampedusa - 2021 - Mathias Marchioni

Estremamente toccante e partecipato il momento di raccoglimento nella notte tra il 2 e il 3, alle 3,15, orario del naufragio del 2013, al memoriale con i nomi dei 368 morti voluto da Vito Fiorino, il pescatore che assieme ai suoi compagni per primo ha dato l’allarme e salvato 48 persone sulla sua barca omologata per 9 persone.

La mattina del 3 c’è stato un primo incontro – in piazza Castello – con gli studenti. Poi, per la commemorazione non c’è stata nessuna marcia lungo le strade dell’isola, a causa delle misure sanitarie, ma le numerosissime persone presenti sono andate autonomamente alla Porta d’Europa.  Qui si è svolta una preghiera interreligiosa e l’inaugurazione del restauro del monumento di Mimmo Paladino che, installato nel giugno 2008, necessitava di un’azione di recupero. Poi con varie barche dei pescatori, i/le partecipanti si sono recati/e sul punto del naufragio a deporre una corona di fiori. Proprio in quel momento era in corso un’azione di recupero di un piccolo gommone da parte della Guardia Costiera, mentre al Molo Favaloro altri migranti stavano scendendo a terra per essere soccorsi e seguire le procedure mediche e legali consuete.

Lampedusa - 2021 - Mathias Marchioni

Oltre ad alcuni superstiti e parenti delle vittime, ad associazioni, autorità civili, religiose e militari e a studenti di 22 paesi, sull’isola erano presenti anche undici madri tunisine che cercano i loro figli scomparsi durante il viaggio verso l’Europa. Durante la cerimonia della notte hanno deposto la Couverture de la Mémoire fatta di 368 quadretti realizzati con l’uncinetto, a partire dalla Coperta di Yusuf, nata a Lampedusa all’indomani dell’annegamento del piccolo Yusuf, ennesima vittima del mare. Ogni “mattonella” che compone la coperta rappresenta la storia di una persona perduta lungo la rotta migratoria e ricorda una persona che ancora si ricerca e per cui si chiede verità e giustizia.

Lampedusa - 2021 - Mathias Marchioni

Nel pomeriggio è stato inaugurato il Percorso della Pace, creato sull’isola nell’ambito del progetto Snapshots from the Borders unendo in un cammino ideale i vari luoghi non solo per ricordare, ma per costruire vie positive di convivenza.

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Tutte le foto nel presente articolo sono a cura di Mathias Marchioni

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07 luglio 2021

La responsabilità sociale di città e territori per l’inclusione

La prossima edizione della International School on Migration si concentrerà sulle sfide sociali della transizione ecologica per ripensare l’inclusione in chiave sostenibile. Il piano verde dell’Unione Europea pone infatti la coesione sociale come punto di partenza del passaggio al modello circolare. Per raggiungere questo obiettivo, l’Unione ha predisposto un piano di interventi che garantiranno lavoro dignitoso e integrazione economica ai più vulnerabili.

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La nuova policy della prosperità mette insieme crescita, inclusione e benessere. I confini europei e le aree ultraperiferiche dove la migrazione viene vissuta direttamente sono interessati in maniera massiccia dalle criticità dell’accoglienza e dell’integrazione, rappresentando un interlocutore imprescindibile per affrontare l’impatto economico e sociale della transizione. Qui, infatti,  già si sperimentano modelli di sostenibilità sociale che coniugano sviluppo, accoglienza e diritti umani, modelli che rendono questi luoghi laboratori di innovazione e riflessione collettiva sulle prospettive di crescita orizzontale e democratica. Il progetto “Snapshots from the Borders” [http://www.snapshotsfromtheborders.eu/], nell’ambito del quale è organizzata la Scuola, porta avanti la comprensione e attuazione degli obiettivi della crescita sostenibile SDG partendo appunto dalle esperienze delle aree di frontiera interessate dai flussi migratori e dai loro effetti socio-economici. In concerto con altre realtà europee, il progetto promuove il coinvolgimento diretto degli attori del territorio nei processi decisionali, di gestione e attuazione delle policy europee di transizione giusta.

La seconda parte della School guarderà a questi territori, analizzando il ruolo delle autorità locali e dei protagonisti dell’accoglienza nell’attuazione degli obiettivi sociali del Patto Verde europeo, con particolare attenzione alla protezione dalla povertà e dall’esclusione. Il terzo modulo, che si svolgerà in modalità online, approfondirà la conoscenza delle strategie locali di sostenibilità inclusiva, le pratiche di tutela dei lavoratori fragili – persone sottoqualificate o scarsamente qualificate – e le iniziative di responsabilità sociale attuate sul territorio. L’ultima sessione della School avrà invece luogo a Lampedusa, in presenza. Questo luogo simbolo delle complessità del progetto europeo di sostenibilità sociale è il contesto migliore per tirare le conclusioni della School e progettare insieme proposte, etiche e sostenibili, che riflettano le esigenze e le specificità dei territori e delle comunità vulnerabili che li abitano.

 

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13 gennaio 2021

Il migliore bar del centro. Storia di un’accoglienza in famiglia

Abbiamo ricevuto questa testimonianza in cui si parla di un’esperienza di accoglienza in famiglia, e abbiamo deciso di pubblicarla per condividere un messaggio positivo per il nuovo anno che si prospetta davanti a noi. Buona lettura!

Una testimonianza di
Elena Cesari e Roberta Sireno

Sembrava un incontro quasi impossibile. Due donne che si amano, in un condominio solidale di un’associazione con forti radici cattoliche, che ospitano un uomo adulto musulmano, una persona rifugiata proveniente dal Mali. È l’amore una faccenda privata da custodire gelosamente fra 4 mura? La nostra risposta è stata no, e abbiamo deciso di intraprendere questo percorso di condivisione anche se temporanea (ma per quanto tempo non lo avevamo stabilito a priori), degli spazi di casa, del cibo, della vita.

Ma non è una storia che ha a che fare con “quanto siamo brave e buone”, è una storia che ha a che fare con fatica, incomprensioni, piccoli egoismi quotidiani, dove quello che condivido con te è comunque sempre una fettina, perché in quanto bianca, italiana, di classe media, con cittadinanza italiana, con genitori e amici, il mio piatto è sempre più pieno, la mia voce sempre più alta della tua, il coltello (o il cucchiaio) lo tengo io dalla parte del manico. SEMPRE.

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Tu amico (sì, ora posso chiamarti amico, voglio chiamarti amico) che hai perso tutto, sei fuggito dall’odio e dalla violenza, mentre dentro morivi anche tu, senza aver nessun appiglio, se non la fuga. Tu amico che sei stato fermato in Italia su di un treno e che hai imparato a chiedere asilo politico come ultima fermata possibile. Tu che non hai studiato e che per questo ti senti inferiore a me, per questo mi rispetti, come se solo la scuola o i libri dessero il diritto di essere rispettati. Tu che ascolti e guardi in silenzio tutte le nostre conversazioni “normali”, su dove andare il weekend, sulle vacanze, i viaggi, sui regali di compleanno, come se il viaggiare come turisti fosse una pratica universale, come se il nostro quotidiano fosse quello di tutta l’umanità.

Ad ogni conversazione ho imparato a osservarti mentre ci osservavi, a chiedermi cosa stessi pensando mentre noi diamo per scontato la nostra vita, il nostro livello di benessere e lo facciamo tutti i giorni più o meno inconsapevolmente.
Ma da oggi, amico, dopo questo pezzettino di strada fatta fianco a fianco, mi sembra di esserne più consapevole, di averti visto più da vicino e di poter dire che, nonostante i litigi, ci possiamo dire amici, noi tre. Amici diseguali, amici o amiche strane, noi con questo coltello che ci ritroviamo nostro malgrado in mano, tu con le tue cicatrici profonde e che continueranno a dispetto di tutto a sanguinare.

Tu hai imparato da noi che due donne che stanno insieme non sono uno scherzo della natura, noi abbiamo imparato da te che due donne bianche e un uomo nero possono anche essere una bella famiglia.

Abbiamo tutte e tutti il diritto e dovere di imparare ad aprire le nostre menti, scardinare i chiavistelli che ci rinchiudono dentro a roccaforti di oggetti e di consumismo, che ci fanno schiavi di paure e false certezze. Soprattutto in questo periodo dove restare chiusi in casa e non vedere nessuno sembra sia l’unica possibilità, occorre il coraggio di dire no, di restare vigili e pronti ad aprire a chi bussa alla porta. Ho un adesivo in casa che ho appeso alla porta: “Se chiudi con il razzismo ti si apre un mondo”. Il bussare là fuori è sempre più forte, e ho come l’impressione che, quella porta, col nostro contributo o senza, si aprirà comunque. Anzi forse proprio cadrà a pezzi, come le frontiere che ci separano.

E allora nessuno potrà più fingere di non vedere chi c’è dall’altra parte.

Toun è arrivato qui 2 anni e mezzo fa a giugno del 2018. Era disorientato, ha bevuto un the, è uscito sul terrazzo ed è restato immobile diversi secondi che poi sono diventati due anni e mezzo a guardare gli alberi, a sentire il vento, a fumare sigarette, in quel posacenere troppo pieno. Mi ricordo che ho pensato subito che la sofferenza che portava dentro sarebbe stata l’ostacolo da combattere, non più da solo però, ma insieme.

AACM-COVER-2-756x620Insieme. Insieme come abbiamo potuto, ma insieme. Insieme alla nostra prodigiosa, magica, solare rete di amici e amiche, che ci hanno sostenuto. Prima di tutto a Marco che ha traghettato Toun dal centro di accoglienza a noi e a Ivana che ha seguito tutto il percorso legale per il riconoscimento della protezione sussidiaria di Toun. Alla piccola comunità, a Ursula, Nicola, Lorenza, Andrea, agli amici della montagna e soprattutto a Rosa, amica da sempre e per sempre e a Manuele che hanno assunto Toun nella loro piccola ditta di pulizie, a tutti gli amici di Campi Aperti: a Carlo e Germana, Franco e gli altri di Fermenti Sociali, a Pier Paolo e a Lucrezia a con la quale ha lavorato nelle lunghe giornate dei mesi di marzo, aprile, maggio scorsi, senza i quali avremmo letteralmente perso pazienza e speranza. E grazie a Mcf per averci permesso con i fondi del progetto “Accoglili a casa mia” di coinvolgere queste piccole aziende contadine, in un circolo virtuoso che avremmo voluto non finisse mai… Ancora grazie a Teresa per aver captato i messaggi astrali e averci dato il contatto giusto al momento giusto per la nuova prossima casa dove Toun si appresta a trasferirsi.

E infine grazie a te Toun per ogni cosa, per averci sopportate nelle nostre sfuriate, perché:

– di notte avevi il vizio di aprire la finestra e fumarti una sigaretta guardando il fiume (e noi non sentivamo niente di poetico, ma solo la puzza di fumo);
– Toun potresti andare a prendere la legna per la stufa visto che ci sei sempre incollato (come se stare a guardare un bel fuoco non fosse una virtù);
– perché ci hai preso due uova senza dircelo? Non è perché le prendi ma almeno diccelo…

Quanto siamo state piccole, abbiamo capito di esserlo state, ma per te ci siamo sentite grandi e la casa da trilocale è diventata una reggia ( “pensa alla persone che con questo freddo dormono fuori”, ci hai detto,“come fanno?”), la nostra tavola un ristorante di tutto rispetto, il nostro caffè quello del migliore bar del centro città. E abbiamo capito, grazie a te, che oltre ad essere ricche fuori, forse potevamo permetterci il lusso di esserlo anche dentro.

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